Cinema

Monica Vitti, addio all’attrice che è stata la donna assoluta del Novecento italiano

Aveva gli occhi tristi. Morfologicamente tristi. Anche quando rideva di gusto, anche quando cantava spassose canzoncine a doppio senso ospite in tv, anche quando si apriva in quel sorriso che divorava tutto ciò che aveva attorno. Aveva gli occhi tristi e li usava in scena

È difficile trovare nella storia del cinema (tutto il cinema, mica solo quello italiano) un talento completo come quello di Monica Vitti. Dal registro drammatico a quello comico, da Antonioni a Sordi, Monica Vitti ha attraversato tutto lo spettro delle emozioni umane, dei sentimenti, dei disagi, dalle gioie ai dolori, dalle risate sguaiate ai silenzi più laceranti.
Il merito, evidentemente, era di una donna che dentro sé aveva tutto ciò e molto di più. Una bellezza straniante eppure lontana dai prototipi che uscivano dagli stampini di celluloide; una personalità strabordante che univa fragilità e fermezza, ansia e leggerezza. Monica Vitti è stata semplicemente la donna assoluta del Novecento italiano. Una donna che ha saputo raccontare i cambiamenti sociali, culturali e politici di un Paese in subbuglio e lo ha fatto con una naturalezza che rapiva e lasciava increduli. Utilizzando i vecchi criteri di una visione patriarcale del mondo, potremmo dire che la Vitti è stata la versione femminile di Alberto Sordi per la sapienza di tessere sul grande schermo le trame fitte e spesso aggrovigliate del tessuto italiano.

Eppure, Monica Vitti è stata persino qualcosa di diverso e di più alto, pur restando evidente il filo dorato che lega e accomuna questi due grandi nomi del cinema italiano. Monica Vitti ha saputo essere tutto e il suo contrario, ha saputo cambiare registro come nessun altro nella storia cinematografica italiana e come pochissimi altri a livello mondiale. Tutto “merito” di una disperazione di fondo che traspariva anche nelle prove più spassose, nei film più allegri e spensierati. Era una allegria spensierata, quella di Monica Vitti, che sgorgava da un pozzo profondissimo di emozioni e sentimenti. Era viscerale, era spontanea, dava fondo a tutto quello che aveva dentro di sé in ogni film, in ogni prova da attrice. E quella voce rauca, rotta, la aiutava assai in un’impresa titanica che lei faceva sembrare facilissima: mettere in scena l’umanità. Una umanità di volta in volta cialtrona, bugiarda, silenziosa, chiassosa, ermetica o caciarona. Eppure sempre cristallina nella sua manifestazione cinematografica. Aveva gli occhi tristi. Morfologicamente tristi. Anche quando rideva di gusto, anche quando cantava spassose canzoncine a doppio senso ospite in tv, anche quando si apriva in quel sorriso che divorava tutto ciò che aveva attorno. Aveva gli occhi tristi e li usava in scena. Così come usava ogni centimetro quadrato del suo corpo, senza mai risparmiarsi, senza mai tirare i remi in barca accontentandosi di una navigazione in sicurezza che comunque l’avrebbe condotta sana e salva in porto. La recitazione di Monica Vitti poteva essere in sottrazione quando c’era da raccontare l’incomunicabilità o in surplus quando bisognava dare corpo a una umanità sguaiata e disperata, pronta a tutto pur di sopravvivere. Monica Vitti conteneva moltitudini e la sua grandezza sta nell’essere riuscita a mostrare tutto con un talento che non ha avuto, non ha e non avrà mai eguali.