Scienza

Guerra in Ucraina, cos’è e come è fatto il missile intercontinentale Sarmat con cui la Russia ha “minacciato” il mondo

Il Supersonic Combustion Ramjet è da anni oggetto di ricerca in tutto il mondo per realizzare velivoli in grado di unire Paesi lontani grazie alle straordinarie prestazioni di volo. Come accaduto più volte nella storia dell’aviazione, è di nuovo la guerra a dare impulso allo sviluppo della tecnologia aerospaziale

Fino a quando non ne ha parlato Dmitry Rogozin, numero uno dell’Agenzia spaziale russa, la maggior parte delle persone non immaginava esistesse un missile balistico intercontinentale in grado di colpire obiettivi distanti 18.000 km a velocità così elevate da essere virtualmente non intercettabile. La propulsione airbreathing ipersonica è la tecnologia diventata improvvisamente e drammaticamente nota per le non troppo velate minacce del capo di Roscosmos durante un talk show. Il missile Sarmat è infatti in grado di rilasciare una flotta di 24 piccoli velivoli ipersonici Avangard, della lunghezza di soli 5 metri, capaci di colpire obiettivi al suolo accelerando a Mach 10 (almeno 10-11 volte del più veloce aereo civile) ed effettuando manovre autonome per eludere qualunque contro difesa missilistica.

L’anima di questo micidiale sistema d’arma è il propulsore Scramjet (Supersonic Combustion Ramjet), da anni studiato dai ricercatori di tutto il mondo per realizzare velivoli in grado di unire Paesi lontani grazie alle straordinarie prestazioni di volo (come viaggiare tra Bruxelles e Sidney in sole 3 ore) ma anche per colpire obiettivi militari senza alcuna possibilità di difesa. Lo Scramjet è un propulsore leggero ed efficiente, grazie all’assenza di parti in movimento come compressori e turbine, che utilizza l’ossigeno contenuto nell’aria (da qui il termine airbreathing) ed il combustibile dei suoi serbatoi (solitamente a base di idrogeno) per realizzare un processo di combustione supersonica in grado di generare spinta nel volo in atmosfera a numeri di Mach ipersonici, ovvero ben superiori a Mach 5.

Un propulsore Scramjet realizza la compressione e l’innalzamento della temperatura del flusso d’aria unicamente grazie alla forma aerodinamica della sua presa d’aria. Il flusso è convogliato nella camera di combustione a velocità supersoniche (circa Mach 2) e a temperature sufficientemente elevate (oltre 1400 C) da realizzare l’autoaccensione della miscela non appena avviene il contatto tra l’aria e il combustibile. Il flusso combusto viene espulso attraverso l’ugello di spinta posto nella parte posteriore, così il velivolo viene proiettato a grande velocità nell’atmosfera.

La parte più complessa dell’intero processo è proprio la stabilizzazione della combustione attraverso un flusso d’aria che viaggia a velocità supersoniche. Nei propulsori airbreathing tradizionali come i comuni propulsori a getto, infatti, il flusso d’aria viene convogliato nelle camere di combustione a velocità subsoniche (circa Mach 0,2) ed è molto più semplice realizzare il mescolamento e la combustione della miscela. Questo è possibile perché tali propulsori raggiungono velocità di volo relativamente basse (in genere non superiori a Mach 2) ed il flusso d’aria in ingresso alla presa d’aria può essere rallentato dai compressori senza che si verifichi un eccessivo innalzamento delle temperature dell’aria stessa e delle palette dei compressori. In un propulsore Scramjet, invece, il flusso entra nella presa d’aria a Mach 10 e non è possibile rallentarlo al di sotto di Mach 2 senza provocare un innalzamento della temperatura tale da causare la dissociazione delle molecole d’ossigeno e la conseguente brusca perdita di efficienza del processo di combustione.

Il funzionamento di uno Scramjet dipende quindi totalmente dalla complessa aerodinamica del velivolo e dalla sua velocità di volo, e le difficoltà pratiche legate alla realizzazione della combustione supersonica avevano finora limitato reso impraticabile l’utilizzo operativo di tali propulsori. Uno Scramjet, inoltre, non è in grado di funzionare a basse velocità e necessita pertanto di motori tradizionali nelle fasi iniziali del volo. Tali ostacoli, apparentemente insormontabili nell’utilizzo civile di tali propulsori, non ne hanno però impedito lo sviluppo e la messa a punto come temibili sistemi d’arma. Come accaduto più volte nella storia dell’aviazione, è di nuovo la guerra a dare impulso allo sviluppo della tecnologia aerospaziale.