Diritti

L’aborto è un diritto, non una possibilità. Ma in certe regioni è sempre più difficile esercitarlo

Sono molti i modi per attentare a un diritto. Non riconoscerlo, non prevederlo sulla carta è il più feroce dei modi: pensate all’eutanasia e al suicidio assistito, diritti che nella nostra mente hanno forma ma sulla carta, e dunque anche nella realtà, sono negati. E poi ci sono modi più sottili di ferire un diritto: scriverlo su una legge, prevederlo in astratto ma renderlo di difficile applicazione in concreto.

È questo il caso dell’interruzione volontaria di gravidanza che, per chi ancora non se ne fosse accortə, è un diritto e non una possibilità, ed è sancito da una legge, la 194 del 1978, che esiste da 44 anni ma continuamente è oggetto di diretta o indiretta messa in discussione. E così avviene che nelle Marche, l’Assessore alla Sanità di fede leghista si permetta di non applicare le linee guida sancite dal ministero della Salute sull’aborto farmacologico con il risultato che le settimane entro cui è permesso assumere la pillola ru486 passano da 9 a 7. Questo significa rendere di fatto quasi impossibile il ricorso al metodo farmacologico e dunque dover abortire sempre e solo con metodo chirurgico.

In effetti sul ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza con metodo farmacologico l’Italia racconta un quadro allarmante: Marche, Umbria, Molise hanno una percentuale che oscilla dall’1% a poco meno del 10% di aborti farmacologici, mentre la media nazionale si attesta sul 25% e in alcune regioni è del 45%.

Perché tanto parlare del metodo abortivo: perché ciò che si nasconde dietro alle politiche scellerate di regioni che amministrano la sanità come fosse una questione di stirpe, progenie e preservazione dell’italiana specie, vi è la ponderata scelta di rendere il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza sempre più complesso da esercitare e dunque, di fatto, sempre più messo in discussione.

Perché è vero che Meloni e Salvini in campagna elettorale non si azzardano a dire pubblicamente di voler mettere in discussione la legge 194, ma è altrettanto vero che i loro presidenti di regione, specie quelli in quota Fratelli d’Italia, il diritto all’aborto l’hanno già compresso fino al punto di spingerci nei tribunali per chiedere se sia legittimo che una regione non garantisca un metodo per abortire (quello farmacologico) meno invasivo di quello chirurgico, secondo una scelta contraria alle linee guida nazionali e al diritto delle donne di abortire liberamente e con il minor dolore possibile (almeno quello fisico!).

Perciò bene che se ne parli, ottimo che ne parli Chiara Ferragni o una giovane blogger o un giornale o una tv generalista, perché i diritti, soprattutto quelli sulla carta, è un attimo che ti giri e non ci sono più. Gli Usa insegnano!