Ambiente & Veleni

Bonelli furente con Cingolani: “Offensivo con gli ambientalisti. Ma parlava dal palco di Renzi: fa capire quali interessi difende. Anche Draghi pensa quelle cose?”

INTERVISTA - Il co-coordinazione di Europa Verde: "L'obiettivo del ministro non è certo la lotta al cambiamento climatico, ma difendere ciò che interessa ai grandi gruppi industriali, come Eni. E' lui l'esecutore della strategia del 'freno a mano' nella transizione". E a Conte e Pd dice: "Come si può sostenere un governo che su temi così ha questa impostazione inaccettabile?"

“Esternazioni incontrollate e scandalose contro gli ambientalisti. Senza alcun rispetto per chi, nel nostro Paese, ha condotto battaglie anche contro la criminalità organizzata finendo anche sotto scorta”. Dopo le parole del ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, secondo cui “il mondo è pieno di ambientalisti radical chic e oltranzisti”, definiti – tra l’altro nel corso di un evento un organizzato da Italia viva – “peggio della catastrofe climatica verso la quale andiamo sparati”, è furente la reazione del coordinatore nazionale dei Verdi Angelo Bonelli, attivista ambientalista da oltre trent’anni e da una dozzina alla guida del partito ecologista, che ora chiede a Mario Draghi di prendere posizione. “Sarebbe opportuno che il presidente del Consiglio spiegasse al Paese se le posizioni di Cingolani sono anche le sue” dice a ilfattoquotidiano.it.

Nel frattempo, però, una mossa l’ha fatta il presidente del M5s Giuseppe Conte, annunciando un incontro, per il 14 settembre, con il ministro della Transizione Ecologica finalizzato a un chiarimento “sui progetti e le politiche per l’ambiente e la transizione ecologica”, proprio alla luce delle dichiarazioni. Ma ormai la frittata è fatta. “Mai ministro della Repubblica si è espresso con questi termini offensivi. È stato sconsiderato. Il problema – rilancia Bonelli – non è la ‘transizione ecologica’ che, a suo dire, potrebbe essere ‘un bagno di sangue’, ma è proprio Cingolani”.

Coordinatore Bonelli, come bisogna interpretare il fatto che l’attacco agli attivisti sia arrivato dal palco della Scuola di formazione di Matteo Renzi, durante un convegno di Italia Viva?
È l’esplicitazione di chi è il regista dell’operazione che ha portato Roberto Cingolani nel governo e di quali interessi rappresenta. L’obiettivo non è certo la lotta al cambiamento climatico, ma il tentativo di difendere gli interessi di grandi gruppi industriali che vedono nella transizione ecologica un pericolo. Come Eni che, anche dopo il 2050, vuole continuare a estrarre idrocarburi. Perseguendo questo fine, Cingolani è l’esecutore della strategia del “freno a mano” nella transizione.

Di certo il fisico e manager alla guida del ministero della Transizione economica ha creato più di un malumore nel Movimento 5 Stelle, tanto che già a luglio Conte aveva dovuto rinnovare pubblicamente la sua fiducia nei confronti di Cingolani. Cosa farà questa volta?
Dubito che Conte abbia intenzione di creare una rottura, però mi chiedo come si possa sostenere un governo che su temi sociali e strategici ha un’impostazione davvero inaccettabile. Quando Silvio Berlusconi ha parlato dello stretto di Messina, i dem si sono scagliati contro il progetto. Oggi nulla davanti agli annunci sullo studio di fattibilità. Anche il silenzio attorno a queste ultime e gravissime dichiarazioni di Cingolani mi fa paura. Vedo una sorta di omologazione di osservazione che non mi piace per nulla.

