Calcio

Napoli, perché i tre calciatori in quarantena hanno giocato. Ora la Serie A cerca di uscire dal caos: il 12 vertice con Regioni e governo

I vertici del pallone non hanno agito per tempo di fronte a una situazione che era evidentemente critica già dopo Natale, quando il campionato era fermo e ci sarebbe stato tempo e modo per intervenire. Nel giorno della ripresa del campionato, le regole hanno rivelato tutta la loro inadeguatezza. Ora si cerca una soluzione per arginare la confusione causata dall’incertezza delle norme e dalle diverse interpretazioni delle Asl

Partite fantasma, comunicati delle Asl, rinvii destinati a trascinare la disputa dal campo alle stanze dei tribunali. Ma anche giocatori in quarantena che scendono in campo. Nel giorno della ripresa, seppur zoppa, della Serie A, le regole che il calcio si era dato per portare avanti il suo show hanno rivelato tutta la loro inadeguatezza. Così come i vertici del pallone, che non hanno agito per tempo di fronte a una situazione che era evidentemente critica già dopo Natale, quando il campionato era fermo e ci sarebbe stato tempo e modo per intervenire. Ora invece il calcio è ripartito, nel caos più totale. Il primo passo della Lega Serie A è stato quello di adottare un nuovo protocollo, sulla falsariga di quello utilizzato dalla Uefa: le squadre da adesso in poi avranno l’obbligo di scendere in campo a patto di avere 13 giocatori – anche della Primavera – a disposizione, tra cui almeno un portiere. Una pezza, che non servirà a risolvere il vero nodo all’origine della confusione: le decisioni delle aziende sanitarie. Per questo, mercoledì 12 gennaio si terrà una Conferenza Stato-Regioni convocata ad hoc, alla quale parteciperanno anche il ministro della Salute, Roberto Speranza, e il sottosegretario con delega allo Sport, Valentina Vezzali. È l’ultima speranza per uscire da una situazione ormai fuori controllo.

L’ultimo paradosso è andato scena giovedì sera allo Stadium di Torino. Zielinski, Rrahmani e Lobotka sono regolarmente scesi in campo nella sfida tra Juventus e Napoli, terminata sul punteggio di 1 a 1. I tre calciatori dei partenopei, però, erano stati messi in quarantena dall’Asl di Napoli 2 in quanto sprovvisti della terza dose e a contatto con soggetti positivi. Perché hanno giocato comunque? Il protocollo che ha regolato l’attività della Serie A durante la pandemia prevede che per i calciatori valga la cosiddetta “quarantena soft“, introdotta già nel giugno 2020 dalla Figc per permettere che i campionati potessero continuare. Se in squadra risultano uno o più positivi, gli altri giocatori risultati negativi ai tamponi possono continuare ad allenarsi e giocare, rimanendo a casa per il resto del tempo.

È una regola pensata per evitare che un solo caso di positività blocchi le partite e adottata nei campionati sportivi praticamente ovunque. Dopo che il governo ha cambiato le regole per le quarantene, però, l’Asl Napoli 2 ha deciso di intervenire e bloccare i tre giocatori senza la terza dose. Eppure, la quarantena per loro valeva prima come vale oggi. Il Napoli ha deciso quindi si sfidare il provvedimento dell’azienda sanitaria e seguire il protocollo (ma non è chiaro se fosse ancora in vigore), sapendo di rischiare al massimo una sanzione amministrativa. Al di là del merito, però, le decisioni delle Asl hanno sempre superato le regole che si è dato il calcio. Il primo caso riguardò proprio uno Juventus-Napoli dello scorso anno, quando la squadra azzurra non partì verso Torino proprio in seguito a un provvedimento dell’azienda sanitaria. E alla fine ottenne la possibilità di rigiocare la gara.

È il precedente che ha portato al caos odierno. Per la Lega Serie A, che non ha disposto il rinvio di nessuna partita, “resta fermo il convincimento che le decisioni delle varie Asl, per diverse ragioni, siano illegittime“. A tal proposito in via Rosellini filtra “fiducia di poter disputare tutti gli incontri della prossima giornata del 9 gennaio, superando finalmente la confusione generata dai provvedimenti delle Asl”. Al di là della dura presa di posizione della Lega, anche la politica nel frattempo si è mossa per provare ad arginare il caos causato dall’incertezza delle norme e dalle diverse interpretazioni delle Asl territoriali. “Il governo sta lavorando a un’intesa tra le Regioni e la Lega Serie A per stabilire una regolamentazione uniforme, con criteri precisi, in merito alla disputa delle partite e al prosieguo del nostro massimo campionato di calcio nonostante la recrudescenza della pandemia”, ha spiegato giovedì in una nota Mariastella Gelmini, ministro per gli Affari regionali e le autonomie. Il tema verrà trattato mercoledì 12 gennaio durante la Conferenza Stato-Regioni. Sarà la vera chance per il mondo del calcio per tentare di uscire da una situazione surreale.