Cultura

Milano Design Week, Emanuele Giannelli indaga le distorsioni della contemporaneità: noi siamo la “Monkey Tribù”. E intanto il suo gigante sorregge l’Arco della Pace

Alcuni suoi lavori saranno ospiti della Galleria Spirale Milano Art&Co in via Moneta 1, dal 9 giugno, tra questi due gruppi scultorei differenti, e per materiale e per ispirazione

Un toscano nato altrove. Si definisce così lo scultore Emanuele Giannelli che vive a Pietrasanta, la città degli artisti, da oltre quarant’anni. I suoi lavori sono indagini sul presente che è già futuro, opere provocatorie consegnate a osservatori sensibili che sappiano coglierne il messaggio. Si è parlato di lui quando “Mr. Arbitrium”, il suo gigante nudo in resina, è arrivato a Milano dopo aver viaggiato a lungo in Toscana. Si appoggia sull’Arco della Pace, e chi lo incontra, inevitabilmente si chiede: “Ma spinge o sostiene?” Libero arbitrio all’interpretazione: le mani tese nello sforzo vogliono trattenere o respingere la bellezza in senso lato? Il gigante è lì, privo di sensi, ma capace di suscitare sensazioni. Arrivare al cuore, oltrepassare la mente, stimolare la curiosità. É il linguaggio di Giannelli, bravo a creare maxi installazioni o piccoli capolavori in ceramica con un denominatore comune: provocare, emozionare, talvolta mettere a disagio chi osserva. Una scossa all’anima, sopita dentro ognuno di noi, travolto dalla frenesia globale che non ci permette più di fermarci, semplicemente per guardare, fuori e dentro di noi. Alcuni suoi lavori saranno ospiti della Galleria Spirale Milano Art&Co in via Moneta 1, dal 9 giugno, tra questi due gruppi scultorei differenti, e per materiale e per ispirazione.

“Monkey Tribù” è un gruppo di scimmie in ceramica che maneggiano cellulari. Si tratta di emulazione? Imitazione? Oppure è l’involuzione del genere umano? O ancora, Giannelli rappresenta così i neurosi specchio che ci consentono relazioni interpersonali? L’ispirazione arriva dopo un viaggio a Parigi, in visita a la Sainte-Chapelle. I visitatori, lui incluso, a brandire i cellulari, armi necessarie quanto letali, che si sostituiscono ai nostri occhi. L’importante è fissare il momento e gettarlo in rete il prima possibile. Io sono stato qui. Condivisione? No, piuttosto un’ossessione. Noi siamo “Monkey Tribù“. L’altra opera è ancora più inquietante, pregna di un significato che mette i brividi. “X-topia Tribù”, in resina blu cobalto, è ispirata al progetto X-topia, uno “straordinario” edificio di 300 piani a Shanghai con una base a forma di treppiede sormontata da una struttura a X. Un grattacielo impressionante e autosufficiente dove, in teoria, si può nascere, vivere e morire. A controllare quanto avviene all’interno, un gruppo di figure sospese che rammentano, per un verso i voli magici di Marc Chagall, per l’altro droni-spia dalle sembianze umane. Saremo noi i prossimi guardiani? O lo siamo già?