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Petrocelli (M5S) diserta la seduta con Zelensky: “Non voterò la fiducia”. Ma non si dimette da presidente della Commissione Esteri al Senato

"Fuori da questo governo interventista, che vuole fare dell’Italia un paese co-belligerante", scrive su Twitter l'esponente pentastellato subito dopo il forfait. Per i vertici è una "posizione personale", ma dal resto dell'arco parlamentare piovono richieste di dimissioni. Lui resta al suo posto e annuncia che non voterà più con la maggioranza: "Politiche molto lontane dal programma del 2018". Conte: "Così si pone fuori dal Movimento per scelta personale"

È bufera su Vito Petrocelli, il presidente M5S della Commissione Esteri del Senato che dopo aver votato contro la risoluzione sull’invio di armi all’Ucraina ha scelto di non partecipare alla seduta in cui è intervenuto il presidente di Kiev, Volodymyr Zelensky. “Fuori da questo governo interventista, che vuole fare dell’Italia un paese co-belligerante”, ha scritto su Twitter subito dopo il forfait. Parole che non sono piaciute ai vertici del suo partito: “La posizione di Petrocelli è personale, si vedrà quando ci sarà il voto (sul decreto Ucraina, ndr), lui prenderà le sue decisioni. È chiaro che se voterà in maniera diversa rispetto al gruppo su una questione di fiducia sarà un problema. In quel caso sono previste sanzioni”, dice all’Ansa la capogruppo al Senato Mariolina Castellone. Quelle di Petrocelli “sono considerazioni personali” anche per il ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico d’Incà: “Non c’è dubbio sulla posizione del nostro Paese, una condanna dell’aggressione russa e di una ricerca in tutti i modi di una soluzione di pace. La posizione è quella indicata da Conte”, precisa.

Dal resto dell’arco parlamentare sono piovute richieste di dimissioni. Le prime sono arrivate dalla vicecapogruppo di Italia Viva al Senato, Laura Garavini: “Dopo queste ulteriori dichiarazioni, che seguono gesti concreti come il voto contrario alla risoluzione del Parlamento sulla guerra in Ucraina, non può davvero continuare a ricoprire quel ruolo. Dovrebbe essere lui per primo a fare un passo indietro viste le sue parole”, attacca. Quella di Petrocelli è una “posizione legittima, ma evidentemente incompatibile con la funzione di presidente della Commissione esteri di palazzo Madama”, dice all’AdnKronos il senatore di Forza Italia Andrea Cangini. “Se vuole difendere legittimamente le proprie idee deve fare solo una cosa: dimettersi”. Dal Pd annunciano di voler “chiedere conto, nelle sedi opportune”, al senatore delle sue affermazioni, ma molto più netta è la linea di Andrea Marcucci: “La posizione del Presidente della commissione Esteri del Senato Vito Petrocelli non è più sostenibile. Il M5S deve assumere una decisione”, scrive su Twitter.

Petrocelli però non ha intenzione di lasciare la poltrona: lo ha comunicato lui stesso alle commissioni Esteri e Difesa riunite a palazzo Madama per discutere il decreto Ucraina, rispondendo alle richieste di un passo indietro arrivate da tre senatori (Garavini, il dem Luigi Zanda e il leghista Stefano Lucidi). Non solo: ha annunciato di voler votare contro la conversione in legge del decreto e più in generale di essere pronto “a non votare più la fiducia su nessun provvedimento, perché ormai considero le politiche del governo Draghi su esteri e difesa molto lontane dal programma del Movimento 5 Stelle”. Parole a cui il leader del partito Giuseppe Conte replica così: “Se Petrocelli dichiara oggi, a dispetto del ruolo che fino ad ora ha avuto, che non appoggerà più questo governo evidentemente si pone fori dal M5s per scelta personale”.

“Se il Movimento espelle un senatore che non vota l’invio di armi a un Paese in guerra, vedano loro quali sono le conseguenze”, incalza Petrocelli. “Io ho espresso una posizione che naturalmente non è la posizione del M5s ma è l’invito a una discussione, finalmente, su un tema molto grave e pesante cioè la partecipazione italiana come Paese co-belligerante scaturita dall’invio di armi a uno dei due paesi in lotta. Se non ci sarà, io non potrò ovviamente farci nulla. Se si svilupperà ai minimi termini ne sarò dispiaciuto ma a questo punto non potevo rinunciare a invitare i miei colleghi a valutare quanto questo atteggiamento del mio Movimento sia lontanissimo dal programma con cui abbiamo vinto le elezioni politiche nel 2018″.