Diritti

Finché Guantanamo resterà aperta, la credibilità degli Usa nei diritti umani sarà compromessa

È il simbolo dell’illegalità e della sospensione dei diritti umani. Degli eccessi degli Stati Uniti dopo l’11 settembre. Noto all’opinione pubblica mondiale per via delle sistematiche violazioni delle Convenzioni di Ginevra. Per il maltrattamento dei prigionieri e la detenzione di sospetti per due decenni per lo più senza accusa.

L’11 gennaio 2022 segna i venti anni da quando i primi detenuti sono stati inviati a Guantánamo Bay, centro di detenzione situato nella base navale statunitense nel sud-est di Cuba. Il campo ha ospitato quasi 800 uomini da quando è stato istituito durante la Guerra Mondiale al Terrore dell’amministrazione di George W. Bush. Un luogo nato quattro mesi dopo l’11 settembre 2001 per detenere i membri dell’organizzazione di Al-Qaeda e i sospetti complici degli autori degli attacchi. Prigionieri ritenuti collegati ad attività terroristiche, catturati in Afghanistan e Pakistan, anche tramite extraordinary rendition.

Molti detenuti, per lo più uomini musulmani, sono stati trattenuti per anni senza accuse, processi o diritti legali fondamentali. Alcuni di loro sono stati torturati nei Black Site, le prigioni segrete della Cia, prima del loro trasferimento a Guantánamo. Sottoposti ad abusi disumani e umilianti tra cui il waterboarding e la privazione del sonno, utilizzati dagli agenti per estorcere informazioni e confessioni ai sospettati di terrorismo. Uomini che ora convivono con problemi cronici di salute e psicologici; con il disturbo da stress post-traumatico. Questi metodi utilizzati a Guantánamo sono diventati rapidamente una questione critica per Washington, accusata di detenzione illegale.

Oggi sono 39 gli uomini rimasti sul sito ma non hanno ancora ricevuto un processo equo e continuano a essere detenuti a tempo indeterminato, in violazione del giusto processo legale. Il processo contro i cinque accusati di partecipazione diretta agli attacchi dell’11 settembre, incluso l’autoproclamato artefice Khalid Sheikh Mohammed, non è nemmeno iniziato.

La maggioranza degli ex detenuti di Guantánamo è stata rimpatriata nei propri paesi d’origine, e circa il venti per cento è finito altrove: l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti, il Regno Unito, la Slovacchia e l’Albania sono stati tra i maggiori paesi ad accoglierli. Ma molti rimangono nel limbo legale, vulnerabili all’espulsione, incapaci di lavorare o riunirsi con le loro famiglie. Come saranno gestiti gli uomini ancora detenuti o dove saranno ospitati? Gli Stati Uniti nel trasferire i detenuti fuori Guantánamo devono trovare degli accordi che garantiscano un trattamento umano dai loro paesi d’origine. Altrimenti fare in modo che un paese terzo accetti di reinsediarli.

Joe Biden era vicepresidente quando Barack Obama ordinò la chiusura di Guantánamo nel gennaio 2009 per processare i prigionieri nei tribunali civili, ma la decisione fu poi sospesa. Il presidente Biden potrebbe ora chiuderlo, adempiendo alla sua promessa durante la campagna elettorale, portando a termine ciò che altre amministrazioni avevano cercato di fare. Per ora però non sembrano esserci grandi progressi e anzi, secondo quanto riportato dal New York Times, sarà ampliato con una nuova aula di tribunale da 4 milioni di dollari da costruire quest’anno che escluderà il pubblico dalla camera. L’ultima mossa verso la segretezza in questa operazione di detenzione in cui il pubblico poteva già vedere ben poco.

Le organizzazioni per i diritti umani chiedono un’azione efficace da parte di Joe Biden e l’immediata chiusura. “Le commissioni militari istituite per processare i detenuti di Guantánamo non hanno garantito agli imputati il diritto a un giusto processo e non hanno fornito giustizia alle vittime e ai sopravvissuti degli attacchi dell’11 settembre 2001” ha dichiarato Amnesty International, sollecitando il presidente degli Stati Uniti a tenere fede al suo impegno di chiudere Guantánamo una volta per tutte. Perché “più a lungo quella prigione resterà aperta, più a lungo la credibilità globale degli Usa nel campo dei diritti umani risulterà compromessa”.

È quindi necessario rinnovare una certa urgenza su questo tema. Fare un passo verso la ricerca di soluzioni per tutti i restanti detenuti a Guantánamo in modo che questo luogo, simbolo di torture e ingiustizie, possa chiudere e possa terminare anche questo capitolo della guerra al terrore consumato in nome della democrazia.