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L’accordo sull’esportazioni di gas dall’Egitto al Libano presenta dei rischi, ma è un passo avanti

La scorsa settimana è stato siglato un accordo che prevede la ripresa delle esportazioni di gas naturale dall’Egitto al Libano tramite l’Arab Gas Pipeline, che si estende dall’Egitto attraverso la Giordania e la Siria fino al Libano. I ministri dell’Energia dei quattro Paesi si sono incontrati durante una riunione ufficiale ad Amman per raggiungere l’accordo, che promette non solo di risolvere parte della grave carenza energetica del Libano, ma rappresenta anche un’opportunità sia per la Giordania sia per la Siria.

Sono però molti gli interrogativi sulla probabilità di successo di questo progetto, in particolare sulla necessità di stabilità e cooperazione per la sicurezza, che richiederà anche una collaborazione più estesa e un impegno politico allargato.

In una visione ancora più ampia, la regione potrebbe non essere pronta per un progetto di questa portata, che richiede un elevato livello di cooperazione. Tuttavia, è oggi fondamentale avviare iniziative di questo tipo. La protezione del gasdotto è una delle questioni più impegnative per garantirne il successo, in quanto il gasdotto stesso potrebbe essere soggetto ad attacchi o sabotaggi della fornitura. Quindi, è rilevante capire le posizioni di tutti coloro che sono presenti sul campo, inclusi Iran e Russia in Siria, e Hezbollah in Libano. Si potrebbe facilmente sviluppare una competizione simbolica mentre gli Stati Uniti danno il via libera al progetto e gli iraniani insistono nell’inviare rifornimenti di carburante via nave in Libano.

La continua fattibilità di questo ambizioso progetto dipenderà sempre dagli sviluppi regionali. Sono presenti rischi basati sulla situazione interna in Siria, nonché quelli per la sicurezza legati alla repressione in Libano. Indirettamente, persistono elementi di rischio anche intorno alla situazione in Iraq, dove Daesh sta potenziando le proprie capacità e aumentando la frequenza degli attacchi, uniti al rischio di un cambiamento politico nelle prossime elezioni che potrebbe anche complicare le cose.

L’altro grande fattore di incertezza è il nuovo governo in Israele, che risulta essere al momento fragile, e la possibilità di un rinnovato conflitto o con Hezbollah in Libano o di nuovo con Hamas. L’aumento delle tensioni con entrambi potrebbe creare instabilità o problemi politici che potrebbero persino portare alla caduta del governo Bennett. Inoltre, c’è ancora il pericolo crescente di attacchi terroristici in Egitto e nelle sue infrastrutture del gas.

Indipendentemente dal fatto che questo progetto inizi immediatamente o in futuro, rappresenta comunque una chiara indicazione di nuovi sviluppi e interesse per la Siria. Oltre agli innegabili vantaggi economici per quest’ultima, è anche un importante passo avanti politico nel riconnettersi a livello ufficiale con i paesi arabi, il che suggerisce che qualsiasi divieto o restrizione all’impegno ufficiale con la Siria si stia allentando. Potrebbe essere il primo passo verso la normalizzazione politica dell’impegno arabo e siriano e portare a diverse nuove iniziative e progetti.

Anche se questo progetto progredisce lentamente, nuove possibilità di impegno politico creano più opportunità per costruire soluzioni durature per la crisi siriana e hanno il potenziale per contenere i danni della catastrofica crisi interna libanese.