Cronaca

Empoli, infermiere spiate sotto la doccia con una microcamera: indagati e perquisiti due tecnici che lavorano per l’ospedale

Secondo quanto riportato da La Repubblica e Il Tirreno, entrambi sono stati già allontanati dal posto di lavoro. Sull'accaduto è intervenuta anche la Commissione della Regione Toscana per le Pari opportunità: "Grande sostegno alle donne che sono uscite dal silenzio e hanno trovato la forza e il coraggio di denunciare ogni forma di violenza"

Ci sono due indagati per il caso delle infermiere spiate con una microcamera mentre si facevano la doccia all’ospedale San Giuseppe di Empoli. Secondo quanto riportato da La Repubblica e Il Tirreno, si tratta di due tecnici che lavorano per la struttura ed entrambi sono stati allontanati dal posto di lavoro. L’ipotesi di reato è di accesso abusivo a sistema informatico protetto da misure di sicurezza, ma secondo i quotidiani non è stata esclusa l’accusa di “revenge porn” e rimane da verificare se i due abbiano registrato e diffuso le immagini. A dare l’allarme era stata un’infermiera, dopo aver notato un piccolo punto nero sul muro mentre si stava facendo la doccia e ha così scoperto che si trattava di una microcamera.

In seguito al sopralluogo da parte dei carabinieri, che portano avanti l’inchiesta diretta dal pubblico ministero Sandro Cutrignelli, è emerso che la telecamera fosse attaccata ad un filo connesso ad un monitor che si trovava nella stanza a fianco dello spogliatoio. L’ambiente è accessibile tramite un badge soltanto dai tecnici e da alcuni dipendenti. Stando a quanto riportato dai militari, il computer non era in grado di registrare, ma non è detto che i due si servissero esclusivamente di quello per conservare le immagini. A seguito di ulteriori verifiche non sono emersi altri elementi sospetti all’interno della doccia e nel resto dello stabile.

Ieri, lunedì 6 giugno, è intervenuta anche la Commissione della Regione Toscana per le Pari Opportunità e ha denunciato gli “stereotipi e i pregiudizi di bassa lega”. “Grande sostegno alle donne che sono uscite dal silenzio e hanno trovato la forza e il coraggio di denunciare ogni forma di violenza”, hanno detto dalla Commissione. “Siamo di fronte all’ennesimo esempio della tradizione maschilista e sessista, che attribuisce alle donne, accanto ai ruoli santificati di madre e di moglie, quello, deumanizzato, di oggetto sessuale a disposizione dell’uomo ‘cacciatore’ per natura. Questa tradizione maschilista accoglie questo tipo di fatti con una indignazione solo apparente, ma che invece nasconde compiacimento. Se guardare dal buco della serratura una donna svestita ha sempre rappresentato una bravata, non c’è da stupirsi se oggi ci si attrezza con la tecnologia per vederla sotto la doccia. E invece si tratta di un reato“. Sull’accaduto si sono poi espressi anche Giovanni Galli e Luciana Bartolini, consiglieri regionali della Lega: “Una volta, dunque, che verrà istruito un processo a carico del o dei responsabili, pensiamo che la Regione debba necessariamente costituirsi parte civile”. E chiudono: “Occorre che le Istituzioni, come la stessa Regione, siano in prima linea per condannare ulteriormente questo inaudito episodio”.