Società

Medicina, il consenso informato è centrale: ma fino a che punto deve spingersi l’informazione?

Negli ultimi dieci anni la necessità del consenso informato per gli atti medici è divenuto centrale. Quando affidiamo il nostro bene più prezioso, la salute, a un medico è necessario conoscere quello che ci aspetta con i pro e i contro. A volte però il problema del “fino a che punto debba spingersi questa informazione” pare insolubile.

Un uomo cinquantenne affetto da attacchi di panico chiede a un mio collega/allievo a cui faccio supervisione: come si sviluppa la terapia? Come saranno le sedute? Se per il periodo iniziale devo prendere alcuni farmaci, cosa c’è dentro? Di fronte alle risposte del medico l’uomo si fa incalzante, vuole sapere per filo e per segno cosa succederà. Il mio collega comincia a spazientirsi, cerca di mantenere la calma ma, in cuor suo, vorrebbe non prenderlo in cura, visto che sarà un paziente molto difficile, in quanto già sfiduciato in partenza.

Col mio collega proviamo a ragionare sul fatto che ogni giorno noi dobbiamo fidarci di innumerevoli persone, se vogliamo vivere. Appena ci alziamo dobbiamo aver fiducia nell’ingegnere che ha progettato la casa dove viviamo, in modo da non farla crollare, quando usciamo in auto dobbiamo fidarci del meccanico che ha attuato la manutenzione, del gommista che ha vitato i bulloni. Se andiamo al bar ci dobbiamo fidare di chi ha prodotto il cornetto o del barista che usa un caffè adeguato e non velenoso. Tutta la nostra vita si basa sulla fiducia negli altri. Quando ci fermiamo al semaforo ci fidiamo di chi lo ha regolato e in ascensore di chi lo ha costruito. Se noi volessimo sapere e vedere tutti i calcoli strutturali dell’ingegnere, del manutentore, del meccanico, eccetera, diverremmo matti; saremmo subissati da informazioni che, tra l’altro, non potremmo comprendere pienamente, visto che ci mancano sia gli studi che l’esperienza.

Anche in medicina a un certo punto dobbiamo attuare un atto di fiducia nel medico e nessuna informazione potrà essere talmente capillare da permetterci di prendere una decisione veramente informata per conto nostro. Tra l’altro, in quasi tutte le situazioni mediche esistono pro e contro, effetti collaterali possibili anche se rari, opzioni che si equivalgono sul piano statistico. Al contrario assistiamo al fatto che molte persone, quando presentano una sofferenza, si rivolgono al medico, poi leggono su Internet una serie di articoli pro e contro gli approcci medici e finiscono col consultare siti costruiti ad arte da imbonitori che utilizzano terminologie astruse, mutuate da tradizioni religiose e culturali, per attirare il cliente.

In questo periodo di pandemia assistiamo a dibattiti surreali in cui si chiede a gran voce: cosa c’è dentro al vaccino? Come impatta sul mio sistema immunitario? Cosa succederà nel mio corpo? Che effetti avrò fra 10/20 anni? Si pretende una garanzia, scritta e controfirmata, che non ci saranno problemi. Per misconoscere l’evidente efficacia dei vaccini (calo rilevante in tutti gli studi dei casi, dei ricoverati e decessi) si manipolano i dati, utilizzando non la percentuale, ma il dato assoluto, si scomodano tutte le teorie più strampalate per cavillare e porre dubbi.

Come uscirne? Soprattutto, si può mitigare questo senso di diffidenza generalizzata in cui si vedono complotti da ogni parte?

Dobbiamo sforzarci di capire e non di bollare come brutti, sporchi e cattivi tutti coloro che non la pensano come noi. Occorre comprendere che, quando ognuno di noi si sente in balia degli eventi e incapace di incidere sulla propria vita, emergono meccanismi di difesa psicologici che servono a proteggere lo stato di benessere mentale. Un meccanismo di difesa molto spesso utilizzato è la proiezione, per cui vengono attribuiti agli altri alcuni nostri comportamenti o impulsi nascosti. Possiamo ritenere che il paziente affetto da attacchi di panico, di cui ho parlato all’inizio, trovandosi in uno stato di profondo malessere, utilizzi la proiezione, attribuendo al medico sentimenti ostili che, in realtà, lui stesso coltiva dentro di sé verso il medico.

In sintesi è stato costretto, dal malessere a rivolgersi al medico, ma dentro di sé non vorrebbe farlo, in quanto in tutta la sua vita ha bollato i “malati mentali” come dei deboli e incapaci. Il paradosso è che, proiettando sul medico la sua rabbia e ostilità, determina un sentimento di reazione (che si potrebbe definire inizio di controtransfert), di reale avversione da parte del medico. Si tratta di una profezia che si avvera (sono convinto che il medico sia contro di me, lo tratto male fino al punto che lui sarà realmente aggressivo nei miei confronti).

Anche nel dibattito sempre più acceso e veemente sui vaccini registriamo meccanismi collettivi di proiezione. Parti della società, impaurite e angosciate, proiettano la loro aggressività su altre parti della società, altrettanto piene di angoscia che controbattono con speculare rabbia. Il risultato è un meccanismo paranoide, in cui emerge una escalation di comportamenti aggressivi reciproci. Leggo ad esempio sul giornale che un’insegnate vuole entrare a scuola senza green pass, il preside glielo impedisce, lei urla e minaccia, il preside afferma che la denuncia e chiama la polizia. Pochi giorni dopo gruppi “no vax” irrompono nella scuola a intimidire e urlare, si accende una rissa. Fortunatamente tutto finisce, ma la prossima volta potrebbe scapparci una vera aggressione e, Dio non voglia, un morto.

Come psicologi dobbiamo mettere in evidenza che il sentimento di angoscia, dopo un anno e mezzo di paure, attanaglia tutti noi; il nostro sentirci impotenti e fragili fa sì che le proiezioni delle nostre angosce e della nostra rabbia possano avere il sopravvento, portandoci a reazioni inconsulte. Occorre spiegare il meccanismo e, in questo modo, provare a distendere le tensioni e accettare la nostra fragilità. Solo così potremo affidarci alla classe medica che ci indicherà la soluzione migliore, anche se non perfetta. Se poi un certo numero di persone non accetterà le soluzioni proposte dalla maggior parte dei medici, dovrà comunque accogliere le loro decisioni, senza sentirli come dei nemici. Piuttosto che beccarci come i classici polli di Renzo Tramaglino nei Promessi sposi accettiamo le nostre differenze.