Diritti

Dopo le proteste sul green pass, dilaga l’hashtag #HIVpass: l’omofobia di questo Paese non ha limiti

È vero che si sta(va) discutendo aspramente sul ddl Zan, e quindi era normale che molti omofobi saltassero fuori a rivendicare una loro presunta superiorità morale. È vero anche che si sta discutendo molto di green pass, di obbligatorietà dei vaccini, di obbligatorietà del pass stesso eccetera eccetera. Senza dubbio lo scontro si è politicizzato, e siccome in Italia la politica assomiglia molto a una eterna partita di calcio (con la differenza che il tifo e il trasporto sono molto meno intensi) torniamo al solito vecchio copione delle fazioni contrapposte, estremizzate e convintissime di essere dalla parte della ragione.

In questo dibattito polarizzato non si tiene mai conto delle ampie zone grigie nel mezzo, a cui di solito appartiene una buona fetta di italiani che non ha bisogno di urlare la propria opinione sui social o in piazza per convincere sé e gli altri.

Questa premessa era necessaria per introdurre il tema di questo post, che è il seguente: su Twitter sta avendo un discreto successo l’hashtag #HIVpass. Inaugurata sulla scia delle proteste di cui sopra e sulle uscite social del leghista Claudio Borghi, la magica parolina è assurta a nuova battaglia dei contrari al green pass, che non accettando il certificato verde hanno deciso di vomitare sui social la loro omofobia. La logica sarebbe questa: se io non posso avere accesso a certi luoghi o prendere parte ad alcune attività, perché privo di green pass in quanto privo di vaccinazione, tu sieropositivo, comunque vittima di una pandemia, non puoi mescolarti con me. Non puoi venire a cena dove io pasteggio con la mia famiglia, non puoi prendere i mezzi sedendoti vicino a persone sieronegative, non puoi – insomma – avere a che fare col sottoscritto.

Ora, è difficile cercare di sbrogliare il gomitolo di omofobia, senso di superiorità, ignoranza e malafede che trasuda da questi tweet. Epperò qualcuno lo deve pur fare, perché per quanto a certe affermazioni non si dovrebbe dare peso il rischio è che attecchiscano. E, se non fermate in tempo, che dilaghino.

Iniziamo dal fatto che il coronavirus non si diffonde come l’Hiv. Ovvero, se i coronavirus (non solo Sars-CoV-2) si propagano tramite le goccioline di saliva, l’Hiv ha bisogno di un contatto diretto con i liquidi sessuali o con il sangue della persona infetta. È sicuro baciare una persona Hiv+; con un Covid+ direi che è meglio evitare.

Parlando invece di progressi della scienza, in questi mesi abbiamo avuto la prova che i passi da gigante ci sono stati e molti. Con il Covid abbiamo assistito allo sviluppo di un vaccino nel giro di poco tempo: un vero miracolo. Certo, non è una cura, ma tant’è. Con l’Hiv, virus terribilmente più subdolo, la questione è ben peggiore: una volta accertata la sieropositività si entra in un protocollo di cure che prevedono (la faccio breve) l’assunzione di una o più pasticche nel corso della giornata, in modo da fermare l’avanzata del virus ed evitare che la sua diffusione nel corpo possa poi portare alla malattia conclamata, ovvero l’Aids. La qualità e la speranza di vita restano le stesse.

Non scendo poi nell’agone politico, perché penso che in questi casi la Politica, quella vera, abbia poca attinenza. Qui si tratta al massimo di affidare le proprie battaglie a gruppi di persone che attirano l’attenzione grazie all’incitamento all’odio e alla violenza, facendo di tutta l’erba un fascio (mai parola fu più azzeccata) e buttando alle ortiche quel che di sensato (poco) può ancora trovarsi in certi ragionamenti, soprattutto se si decide di protestare scendendo in piazza assembrati e senza mascherina.

Quello che mi delude davvero è invece il clima di guerra tra poveri. Buttarla in caciara insultando chi reputi in una posizione peggiore della tua non farà di te un eroe; e soprattutto non farà guadagnare ragione alla tua battaglia. Sono sempre dell’idea che quando questo tipo di disagio viene esternato in maniera tanto plateale allora abbia bisogno di essere ascoltato e compreso, anche se non per forza giustificato. Ma davanti a certe bassezze il dibattito viene inquinato alla radice. Ad ogni modo è curioso che chi è contrario ai diritti Lgbt evochi poi il rischio di regime quando la propria libertà è a rischio limitazioni.

Intanto, mentre aspetto un green pass anche per accedere ai social, raccolgo un po’ di materiale. Non sia mai che si dica che questo Paese è sotto dittatura: la libertà di espressione è – sarcasticamente dico ‘anche troppo’ – garantita.