Cinema

Festival di Cannes 2022, Luca Marinelli e Alessandro Borghi di nuovo insieme per Le otto montagne

Film italianissimo nonostante i registi stranieri la pellicola - tratta dal libro che nel 2017 ha vinto il premio Strega - è insieme a Nostalgia di Martone il secondo titolo tricolore in corsa per la Palma d’oro 2022

La sacralità della montagna, che tutto vede, sente e conosce da sempre e per sempre. In pochi ne penetrano i segreti, ma chi ne è “illuminato” ha il destino segnato e soprattutto l’ego “dimensionato”. Paolo Cognetti è tra questi, scrittore sopraffino che a un certo punto della vita ha scelto la via montana e ne ha estratto un romanzo folgorante, Le otto montagne (Einaudi), vincitore dello Strega nel 2017. Oggi il testo è diventato un film omonimo, concorrente al 75° Festival di Cannes, per la regia della coppia belga Felix van Groeningen e Charlotte Vandermeersch con protagonista il duo reso popolare da Non essere cattivo del compianto Caligari, Luca Marinelli e Alessandro Borghi, tornati a recitare insieme dopo sette anni. “Claudio Caligari ci ha regalato questo legame di incredibile amicizia tra noi, questa famiglia. Felix e Charlotte ce ne hanno fatto un nuovo, dopo sette anni, perché sul lavoro non ci eravamo più incontrati” dichiarano emozionati quasi all’unisono Borghi e Marinelli, che hanno ritrovato un “noi” rafforzato, “magari un po’ più vintage”. “Il nostro rapporto mai competitivo è cresciuto, sia come visione più ampia del cinema che come attori e spettatori” aggiunge Alessandro che in Le otto montagne interpreta il montanaro Bruno mentre a Luca è affidato il ruolo di Pietro, voce narrante di libro e film.

Film italianissimo nonostante i registi stranieri, è insieme a Nostalgia di Martone il secondo titolo tricolore in corsa per la Palma d’oro 2022. Al centro, è noto a chi conosce il libro, è la vicenda di due ragazzi e della loro amicizia lunga una vita. Ad accompagnarli il rapporto intimo con la montagna, emanazione concreta di una natura ai loro occhi mai astratta ma molto attiva nel condizionare le loro esistenze e i rapporti famigliari, specie il legame paterno. Girato in formato 4/3 a media, alta e altissima quota sulle alpi valdostane, è un film che lavora sul tempo in maniera peculiare perché – a detta di Groeningen – è quello “che ci è stato indicato dalla montagna con le sue regole, i suoi silenzi diversi e assordanti, i suoi misteri meditativi”. Eppure c’è della violenza esperienziale in un’opera così open air e radicale dal punto di vista ambientale, specie per chi – come Borghi e Marinelli – non sono cresciuti sui pendii. “Abbiamo fatto veramente le cose di montagna, e la casa che vedete è realmente a 2.300 metri” dichiara l’interprete di Diabolik con una certa soddisfazione.

Accompagnati passo passo dall’esperto Cognetti l’intero cast che comprende anche Filippo Timi ed Elena Lietti si è caricato uno “zaino d’amore” e ha con pazienza iniziato un percorso di “intonazione” ai ritmi e alle fatiche d’altura. Perché solo così poteva sintonizzarsi al cuore narrativo del lavoro letterario in cui la montagna è intesa come punto centrare d’identità dei due protagonisti ed è quindi protagonista essa stessa, il vero nervo vibrante del Bildungsroman di Pietro e Bruno. Il loro percorso è il cerchio tracciato da un compasso di cui Bruno è il braccio fisso al centro attorno al quale ruota Pietro come braccio mobile ma in perenne equidistanza e dipendenza. Non è forse un caso che Cognetti sia un matematico di formazione: questa si recepisce nell’intera struttura costitutiva delle Otto montagne, inteso sia come libro che come film. In tale contesto Luca Marinelli e Alessandro Borghi sono mutati in uomini ruvidi, complici spigolosi e intimamente devoti ai misteri montani, che si assomigliano dalle Alpi all’Himalaya, intonandosi al respiro imponente che pervade l’intero lungometraggio di Groeningen e Vandermeersch, il cui unico difetto è quello di aver indugiato troppo in lunghezza (qualche taglio in più avrebbe giovato nel radicare il film in bellezza e potenza). Film sui fantasmi, sui segreti, sulla fatica delle parole a comunicare il senso profondo dell’esistere e del relazionarsi, Le otto montagne riesce con un cinema di discreto livello a rivelarci che le asperità delle rocce montane altro non sono che il nostro vivere quotidiano, fatto di resistenze e resilienze. Il film uscirà nella seconda metà dell’anno per Vision Distribution.