Diritti

Carcere e migrazioni: nella relazione del Garante sul tema del tempo, tutte le storture del sistema

È stata presentata questa mattina al Senato, al cospetto del Capo dello Stato Sergio Mattarella, la relazione annuale al Parlamento dell’Autorità Garante dei diritti delle persone private della libertà personale, organo collegiale presieduto da Mauro Palma. Oltre 500 pagine di descrizioni, riflessioni, mappe e dati che disegnano il quadro complesso delle quattro aree di intervento del Garante: quella delle migrazioni (Cpr, hotspot, rimpatri e respingimenti), quella delle carceri, quella della salute (le Residenze per l’esecuzione di misure di sicurezza psichiatriche, le residenze per anziani o per disabili, i trattamenti sanitari obbligatori) e quella relativa alle camere di sicurezza di polizia e carabinieri.

Non è consueto ascoltare in un luogo istituzionale una relazione culturalmente così densa. Al centro vi si legge la dimensione del tempo, la quale – insieme a quella dello spazio – costituisce le fondamenta su cui si gioca ogni detenzione. Mauro Palma ha parlato di tempo sottratto e di tempo sospeso.

È proprio intorno alla questione del tempo che è possibile leggere tutte le storture del sistema di repressione penale o amministrativa. Si pensi ai tempi lunghi del processo, durante i quali la vita resta sospesa, o alla durata eccessiva della custodia cautelare, che riguarda circa un terzo della popolazione detenuta. Si pensi al tempo sprecato di chi trascorre nell’ozio forzato la vita in carcere o in un centro di permanenza per stranieri irregolarmente presenti sul territorio nazionale. Dare significato al tempo, a ogni tempo di ogni persona, è quanto l’istituzione ha l’obbligo di fare.

Si pensi al tempo inutilmente trascorso in carcere da quelle migliaia di persone che devono scontare pene brevissime. Sono 3.792 le persone attualmente in carcere per scontare una pena inflitta inferiore ai tre anni (1.319 addirittura sotto l’anno). Per loro il sistema potrebbe ben più proficuamente pianificare percorsi alternativi alla detenzione, che non operino drasticamente quella frattura dalla società che la pena costituzionalmente orientata dovrebbe poi impegnarsi a ricucire.

Potente l’atto di accusa del Garante Nazionale contro le modalità di gestione del fenomeno complesso delle migrazioni. Sono 44.000 i migranti che nell’arco del 2021 sono passati dagli hotspot senza garanzie legali, segno di una democrazia che tratta gli immigrati solo ed esclusivamente come un problema criminale o tuttalpiù un fastidio da risolvere.

La relazione fornisce un quadro ricco della questione carceraria in Italia. Non si limita a dare i numeri del sovraffollamento (quasi 55.000 detenuti per una capienza pari a circa 47.000 posti effettivi disponibili) o dei suicidi (29 dall’inizio dell’anno a oggi) ma offre una visione della pena in sintonia con quanto prescrive la nostra Costituzione all’articolo 27. La pena carceraria deve essere ridotta al minimo, come ci ha insegnato il grande maestro Luigi Ferrajoli. Vanno ridotti i reati e vanno ridotte le pene a quelle strettamente necessarie. La marginalità sociale va ricollocata nel mondo del welfare, ci spiega Mauro Palma. È con strumenti sociali, e non penali, che va affrontata.

È arrivato il momento di procedere in questa direzione. Le recenti nomine alla direzione del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria sono da questo punto di vista confortanti. Tornando tuttavia al concetto chiave scelto dal Garante per la sua relazione annuale, vale a dire il tempo, non dimentichiamoci che bisogna fare presto.