Società

Bagni di lana tra le vallate alpine: la nuova frontiera del wellness conquista i turisti danarosi

“Chi non ha mai voluto immergersi in una nuvola soffice e morbida come il cotone? Farsi trasportare dall’assenza di gravità, respirare il cielo? È una danza di carezze per l’anima, il bagno di lana di pecora della Val d’Ultimo. In estate le pecore camminano per le montagne in soffici greggi bianchi, sgranocchiano la verde erba alpina, mangiano le succose erbe selvatiche. […] La lana di pecora della Val d’Ultimo viene pulita e raffinata con erbe alpine e poi lavorata per diventare un vello che racchiude la forza curativa delle montagne. La nuvola di lana si struscia al vostro corpo, gli dona calore e forza…”.

Lo si creda o no, così, parola per parola, è scritto nella brochure di un albergo munito di area relax in Alto Adige. E non è certo il solo, visto che un intero settore turistico della provincia di Bolzano è dedicato alla voce ‘wellness’. Come si può cascare in trappole simili senza ridere di sé e del mondo? Magari qualcuno lo fa ridendo, e allora è il più fortunato. Si dirà che la retorica new-age delle cosiddette Salus per aquam (le comuni Spa) la si può trovare ovunque. Si dirà che, volendo, dappertutto si può disporre del sincretismo più sciocco dei centri benessere che prevede la scenografia di statue di Buddha accostate alle colonne doriche. Non c’è bisogno di salire su per le vallate alpine per trovare il massaggio ‘che ti vuoi donare’. Ma è in particolare sulle Alpi che la retorica della salubrità new-age raggiunge la sua apoteosi, perché quassù è racchiusa “la forza curativa delle montagne”.

Scava scava, però, va detto che il concetto dei bagni di lana per i turisti danarosi non è tutto da buttare nella spazzatura (nel vero senso dei termini): a causa dell’aumento delle fibre sintetiche, più leggere ed economiche, oggi la lana delle Alpi non ha più il mercato di un tempo, e se non viene venduta per produrre feltri o isolanti edili, i pastori la devono distruggere. Smaltire la lana di scarto è un problema ambientale, soprattutto se si considera che ogni pecora ne produce circa tre chili all’anno. Dunque i più astuti la lavano, la profumano con corteccia e germogli di betulla e la offrono, in ambiente lussuosamente paradisiaco, per i famosi ‘bagni asciutti’ a prezzi da capogiro. Meglio per loro.

Il punto, però è come si è arrivati a tutto questo. La traiettoria mentale che porta qualcuno a spendere centinaia di euro per farsi avvolgere da un materiale di scarto è iscritta nel nostro tempo, e se non la cambieremo non andremo molto lontano.