Giustizia & Impunità

“Furti e minacce aggravate dal metodo mafioso per controllare aziende confiscate”: 12 arresti a Caltanissetta

Secondo le accuse due fratelli imprenditori dell'Ennese, proprietari di alcune aziende sequestrate nel 2017 e confiscate in primo grado nel 2020, si sarebbero serviti di altri soggetti per cercare di interferire nelle attività dell'amministrazione delle imprese, evitando di esporsi in prima persona per alcuni procedimenti a loro carico

Furti ed estorsioni aggravate dal metodo mafioso: sono le accuse di cui devono rispondere 12 persone, arrestate – nove in carcere, tre ai domiciliari – nell’area della Sicilia centro-orientale dalla guardia di finanza di Caltanissetta, su disposizione della direzione distrettuale antimafia. I 12 destinatari delle misure cautelari, tra cui figurano due fratelli, imprenditori dell’Ennese, avrebbero “continuato ad imporre le loro scelte per mantenere un controllo sulle loro aziende“, precedentemente sottoposte ad amministrazione giudiziaria. L’operazione delle fiamme gialle, che riguarda le province di Enna, Catania e Messina, impegna oltre 100 finanzieri, mezzi aerei e terrestri, e unità specializzate del corpo delle Fiamme gialle.

I due fratelli, si apprende, erano proprietari di alcune aziende – soprattutto agricole – sequestrate nel 2017 e confiscate in primo grado nel 2020. Nonostante questo, i due si sarebbero serviti di altri soggetti per cercare di interferire nelle attività dell’amministrazione, non esponendosi in prima persona a causa di alcuni procedimenti a loro carico: ingerenze che – secondo le accuse – sono state commesse tramite furti ed estorsioni, aggravate dal metodo mafioso. Nello specifico, i due imprenditori sono accusati di essersi avvalsi di una “rete di fiancheggiatori” che, attraverso minacce, avrebbero tentato di impedire che entrassero a far parte dell’azienda altre persone che “non fossero loro dipendenti fedelissimi”. Minacce, spiegano gli investigatori delle fiamme gialle, esercitate con “le classiche modalità proprie di chi esercita una capacità di intimidazione mafiosa“, tanto che le vittime non hanno sporto denuncia e avrebbero “taciuto con il datore di lavoro, l’amministratore giudiziario, le reali ragioni del repentino recesso dal rapporto di lavoro appena instaurato”.