Cultura

Trovata l’unica firma esistente di Dante Alighieri: la scoperta sensazionale fatta da un privato cittadino. Ma occorre “cautela”

Il professore e accademico Virgiliano Rodolfo Signorini ha esaminato la firma avvistata su una pergamena datata 1295: "Non abbiamo nulla scritto di suo pugno: né una parola, né una virgola, né una firma"

Servono “cautela e prudenza“, come sostiene il professore e accademico Virgiliano Rodolfo Signorini, ma quella da lui ritrovata su una pergamena datata 1295 potrebbe essere la firma di Dante Alighieri. E la scoperta potrebbe essere di quelle che definire sensazionali non sarebbe esagerato, poiché dell’autore della Commedia, come ha avuto modo di sostenere anche Emilio Pasquini, considerato uno dei più importanti studiosi di Dante, del letterato fiorentino non conosciamo neppure una riga o una firma autografa. Tutte le copie a noi giunte delle opere dantesche, sostiene sempre il Pasquini come riporta il professor Signorini nella pubblicazione in cui dà conto della scoperta, risultano di molto posteriori alla morte dell’autore. Sentito da FQMagazine, Signorini spiega che la scoperta è stata casuale poiché la pergamena, con tanto di sigillo in ceralacca a vergare l’anno di pubblicazione, ossia 1295, è stata rinvenuta in maniera del tutto fortuita fra le pagine di una Divina Commedia datata 1906 e illustrata da Gustave Dorè.

Il proprietario della Commedia e quindi anche della pergamena è un privato cittadino, che vuole rimanere anonimo, e che ha affidato al professor Signorini il documento affinché lo studiasse e lo rendesse pubblico. Così ha fatto lo studioso mantovano che nella pubblicazione dell’ultimo numero di “Atti e Memorie” dell‘Accademia Nazionale Virgiliana di Scienze Lettere e Arti ha reso pubblica la scoperta. La pergamena è oltremodo interessante poiché, oltre a riportare in calce, come detto, la firma di Dante Alighieri (Ego Dantes Allaghery laudavi et me subschripsi, ossia io Dante Alighieri approvo e sottoscrivo), riporta anche quelle di ser Brunetto Latini (Ego ser Burnectus Latini notarius laudavi atque schripsi), Guido Cavalcanti (Ego Guido de Chavalchantibus me subscribo) e Dino Compagni (Ego Dinus Chompagni, minius doctorum, me subscripsi).

Tutti e quattro i letterati, considerati fra i più importanti e autorevoli del Tredicesimo secolo, approvano e sottoscrivono un documento nel quale dibattono sul corretto uso del “ma” come congiunzione nella lingua volgare. Quindi, di per sé il documento risulta interessante sotto l’aspetto squisitamente filologico, ma in più riporta quella firma che potrebbe essere di Dante Alighieri del quale “non abbiamo – ribadisce Signorini a FQMagazine – nulla scritto di suo pugno: né una parola, né una virgola, né una firma”. Come detto, sulla questione servono prudenza e cautela: “Il testo in argomento – scrive Signorini negli Atti pubblicati dall’Accademia Virgiliana – (comunque interessante in sé), viene qui presentato al futuro, paziente Lettore con la necessaria cautela e la doverosa prudenza, affinché si apra un atteso dibattito sulla sua autenticità. Trattasi di materia delicatissima, specialmente a motivo dell’inattesa, sorprendente firma di Dante, nella quale nessuno studioso si è mai prima imbattuto e universalmente auspicata come un prodigio da tutti gli studiosi di Dante”. Ma il professore mantovano è fiducioso che la firma possa essere proprio quella dell’autore della Commedia e ci invita a guardare la firma di Dante apposta sulla pergamena e a confrontarla con quanto lo studioso Leonardo Bruni, che dichiara di aver visto lettere autografe di Dante, scrive sulla sua grafia definendolo “scrittore perfetto, ed era lettera sua magra e lunga e molto corretta, secondo io ho veduto in alcune epistole di sua mano propria scritte”. Insomma conclude Signorini che prima di decidere se pubblicare o meno la sua scoperta si è confrontato con “eminenti studiosi” i quali l’hanno esortato a procedere poiché sulla questione dell’autenticità è necessario aprire un dibattito che “conduca – chiosa il professore – al trionfo della verità”.