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Migranti, la proposta Ue che può penalizzare i Paesi di confine: pattugliamenti alle frontiere esterne e nuovi controlli tra Stati membri

La Commissione europea ha presentato ufficialmente la sua proposta per una riforma dei codici Schengen e risponde così alle pressioni migratorie, in special modo al confine con la Bielorussia. Un pieno che rappresenta un passo indietro rispetto al principio della libertà di movimento tra Paesi membri e che rischia di lasciare di nuovo da soli quelli ai confini esterni dell'Ue in caso di nuove emergenze

Maggiori restrizioni ai valichi di frontiera e sulle procedure riguardanti le richieste d’asilo. E soprattutto la possibilità per i Paesi membri di reintrodurre i controlli ai confini interni dell’Ue per un periodo che può durare fino a 2 anni. La Commissione europea presenta ufficialmente la sua proposta per una riforma dei codici Schengen e risponde così alle pressioni migratorie in special modo al confine con la Bielorussia. Una strategia che, se approvata sia dal Parlamento che in sede di Consiglio Ue, rappresenta un passo indietro rispetto alla libertà di movimento interna all’Unione che rischia di penalizzare però i Paesi di primo approdo, tra cui l’Italia, se non sarà affiancata da politiche di redistribuzione e solidarietà europea in tema migratorio.

“La nostra soluzione più permanente e sistemica è l’adozione del nostro Patto per la migrazione e l’asilo – ha dichiarato il vicepresidente della Commissione Ue, Margaritis Schinas, presentando quest’altra proposta – Se otteniamo l’accordo su questo, allora avremo il quadro politico olistico e coeso di cui abbiamo disperatamente bisogno, dando alla Ue una politica migratoria prevedibile e significativa”. “Ora – ha poi concluso – tocca alla presidenza francese” guidare i negoziati in seno al Consiglio Ue nel primo semestre del 2022, “spero che abbiano successo”.

Perché il via libera alla proposta è legato proprio all’ok del Parlamento di Strasburgo e, infine, del Consiglio dei 27 Stati membri che dovranno raccogliere l’unanimità dei consensi. Sarà questo il primo obiettivo di Emmanuel Macron in vista del semestre di presidenza europeo che partirà a gennaio. Proprio il capo dell’Eliseo, nel corso delle sue ultime uscite, compresa quella a Roma per la firma del Trattato del Quirinale, ha manifestato la volontà di spingere per “una maggiore sovranità europea” che deve partire proprio da un maggior controllo dei confini esterni. Non era ancora stata manifestata, però, la volontà di inserire anche maggiori controlli agli spostamenti interni all’Unione. Un fattore che potrebbe non piacere ai Paesi al confine orientale e meridionale dell’Unione, tra cui anche l’Italia, che in caso di emergenza migratoria rischierebbero di ritrovarsi a sostenere da soli il peso dei flussi diretti verso il Vecchio Continente, salvo la volontà delle singole cancellerie di offrire un contributo, come già successo in passato con i cosiddetti Accordi di Malta.

“Abbiamo la responsabilità di garantire che gli Stati membri siano attrezzati per garantire una risposta rapida, coordinata ed europea alle situazioni di crisi, anche quando i migranti sono strumentalizzati“, ha sottolineato Schinas in riferimento a quello che è stato definito un “attacco ibrido” da parte di Minsk che ha spinto migliaia di migranti ai confini con Polonia, Lituania e Lettonia. E ha poi aggiunto che la Commissione Ue sta “introducendo una struttura più permanente nel diritto” che consenta di tipizzare la strumentalizzazione. E questo si traduce in provvedimenti che, in casi eccezionali ma “prevedibili”, concedono a ogni Stato membro di reintrodurre controlli ai confini all’interno dell’area Schengen “per un periodo di massimo due anni”. Il Paese membro deve comunque “giustificare la proporzionalità e necessità della sua azione tenendo in considerazione l’impatto sulla libertà di circolazione”. Un’estensione dei limiti temporali di ben 18 mesi, visto che il regolamento attualmente in vigore prevede un massimo di tempo di 6 mesi entro i quali la situazione alla frontiere deve tornare alla normalità. Ma in caso di eventi “imprevisti”, il Paese membro può agire “unilateralmente” per un periodo limitato ai tre mesi. Inoltre, per quanto riguarda gli eventi prevedibili, lo Stato membro, dopo sei mesi dall’entrata in vigore dei controlli, deve notificare qualsiasi proroga del provvedimento alla Commissione, accompagnandola da una valutazione del rischio. Dopo un periodo di 18 mesi l’esecutivo Ue è chiamato inoltre a esprimere un parere sulla necessità e proporzionalità dell’azione.

Nella proposta elaborata da Palazzo Berlaymont, la Commissione considera i controlli al confine un’ultima ratio che può essere prevenuta con altre misure contenute nel testo elaborato da commissari e funzionari di Bruxelles. Uno su tutti, il rafforzamento del pattugliamento delle forze dell’ordine nelle aree di confine per limitare gli ingressi irregolari, oltre alla stipula di nuovi accordi bilaterali tra Paesi garantendo che saranno “complementari” al Patto di Migrazione e Asilo al quale Bruxelles sta lavorando. Infine, la proposta esamina anche i cosiddetti “attacchi ibridi” assicurando una serie di deroghe ai Paesi che rappresentano il confine esterno dell’Unione. Tra queste, l’aumento della sorveglianza di confine e la riduzione degli accessi di frontiera.

La commissaria per gli Affari Interni dell’Ue, Ylva Johansson, ha dichiarato che, se uno Stato membro dell’area Schengen dispone “controlli ai confini interni” per prevenire movimenti secondari di migranti irregolari, allora la Commissione europea propone “un’opportunità. Se si vogliono eliminare i controlli ai confini interni, allora si può avere come alternativa la cooperazione di polizia” alle frontiere, ottenendo “esattamente lo stesso risultato”, limitando così i danni. Le risponde a distanza il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega agli Affari Europei, Vincenzo Amendola, ricordando che la cooperazione tra le polizie di frontiera per intercettare i migranti irregolari “già avviene, non è un segreto. La vera novità, introdotta tre Consigli europei fa, è la dimensione esterna” delle politiche migratorie Ue, “ma non mi pare che ci siano gli elementi di rischio che erano stati indicati”. “Per la terza volta – continua Amendola – abbiamo posto al Consiglio europeo il tema delle migrazioni. Chiediamo che le scelte fatte di proiezione esterna su questo tema vengano confermate. E chiediamo che dal Seae (il servizio diplomatico Ue, ndr) arrivino piani e risorse per avere una dimensione esterna che ora deve arrivare ad elementi nuovi”. Il sottosegretario si concentra sul fatto che nel testo “l’attivazione dei controlli di confine è dovuta solo a casi emergenziali, che sono specificati e dovuti a fenomeni ben individuati. È una direttiva che negozieremo nel corso dei prossimi mesi, ma non c’è l’allarme per una preponderanza dei movimenti secondari su quelli primari. È evidente che occorre una dimensione esterna e delle buone regole di funzionamento interno. Ma tutti gli elementi della gestione Schengen devono essere concordati”.