Cultura

Napoli, riscoperto alla Biblioteca Nazionale uno scritto di Giacomo Leopardi: a 16 anni studiava l’opera di Giuliano l’Apostata

Un "quadernetto" - formato da quattro mezzi fogli, ripiegati nel mezzo così da ottenere otto facciate - in cui sono riportati circa 160 autori antichi e tardo antichi, ognuno dei quali seguito da una serie di riferimenti numerici (oltre 550). È stato identificato dagli studiosi Marcello Andria e Paola Zito, che su questa scoperta hanno scritto 'Leopardi e Giuliano imperatore. Un appunto inedito dalle carte napoletane' (Le Monnier Università, 2022)

Un “quadernetto” – formato da quattro mezzi fogli, ripiegati nel mezzo così da ottenere otto facciate – in cui sono riportati circa 160 autori antichi e tardo antichi, ognuno dei quali seguito da una serie di riferimenti numerici (oltre 550). Si tratta di un autografo di Giacomo Leopardi del 1814, quando il poeta recanatese aveva 16 anni, identificato dagli studiosi Marcello Andria e Paola Zito, che ne hanno curato la pubblicazione nel volume Leopardi e Giuliano imperatore. Un appunto inedito dalle carte napoletane (Le Monnier Università, 2022).

Nel manoscritto – passato finora inosservato e conservato nel Fondo Leopardiano della Biblioteca Nazionale di Napoli – Leopardi studia la figura di Flavio Claudio Giuliano, l’ultimo sovrano latino dichiaratamente pagano, soprannominato – per l’appunto – Giuliano l’Apostata, che regnò dal 360 al 363 dopo Cristo. Grazie alla biblioteca del padre, il conte Monaldo, in cui erano custoditi migliaia di volumi, il giovane letterato – che soltanto l’anno prima aveva iniziato a studiare il greco da autodidatta – si accosta alla lettura dell’opera omnia dell’imperatore neoplatonico, ricorrendo all’autorevole edizione di Ezechiel Spanheim, apparsa a Lipsia nel 1696.

Il periodo in cui Leopardi comincia a leggere Giuliano rappresenta una tappa significativa nel percorso di rivalutazione della figura dell’Apostata, offuscata a lungo dalla condanna quasi unanime degli storici fino alla metà del XVI secolo, riscoperta nel Settecento ad opera soprattutto degli illuministi (Montesquieu, Diderot, Voltaire) ma accolta in Italia fra attestazioni di stima e dichiarata ostilità. Richiami all’opera di Giuliano l’imperatore ricorreranno anche in altre opere leopardiane: in particolare nelle Operette morali (nei Detti memorabili di Filippo Ottonieri), nello Zibaldone e in alcune esercitazioni di carattere filologico.

“Oltre che investigare le finalità dell’operazione, i contributi del volume si prefiggono lo scopo di focalizzare al meglio il senso del binomio Giacomo-l’Apostata, un rapporto che sfida la longue durée, declinandolo in prospettiva decisamente interdisciplinare“, si legge nella quarta di copertina del libro di Andria e Zito. “Le riflessioni sono condotte sul filo di disamine storiche, filosofiche – dal IV secolo d.C. all’Illuminismo e oltre – e filologiche, volte, queste ultime, a indagare nelle pieghe di un tessuto lessicale e concettuale denso e significativo”, conclude la nota.