Cingolani chiede di guardare i numeri. Tra l’altro, Renzi non si è lasciato scappare l’occasione, ironizzando sul prossimo incontro con Conte: “Speriamo che Conte abbia la possibilità di imparare qualcosa di nuovo”. Ma gli scontri di questi mesi con gli ambientalisti sono avvenuti su più fronti e anche sui numeri. Trivelle, inceneritori, plastica monouso, conversione all’elettrico delle auto supersportive.
Su tutto ciò che riguarda la transizione è in atto una strategia di paura, cosa che non avviene in altri Paesi. Un esempio lampante è quello dell’auto elettrica. Cingolani parla di “migliaia di famiglie sul lastrico” e della fine della Motor Valley, il distretto industriale dell’Emilia-Romagna, ma in altri paesi non sono questi i messaggi che si danno. Tra l’altro, i segnali che arrivano dall’Italia e dall’estero sono tutt’altro che negativi in termini di investimenti e vendite.

Lei chiede a Draghi una presa di posizione. Che, a questo punto, significa chiarire anche cosa si intendesse il premier con la sua promessa di un “governo ambientalista”. Renzi invita Cingolani a mostrare le slide a Conte. Non sarebbe più opportuno guardare i numeri del Pnrr?
Il Piano nazionale di Ripresa e Resilienza va nella stessa direzione. Penso al disastro del trasporto pubblico: l’Italia ha 5 chilometri di rete di trasporto pubblico attrezzata per milione di abitanti, la Germania ne ha 23; solo la città di Madrid ha 230 chilometri di metropolitana, mentre tutto il nostro territorio nazionale non arriva a 227. Con il Pnrr si è deciso di non investire nei treni regionali, prevedendo la sostituzione di appena l’11% dei 456 convogli regionali (52 convogli) e della stessa percentuale di autobus (44mila circa in totale, che in media hanno trent’anni). Ecco, questo avrebbe dovuto fare il Governo ma non è stato fatto.

Il ministro è tornato a parlare anche del nucleare. Già a maggio, avevano provocato la reazione dei Verdi alcune dichiarazioni sui mini reattori a fissione generalmente utilizzati nelle grandi navi in un’intervista al Foglio, nel corso della quale Cingolani ha definito il nucleare a fusione “un’opzione da sogno”. In queste ore Umberto Minopoli, presidente dell’Associazione italiana nucleare, ha detto che quelle di Cingolani sono parole di buon senso.
Cingolani parla del nucleare di quarta generazione, quando abbiamo davanti i fallimenti delle centrali di terza generazione, con tecnologia francese EPR, in Francia (Flamanville) e in Finlandia (Olkiluoto). Sarebbero dovute entrare in funzione circa sei anni fa. Solo che i costi previsti (circa 5 miliardi di euro, ndr) nel frattempo sono più che quadruplicati. Tutto questo senza considerare il problema delle scorie, con cui l’Italia, che ha bocciato il nucleare con due referendum, deve ancora fare i conti. Noi dobbiamo rendere l’Italia, il Paese del sole, rinnovabile al 100 per cento, ma non riusciremo di questo passo neppure ad arrivare al taglio del 55% di CO2, mentre il ministro autorizza”.

Eppure Cingolani, proprio al convegno organizzato da Italia Viva e partendo dai dati dell’ultimo rapporto dell’Ipcc, ha parlato degli effetti dei cambiamenti climatici nel nostro Paese. “Di questo passo – ha detto – fra 60 anni non avremo più città costiere in Italia, saranno tutte sott’acqua”.
Parliamo dello stesso ministro che ha attaccato il piano europeo Fit for 55, che mira a raggiungere quel taglio del 55% delle emissioni prevedendo, tra le altre cose, che a partire dal 2035 non vengano più immatricolate auto a motore termico. E non mi sembra che alla guida dell’Ue vi siano ambientalisti oltranzisti. Tra l’altro, il ministro Cingolani ha a disposizione strumenti economici e finanziari per aumentare gli incentivi per le fasce sociali più deboli, affinché nessuno resti indietro. Il problema è che l’obiettivo è proprio quello di rallentare la transizione.