Economia

Confindustria: “Con la guerra in Ucraina scenario economico in peggioramento, prospettive cupe per il secondo trimestre”

Nella congiuntura flash di aprile il Centro studi scrive che "per l’industria peggiorano tutti gli indicatori, i servizi sono in stallo, l’export è atteso debole". E "gli interventi pubblici sono ancora insufficienti", ma il rialzo dei tassi, sottolineano gli industriali, "farà crescere gradualmente la spesa per interessi" e quindi "l'Italia avrà meno spazi di bilancio per mettere in campo una nuova manovra espansiva". 

A marzo l’economia italiana è in “netto indebolimento“, con il conflitto in Ucraina che “amplifica i rincari di energia e altre commodity, e accresce la scarsità di materiali e l’incertezza. Sommandosi agli effetti dei contagi, ciò riduce il pil nel 1° trimestre 2022 e allunga un’ombra sul secondo: l’andamento in aprile è compromesso e le prospettive sono cupe”. Lo scrive il centro studi di Confindustria nella congiuntura flash di aprile. “Per l’industria peggiorano tutti gli indicatori, i servizi sono in stallo, l’export è atteso debole”. E “gli interventi pubblici sono ancora insufficienti“, ma il rialzo dei tassi, sottolineano gli industriali, “farà crescere gradualmente la spesa per interessi” e quindi “l’Italia avrà meno spazi di bilancio per mettere in campo una nuova manovra espansiva“.

Lo scenario è negativo per tutta l’economia europea che, più di quella Usa, è colpita dal conflitto che ha peggiorato i rincari delle commodity, la scarsità di materiali e l’incertezza oltre a creare nuovi vincoli all’export. Per questo secondo Confindustria “ci sarebbe bisogno di misure espansive”. Una mossa che però l’Italia non potrà permettersi: dato l’alto debito, le politiche dovranno essere prudenti anche per evitare ulteriori balzi dello spread. Inoltre, “se il rialzo del Btp si trasferisse al costo della raccolta bancaria e facesse crescere anche il costo del credito, ciò determinerebbe un ulteriore aggravio di costi per imprese e famiglie, già colpite dal caro -energia. Questo penalizzerebbe sia gli investimenti che i consumi privati, zavorrando il Pil italiano“, prevede viale dell’Astronomia.

Confindustria spiega che a marzo “si è accentuata l’erosione della fiducia delle imprese manifatturiere, già in atto da fine 2021″. L’indice Pmi del settore (che registra la fiducia dei responsabili degli acquisti delle imprese) è sceso ulteriormente, pur restando in area positiva (55,8 da 58,3). Dopo la volatilità di gennaio-febbraio, “l’impatto del conflitto sulla produzione è atteso approfondirsi a marzo: ciò significa un calo significativo nella media del 1° trimestre, che contribuisce molto alla flessione del Pil”. Male anche i servizi, che sono “in stallo”. Il PMI indica rallentamento a marzo (52,1 da 52,8) e la fiducia delle imprese è in calo (99,0 da 100,4). A causa di contagi e incertezza, resta compressa la mobilità delle famiglie (per il tempo libero -16,6% nel 1° trimestre dal pre-Covid), tenendo debole la domanda di servizi. Questo si somma a un recupero ancora parziale del turismo fino a febbraio (-15% i viaggi di stranieri in Italia).

Anche l’export è debole, mentre prima del conflitto cresceva “ben oltre i livelli pre-Covid” (+5,8% a dicembre-febbraio sui tre mesi precedenti). Buona parte dell’aumento era dovuta al rialzo dei prezzi sui mercati esteri (+2,8%). Erano in crescita le vendite nei principali mercati, Ue ed extra-Ue, e settori manifatturieri (ma ancora deboli gli autoveicoli). “I primi effetti della guerra in Ucraina, però, sono già visibili negli ordini manifatturieri esteri, in forte calo a marzo. Inoltre, la dinamica del commercio mondiale, già piatta a inizio anno per il calo degli scambi in Asia e l’aumento in Europa, ha prospettive negative secondo il PMI sugli ordini manifatturieri esteri globali, caduto a marzo (48,2 da 51,0)”.

“Il prezzo del petrolio – ricorda il Centro studi di Confindustria – si è impennato, toccando un picco di 133 dollari al barile a marzo e poi assestandosi in aprile a 105 (da 74 a dicembre). Profilo simile per il gas naturale in Europa: picco a 227 euro/mwh a marzo e assestamento a 104 in aprile, che significa ancora +698% sul pre-Covid. Il prezzo dell’elettricità in Italia continua a risentirne molto (+523% nello stesso periodo). I prezzi delle altre materie prime, con il conflitto, hanno accentuato i rincari: metalli +86%, cereali +77% a marzo da fine 2019. Tutto ciò pesa su costi e investimenti delle imprese e sulla spesa delle famiglie”. A fronte del caro-energia, “il governo – viene precisato – ha finora stanziato, per la prima metà del 2022 e senza ricorrere a deficit aggiuntivo, circa 14 miliardi di euro: 11 a sostegno di famiglie e imprese (di cui 1,2 per le grandi imprese solo per il 1° trimestre) e 3 per primi interventi strutturali su gas, energie rinnovabili e a sostegno delle filiere dell’automotive e dei micro-processori”.