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Armi alla Colombia, perquisizioni della Digos di Napoli ai due broker che incontrarono Massimo D’Alema: acquisiti documenti e file

I due indagati, i broker Emanuele Caruso e Francesco Amato, sono accusati di sostituzione di persona e truffa per aver usato in modo abusivo il contrassegno e il logo dell'organizzazione Assemblea parlamentare del Mediterraneo. Nel febbraio scorso, i due sono entrati in contatto anche con l'ex premier Massimo D’Alema, che ha detto di essersi limitato a metterli a propria volta, a titolo gratuito, in contatto con Leonardo e Fincantieri

Proseguono le indagini della Procura di Napoli sulla caso della presunta intermediazione per la vendita (poi sfumata) alla Colombia di navi, sommergibili e aerei militari prodotti da Fincantieri e Leonardo, che ha coinvolto l’ex presidente del Consiglio Massimo D’Alema (non indagato). Sono due gli iscritti nel registro degli indagati: i broker Emanuele Caruso, 43 anni, e Francesco Amato, 38 anni, entrambi pugliesi, accusati di sostituzione di persona e truffa. Su delega del procuratore aggiunto Vincenzo Piscitelli, giovedì la Digos partenopea ha eseguito perquisizioni negli uffici e nelle abitazioni dei due indagati, acquisendo documenti e supporti informatici che ora verranno analizzati dagli investigatori. Le verifiche sono state disposte in seguito a una denuncia presentata dall’Assemblea parlamentare del Mediterraneo, organizzazione internazionale che riunisce delegati di trenta Paesi, con sede a Napoli, presieduta dal deputato di Italia Viva Gennaro Migliore.

Caruso e Amato sono accusati di aver usato in modo abusivo il contrassegno e il logo dell’organizzazione, di cui hanno simulato il patrocinio per accreditarsi presso le istituzioni internazionali. Nel corso dell’attività, nel febbraio scorso, i due sono entrati in contatto anche con D’Alema, presentandosi come consiglieri del ministero degli Esteri colombiano: l’ex premier ha detto di essersi limitato a metterli a propria volta, a titolo gratuito, in contatto con Leonardo e Fincantieri, e di averlo fatto perché entrambe le società sono clienti importanti di Ernst&Young, il network di consulenza di cui l’ex leader politico è presidente dell’advisory board. Agli atti figura anche la registrazione audio, pubblicata integralmente dal Fatto, di una conversazione alla quale prende parte anche D’Alema, che suggerisce ai broker di chiudere l’affare prima della nomina dei nuovi vertici delle due società partecipate dal governo.