Politica

Guerra in Ucraina, il gas azero torna alla ribalta ma la Russia avrà ancora voce in capitolo

Il gas azero è tornato alla ribalta nello scacchiere della politica. In questi giorni bui si è rilanciata la necessità per l’Italia di approvvigionamenti plurimi e di allentamento della dipendenza energetica da Stati instabili o posizionati su fronti opposti negli schieramenti internazionali.

Il gasdotto che partendo da Baku entra in suolo italiano lungo la costa di Melendugno, in Salento, è nuovamente al centro del dibattito. Sembrava una polemica archiviata: talvolta anche le discussioni su temi importanti seguono una “moda”, titoloni per mesi e poi d’un tratto si è fuori dalle scene e dalle agende politiche. I progetti di raddoppio del gas azero sono passati sotto traccia: si vorrebbero rafforzare i previsti 8 miliardi di metri cubi di gas trasportato, ma all’orizzonte non si intravedono soluzioni chiare della politica.

In queste ore è sotto gli occhi di tutti quanto le risorse energetiche siano strumenti potentissimi per la pressione politica. Lo sa bene Vladimir Putin: non è un caso che l’autarca russo, a poche ore dal riconoscimento degli Oblast orientali di Donetsk e Luhansk, si sia precipitato a firmare un trattato bilaterale con l’Azerbaigian di Ilham Aliyev.

Lo scorso 22 febbraio sull’immenso tavolo ovale bianco latte del Cremlino si sono ritrovati i due presidenti euroasiatici per cementare un’alleanza invero già solida. La “Dichiarazione di interazione” è vista come uno strumento per portare le relazioni al livello di alleanza strutturata. Lo fanno Putin e Aliyev in 43 punti che diventano 43 enunciati utili a ribadire la collocazione dell’Azerbaigian sotto il grande ombrello protettivo della Federazione Russa.

È il Cremlino ad avere de facto un ruolo decisivo nelle scelte dell’alleato azero, è la Russia ad avere un peso sugli armamenti di Aliyev, sul conflitto del Nagorno Karabakh, sulle controversie sulle acque del Caspio. Un bacino idrico intercontinentale nel quale i paesi costieri, gli azeri in testa, sfruttano le cospicue risorse di oil & gas mentre i russi predominano sulle acque con la poderosa flotta militare.

All’articolo 27 le parti stringono relazioni ancor più forti in campo economico e principalmente nei settori minerari e delle risorse energetiche, fissando al punto 31 una più intensa cooperazione nello sfruttamento dei campi energetici e nello stesso trasporto di oil & gas.

Il Trans Adriatic Pipeline (TAP) da solo inciderà poco sulla questione energetica in Italia: la storia e gli ultimi eventi fanno ritenere che in un contesto di crisi politica sarà ancora la Russia ad avere voce in capitolo esercitando le opportune pressioni sull’esportazione del gas di Baku.

Nella revisione del Piano energetico nazionale occorrerà sangue freddo, competenza e soprattutto visione, ciò che è sembrato mancare fino ad oggi. Non solo all’Italia. Anche la Germania ha subito un brusco risveglio: la brutale invasione russa ha messo a nudo la mancanza di strategia e di lungimiranza di Berlino. Il paese del cancelliere Olaf Scholz ha da poco annunciato di voler costruire due grandi rigassificatori portuali pronti a ricevere gas naturale dal Qatar o dagli Usa. Anche l’Italia ha l’obbligo di scuotersi e di diversificare, guardando, se possibile, più in là del proprio naso.