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I fornitori luce e gas fanno modifiche unilaterali ai contratti nonostante lo stop imposto dal decreto Aiuti? Ecco la giungla delle lettere in arrivo

Oltre ai casi chiari in cui, senza troppi giri di parole, si propone la modifica pena la rescissione, ce ne sono altri su cui servirebbe un chiarimento. Altroconsumo: "Pratiche scorrette". I consumatori: "Questione controversa". Secondo le aziende il cambio di tariffa non rientra nelle modifiche unilaterali del contratto. Arera: "Valutiamo portata del fenomeno e possibili effetti del decreto"

Montano le segnalazioni di famiglie che si sono viste comunicare dai loro fornitori di gas e luce modifiche unilaterali dei contratti con consistenti aumenti delle tariffe in realtà bloccati dal decreto Aiuti bis per coloro che hanno stipulato un contratto nel “mercato libero” a prezzo bloccato. E sono sempre di più anche gli utenti che hanno ricevuto risposte negative alla loro contestazione con aziende che dicono di poter fare la variazione per diversi motivi. Oltre ai casi chiari in cui, senza troppi giri di parole, si propone la modifica pena la rescissione del contratto, ce ne sono altri controversi su cui servirebbe un chiarimento. Ilfattoquotidiano.it ha raccolto una serie di fatti concreti più significativi per far capire la giungla in cui tanti consumatori sono finiti. Mentre l’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente ha fatto sapere che “sta valutando la portata del fenomeno sulla base delle segnalazioni raccolte dal proprio Sportello per il consumatore. L’Autorità sta prendendo in considerazione i possibili effetti del dl Aiuti sui diversi profili contrattuali che regolano i rapporti tra i clienti e gli operatori”.

Tra le situazioni più frequenti c’è quella in cui la tariffa fissa era valida solo per un certo periodo di tempo. “A causa della mutata situazione di mercato si rende necessario apportare alcune modifiche al tuo contratto, che in ogni caso non verranno applicate prima della scadenza naturale delle tue condizioni economiche”, si legge in una delle tante lettere inviate dal fornitore al cliente. Il quale, se prova a contestare, si vede rispondere dallo stesso fornitore che per loro la norma non è applicabile in quanto il contratto prevedeva fin dall’inizio una tariffa fissa valida solo per un certo periodo di tempo variabile tra i 12 mesi e i 24 mesi. Secondo queste aziende il cambio di tariffa non rientra nelle modifiche unilaterali del contratto. “Il riferimento, puramente formale, alla modifica unilaterale, deriva esclusivamente dall’adozione del formato di comunicazione previsto da ARERA per tale fattispecie, che tuttavia non ricorre nel caso specifico, avendo la lettera come oggetto non la variazione delle condizioni attualmente applicate, nel periodo di validità delle stesse, bensì la necessaria definizione delle condizioni che, alla naturale scadenza delle attuali (come definita dal contratto di fornitura), si applicheranno qualora il cliente non scegliesse un’altra offerta”, si legge in una delle risposte del fornitore al cliente che contestava la modifica, che ilfattoquotidiano.it ha raccolto.

Consultata sulla questione, l’associazione Altroconsumo dice invece che in realtà è proprio questo il caso di una modifica contrattuale bloccata dal decreto Aiuti: le clausole che consentono loro di fare modifiche del contratto (e il prezzo è una clausola del contratto) sono sospese nella loro efficacia in base all’Aiuti bis. “Il contratto non è scaduto è sola la tariffa fissa che prevede una scadenza. Fino al 30 aprile 2023 non si possono fare modifiche unilaterali dei contratti. E quindi anche le tariffe fisse scadute o in scadenza non possono cambiare. Le società stanno giocando sul fatto che l’offerta è scaduta (o sta per scadere) dicendo dunque al cliente che il contratto è scaduto e bisogna rifarlo e che quindi non c’è una modifica unilaterale. Ma il contratto è sempre lo stesso non cambia; e le modifiche unilaterali delle condizioni economiche non si possono fare. Per questo da parte loro c’è una pratica scorretta: stanno comunicando cose non vere al cliente”, dice Altroconsumo.

Sulla stessa linea Federconsumatori, secondo cui si è di fronte a una “questione controversa”: analizzando una delle lettere dei fornitori al cliente, l’associazione è del parere che “pur costituendo una rinegoziazione delle condizioni, viene presentata come modifica unilaterale del contratto (come da oggetto della comunicazione) e valida a partire dal 1/12/2022 e quindi nel periodo di sospensione delle modifiche come da decreto”. Quindi secondo Federconsumatori sarebbe una pratica illegittima. Dunque due visioni – quelle di fornitori e consumatori – opposte su cui bisogna fare chiarezza. Ci sono poi casi in cui l’operatore, sempre rispondendo alle contestazioni, sostiene che la modifica unilaterale si sia perfezionata nel momento in cui è stata ricevuta dal cliente. “Innanzitutto, ci teniamo a precisarle che tale comunicazione si è perfezionata, ai sensi dell’articolo 1334 del codice civile, alla data del suo ricevimento, anche ai sensi del comma 2, art 3, del DL c.d. “Aiuti bis” e, pertanto, le condizioni economiche ivi indicate, devono ritenersi valide ed efficaci dalla data ivi indicata”, si legge. In realtà la modifica si perfeziona solo dopo che sono passati i termini concessi dal contratto al cliente per recedere o comunque alla data in cui hanno effetto. La società dice questo perché il decreto Aiuti bis afferma che “fino alla medesima data di cui al comma 1 (30 aprile 2023) sono inefficaci i preavvisi comunicati prima della data di entrata in vigore del presente decreto, salvo che le modifiche contrattuali si siano già perfezionate”. Dunque si gioca su quest’ultima frase.

Poi ci sono i casi di disdetta tout court senza neanche proporre un’alternativa, casi anche questi controversi per i quali si deve fare chiarezza se si possa considerare una modifica unilaterale o meno. “Vista l’impossibilità di garantire la tua fornitura a condizioni economiche allineate alle attuali condizioni di mercato, ci vediamo costretti nostro malgrado, a risolvere dal contratto di fornitura in corso, anche ai sensi dell’art. 1467 c.c., che si intenderà definitivamente concluso alla data […]”, scrive un fornitore a un cliente. Sta di fatto che stiamo parlando di comunicazioni che in sostanza “propongono” rialzi delle tariffe notevoli e che spesso elimina anche le offerte sottoscritte nel contratto: “La differenza di spesa annua stimata (parlando solo per la luce, ndr), escluse imposte e tasse, per un cliente con contratto di abitazione di residente, con una potenza impegnata di 3 KW, ed un consumo di 2200 kWh è pari a 303,2 euro/anno tenendo conto che non potrà più essere applicato lo sconto presente nell’attuale offerta”, si legge in una lettera di un fornitore. Simili cifre, sempre riferendosi solo all’elettricità, si leggono in un’altra lettera: “Questa variazione ha un impatto sulla spesa media annua per una famiglia tipo residente con un punto di prelievo avente consumi pari a 2700 kWh/anno e 3 KW di potenza impegnata, di 360 euro/anno”.