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‘Ndrangheta, arrestato Campisi: era latitante da 2 anni. Il broker della droga era nascosto a Roma. A casa una parrucca e molti libri

La Direzione Antimafia lo cercava dall'ottobre 2019 per una misura cautelare dopo un'inchiesta sul narcotraffico internazionale. Nella sua abitazione in zona Tuscolana c'erano molti volumi: l'ultimo di Gratteri, un lavoro di Klaus Davi e anche "I soldi della P2" edito da PaperFirst, la casa editrice del Fatto Quotidiano

Lo cercavano da due anni e mezzo da quando, nell’ottobre 2019, era sfuggito a un provvedimento del tribunale del Riesame che aveva accolto la richiesta di arresto formulata dalla Dda di Catanzaro con l’accusa di narcotraffico internazionale. Coinvolto nell’inchiesta “Ossessione” contro la cosca Mancuso, è stato arrestato a Roma dove si nascondeva in un appartamento nella zona di via Tuscolana. Si è conclusa così la latitanza di Giuseppe Campisi, di Vibo Valentia, 62 anni buona parte dei quali già trascorsi in carcere dove ha scontato pene per associazione mafiosa, omicidio doloso ed estorsione. Lo hanno catturato i finanzieri del comando provinciale di Catanzaro, del Gico e dello Scico assieme ai poliziotti dello Sco.

Tutti sono stati coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia guidata dal procuratore Nicola Gratteri. All’interno del covo, gli investigatori hanno trovato tutto il necessario che ha consentito a “Pino” Campisi di vivere e muoversi indisturbato nella capitale: da una parrucca a un computer passando per documenti di riconoscimento contraffatti tra cui pure un green pass.

Nell’appartamento sulla Tuscolana, i finanzieri hanno trovato anche diversi libri. Oltre all’ultimo volume di Nicola Gratteri e Antonio Nicaso (Complici e colpevoli edito da Mondadori) c’era anche I soldi della P2 pubblicato qualche mese fa dalla casa editrice Paper First del Fatto Quotidiano. Campisi amava leggere e tra i libri sul tavolo c’erano pure I Killer della ‘Ndrangheta scritto dal massmediologo Klaus Davi.

Tutto il materiale, soprattutto il computer e i documenti contraffatti, dovranno essere analizzati dagli investigatori per ricostruire la rete di fiancheggiatori che ha consentito a Campisi di sfuggire all’arresto e di rimanere latitante dal 2019. L’inchiesta “Ossessione” in cui è stato coinvolto ha consentito ai pm di Catanzaro di disarticolare un’associazione per delinquere finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti, i cui appartenenti agivano anche per agevolare la cosca Mancuso attiva nei territori di Nicotera e Limbadi e in provincia di Vibo Valentia.

Pino Campisi è ritenuto uno dei broker della cocaina in Italia così come lo era suo fratello Domenico che è stato ucciso nel 2011. Sullo sfondo, probabilmente, le frizioni con la cosca Mancuso.

Poche settimane fa, il 17 dicembre, sempre la guardia di finanza di Catanzaro e la squadra mobile di Vibo Valentia avevano arrestato Antonio Campisi, figlio di Domenico e nipote, quindi, dell’ormai ex latitante Pino. Il giovane è stato destinatario di un fermo di indiziato di delitto per il tentato omicidio di Dominic Signoretta avvenuto nel 2019. Un cerchio che, forse, i Campisi volevano chiudere grazie al supporto della cosca Molé. A distanza di otto anni dall’agguato in cui fu ucciso Antonio Campisi.