Cronaca

Papa Francesco decapita i vertici dei Memores Domini di Comunione e Liberazione per colpe gravi nella gestione

La scelta, nell’aria da diverso tempo, è stata comunicata dalla Sala Stampa della Santa Sede: il commissario dell'associazione dei consacrati, di cui fa parte anche Roberto Formigoni, sarà monsignor Filippo Santoro, arcivescovo di Taranto. Il braccio di ferro tra Cl e il Vaticano è già in atto da tempo e si tratta soltanto di un primo passo in vista di una revisione di tutta Cl

Papa Francesco commissaria i consacrati di Comunione e Liberazione, il movimento cattolico fondato nel 1954 da don Luigi Giussani, per colpe gravi nella gestione del governo. La scelta, nell’aria da diverso tempo, è stata comunicata dalla Sala Stampa della Santa Sede: “Il Santo Padre Francesco, avendo a cuore l’esperienza dei Memores Domini e riconoscendone nel carisma una manifestazione della grazia di Dio, ha disposto un cambiamento nella conduzione dell’associazione, nominando suo delegato speciale monsignor Filippo Santoro, arcivescovo di Taranto. Il delegato speciale, a far data dal 25 settembre 2021, assumerà temporaneamente, ad nutum della Sede Apostolica, con pieni poteri, il governo dell’associazione, al fine di custodirne il carisma e preservare l’unità dei membri. Simultaneamente, decade l’attuale governo generale dell’associazione. Il Dicastero per i laici, la famiglia e la vita ha nominato padre Gianfranco Ghirlanda assistente pontificio per le questioni canoniche relative alla medesima associazione”.

Il provvedimento papale è stato notificato ad Antonella Frongillo, presidente uscente dei Memores Domini, di cui fanno parte anche Roberto Formigoni e le quattro consacrate che assistono il Papa emerito Benedetto XVI e vivono con lui nel Monastero Mater Ecclesiae in Vaticano. Una decapitazione in piena regola per il ramo più importante del movimento guidato dal 2005, ovvero subito dopo la morte di don Giussani, da don Julián Carrón. Anche lui sarà costretto a lasciare a breve la guida di Cl a seguito del recente decreto del Dicastero per i laici, la famiglia e la vita, presieduto dal cardinale Kevin Joseph Farrell, che ha stabilito che i presidenti dei movimenti ecclesiali non possono restare in carica oltre dieci anni. Carrón, che è stato riconfermato alla guida di Comunione e liberazione nel 2008, nel 2014 e nel 2020 per un nuovo mandato di altri sei anni, stando alle nuove norme, sarà costretto a lasciare la carica entro settembre 2023.

Ma il braccio di ferro tra Cl e il Vaticano è già in atto da tempo. Subito dopo la pubblicazione del decreto del Dicastero per i laici, la famiglia e la vita che ha messo fine alle presidenze a vita dei movimenti ecclesiali, Carrón ha prima dato la sua “piena disponibilità a dare seguito a quanto richiesto”. Poi, però, lo scenario è cambiato ed è iniziato lo scontro con la Santa Sede. Il 16 settembre scorso Carrón e Frongillo non si sono presentati all’incontro dei vertici dei movimenti ecclesiali con il Papa organizzato dal Dicastero per i laici, la famiglia e la vita. Al suo posto, Carrón ha mandato il vicepresidente di Cl, Davide Prosperi.

Un’assenza che non è di certo passata inosservata agli occhi di Bergoglio e del cardinale Farrell e che ha segnato maggiormente e pubblicamente la frattura tra la Comunione e liberazione e il Vaticano. Da qui la decisione di Francesco di commissariare i Memores Domini e di verificare l’intera governance di Cl. La scelta del Papa è caduta su monsignor Santoro che appartiene al movimento fondato da don Giussani, anche se all’interno viene da sempre considerato una figura abbastanza periferica. Si tratta soltanto di un primo passo in vista di una revisione di tutta Cl, realtà di cui fa parte anche il cardinale Angelo Scola che nel conclave del 2013 sfidò Bergoglio nell’ascesa al papato. Il porporato, arcivescovo emerito di Milano, il 7 novembre prossimo compirà 80 anni e perderà il diritto di voto in un eventuale conclave.

Proprio nell’incontro con i vertici dei movimenti ecclesiali snobbato da Carrón e Frongillo, il Papa ha sottolineato che “cadiamo nella trappola della slealtà quando ci presentiamo agli altri come gli unici interpreti del carisma, gli unici eredi della nostra associazione o movimento; oppure quando, ritenendoci indispensabili, facciamo di tutto per ricoprire incarichi a vita; o ancora quando pretendiamo di decidere a priori chi debba essere il nostro successore. Questo succede? Sì, succede. E più spesso di quello che crediamo. Nessuno è padrone dei doni ricevuti per il bene della Chiesa, siamo amministratori, nessuno deve soffocarli, ma lasciarli crescere, con me o con quello che viene dopo di me. Ciascuno, laddove è posto dal Signore, è chiamato a farli crescere, a farli fruttificare, fiducioso nel fatto che è Dio che opera tutto in tutti e che il nostro vero bene fruttifica nella comunione ecclesiale”.

Ricevendo i membri di Cl nel 2015 in piazza San Pietro, Francesco affermò: “Uscire significa anche respingere l’autoreferenzialità, in tutte le sue forme, significa saper ascoltare chi non è come noi, imparando da tutti, con umiltà sincera. Quando siamo schiavi dell’autoreferenzialità finiamo per coltivare una ‘spiritualità di etichetta’: ‘Io sono Cl’. Questa è l’etichetta. E poi cadiamo nelle mille trappole che ci offre il compiacimento autoreferenziale, quel guardarci allo specchio che ci porta a disorientarci e a trasformarci in meri impresari di una Ong”. Parole che non furono per nulla apprezzate dal movimento di don Giussani, come ora non è stato ovviamente gradito il commissariamento.

Twitter: @FrancescoGrana