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“Draghi bis senza M5s o elezioni”. Ma ora Renzi ci ripensa: “Ripartire con loro? Decide il premier, il voto è un danno per il Paese”

Solo tre giorni, infatti, alla vigilia delle dimissioni di Draghi, poi respinte da Mattarella, il leader d'Italia viva aveva scritto su twitter: "Penso che così il Governo non vada più avanti. Meglio un Draghi bis senza grillini o le elezioni". Oggi, all'assemblea del suo partito, dice: "Penso che andare a votare adesso sarebbe un danno per il Paese. M5s ha creato un disastro al Paese, dopodiché se Draghi ritiene di voler ripartire tocca lui, per me decide Draghi"

Il rischio di tornare alle urne deve ormai essere alto se Matteo Renzi innesta la retromarcia e fa una completa inversione a U. Solo tre giorni, infatti, alla vigilia delle dimissioni di Mario Draghi, poi respinte da Sergio Mattarella, il leader d’Italia viva aveva scritto su twitter: “Penso che così il Governo non vada più avanti. Meglio un Draghi bis senza grillini o le elezioni“. A corredo del suo post, l’intervista rilasciata al quotidiano La Nazione. L’ex segretario del Pd, dunque, si piazzava tra quelli che avrebbero voluto continuare l’esperienza di governo ma senza il partito di Giuseppe Conte: la stessa posizione che hanno oggi Lega e Forza Italia.

La marcia indietro – Tre giorni di crisi, però, hanno fatto aumentare le percentuali di rischio di un voto anticipato. Forse atterrito dall’ipotesi di un ritorno alle urne già a fine settembre (Italia viva è sempre intorno al 2% nei sondaggi), Renzi oggi ha cambiato linea: “Penso che andare a votare adesso sarebbe un danno per il Paese. Il Movimento 5 Stelle ha creato un disastro al Paese, dopodiché se Draghi ritiene di voler ripartire tocca lui, per me decide Draghi”, ha detto a margine dell’assemblea del suo partito, rispondendo a chi chiedeva se ci fossero margini per ricucire includendo anche il Movimento 5 Stelle. Per Renzi sembrano esserci anche se poi lascia l’eventuale cerino in mano a Draghi. Di sicuro dal discorso del leader d’Italia viva scompaiono gli aut aut per lasciare spazio a un’apertura che eviti il voto.

La questione del referenduim sul reddito – Il problema è che se Renzi da una parte cambia idea sul governo – aprendo a un ritorno dei 5 stelle – dall’altra continua ad attaccare il partito di Giuseppe Conte. Durante l’assemblea di Italia viva, infatti, l’ex premier è tornato a parlare di un referendum per abolire il reddito di cittadinanza. “Martedì mattina alle 10 saremo a depositare in Cassazione il quesito referendario per abolire il reddito di cittadinanza”. Quella di abolire il reddito è una vecchia fissa di Renzi: un anno fa, a inizio luglio, Matteo Renzi dal palco di Confindustria annunciava “un referendum abrogativo sul reddito di cittadinanza”. Due mesi di martellante campagna sul tema, poi improvvisamente il silenzio. Fino al maggio scorso: “Vogliamo abolire il reddito di cittadinanza e come previsto dalla legge dal 15 giugno partirà la raccolta ufficiale di firme“, aveva annunciato. Ora ecco che annuncia la spedizione in Cassazione per consegnare il quesito. Che, anche in caso di successo, non sarebbe messo ai voti prima del 2024. La legge, nello specifico l’articolo 31 della 352 del 1970, prevede che non possa essere depositata richiesta di referendum “nell’anno anteriore alla scadenza di una delle due Camere e nei sei mesi successivi alla data di convocazione dei comizi elettorali per l’elezione di una delle Camere medesime”. Visto che la legislatura scadrà formalmente a marzo 2023, nel 2022 e nel 2023 non potrà essere depositato nulla. Le richieste potranno ricominciare a partire da gennaio 2024 e di conseguenza l’eventuale referendum potrà essere indetto solo tra metà aprile e metà giugno 2025. Se il governo Draghi dovesse cadere e si dovesse tornare alle urne a settembre, un eventuale referendum non si potrebbe votare comunque prima della primavera del 2024: quindi, al più presto, tra due anni.