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Guerra in Ucraina, la fuga dei professionisti russi dopo le sanzioni: “Qui non c’è futuro”. E anche i manager pubblici pensano a lasciare

Secondo una fonte citata dal sito indipendente Meduza, molti dirigenti delle grandi aziende di Stato non avevano idea del piano per l'invasione e non si aspettavano si aspettava sanzioni così pesanti. Finora, però, nessuno ha ancora abbandonato il posto per non passare da disertore. A fuggire invece sono migliaia di professionisti del settore tecnologico: i pochi voli rimasti verso i Paesi raggiungibili in aereo - Georgia, Turchia, Israele - sono sold out da giorni

Un quarto dei funzionari e top manager russi, compresi “molti professionisti di serie A” in grado di lavorare a New York o a Shanghai, ha preso in considerazione l’idea di dimettersi dopo l’invasione dell’Ucraina, spiegano “fonti informate” citate dal sito indipendente Meduza, fondato in Polonia da giornalisti fuggiti dalla Russia. Finora, però, nessuno ha ancora abbandonato il posto. “Farlo ora sarebbe visto come un tentativo di fuga. E per questo ti fanno fuori”, riferisce la fonte. Molti dei funzionari di alto rango e dirigenti delle grandi aziende pubbliche, però – spiega uno di loro in anonimo – non avevano idea del piano per l’invasione totale dell’Ucraina, quindi nessuno si aspettava sanzioni così pesanti dall’Occidente. “Ci eravamo preparati per scenari stressanti, ma niente a questo livello. Contavamo su sanzioni relativamente soft“, racconta. E fa l’esempio di German Gref, patron di Sberbank, “orgoglioso del successo della sua banca in relazione agli standard globali” o di Sergey Sobyanin, il sindaco di Mosca, che ha reso la città “una capitale mondiale”. Sono persone come loro, quelle che lavoravano per un obiettivo – spiega – le più frustrate ora. “Nessuno sarà più in grado di ottenere alcun successo nel Paese. La loro vita andrà sempre peggio”, dice, da quando il potere è passato dai tecnocrati agli ultra-patriottici.

Sono decine di migliaia però i professionisti che hanno già scelto di andarsene, in particolare nel settore tecnologico. Lo racconta il Financial Times dando voce al manager Ilya Krasilshchik, che si è imbarcato su un volo per Dubai: “Il Paese in cui vivevamo è stato distrutto, sta precipitando nell’abisso“, ha detto al quotidiano britannico, “che futuro ci può essere in uno Stato dove il potere è stato preso dai servizi segreti? Nessuno. Tutto quel che posso fare è sopravvivere”. L’emorragia di competenze, se non verrà fermata in fretta, è in grado di dare il colpo di grazia a un’economia già prostrata dalle sanzioni. Il FT racconta che i voli dalla Russia verso Tel Aviv, Istanbul, Yerevan, Baku e Tbilisi – capitali dei pochi Paesi vicini che non hanno chiuso lo spazio aereo – sono sold out da giorni, mentre chi non riesce a imbarcarsi sale su pullman diretti verso gli Stati baltici. Tra le mete di maggior afflusso dell’esodo c’è la Georgia. Lunedì il ministro dell’Economia di Tbilisi, Levan Davitashvili, ha riferito che negli ultimissimi giorni sono arrivate nel Paese 25mila persone dalla Russia. Un manager occidentale di una compagnia europea, che ha appena chiuso la propria sede di Mosca, racconta in anonimo al Washington Post che molti dei suoi colleghi russi si sono precipitati all’aeroporto a prendere il primo volo internazionale a disposizione, portando con sè il cappotto, il passaporto e poco più. “Sono convolti da quello che sta accadendo in Ucraina. Alcuni se ne vanno perché non vogliono avere nulla a che fare con l’invasione”, dice.

La domanda di mezzi per lasciare il Paese è così alta che il manager russo Konstantin Siniushin, partner di un fondo di investimento con sede in Lettonia, ha affittato privatamente un intero aereo: racconta che i 160 posti a disposizione sono andati esauriti in meno di 24 ore. A prenotarli sono stati in gran parte uomini d’affari con interessi internazionali: “Hanno capito che per loro tutto questo è un danno professionale, perché guadagnano soprattutto dall’estero”, spiega Siniushin. Anche prima dell’invasione e delle conseguenti sanzioni, peraltro, l’economia di Mosca soffriva l’eccessiva dipendenza dagli idrocarburi e l’invecchiamento della popolazione: la fuga di massa non farà che peggiorare la situazione, dicono gli analisti. “È una sanzione che il governo russo si è imposto da solo. In molti fuggono da una cortina di ferro che vedono chiudersi sopra di loro”, dice al Financial Times Elena Ribakova, vice capo economista all’Istituto di finanza internazionale (Iif). “L’impatto a lungo termine delle sanzioni toglie ogni speranza di crescita o progresso“, spiega. “Ci saranno forti limitazioni alla capacità della Russia di importare tecnologie, e la fuga dei cervelli priverà il Paese del capitale umano“.