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Sui finanziamenti alla Guardia costiera libica pesano divisioni politiche e interessi economici

La Camera dei deputati ha approvato la risoluzione di maggioranza che autorizza le missioni militari all’estero. Sulla questione libica è arrivato l’ok alla proposta voluta dal segretario del Pd, Enrico Letta, e presentata dai deputati Lia Quartapelle ed Enrico Borghi, che intende affidare le gestione dei rapporti alla missione Ue Irini. Quest’ultima è la prosecuzione della controversa Operazione Sophia e ha come obiettivo primario quello di far rispettare l’embargo dell’Onu sulla fornitura di armi alla Libia (quindi il divieto di vendere armi al paese). Come obiettivo secondario avrebbe anche quello di addestrare la Guardia costiera libica. Respinta la risoluzione di una trentina di deputati, a prima firma di Erasmo Palazzotto (LeU) che chiedeva lo stop al sostegno dei guardiacoste libici.

L’Oxford Committee for Famine Relief (Oxfam), una confederazione internazionale di organizzazioni non profit, ha chiesto all’Italia di smettere di finanziare la Guardia costiera libica, sottolineando la necessità di un cambio di approccio con la gestione diretta dei flussi migratori. In un appello, Oxfam, aveva chiesto al governo italiano di bloccare i fondi a favore della Guardia costiera dello Stato nordafricano.

Secondo l’Ong, il governo ha deciso di stanziare ulteriori 500mila euro nel 2021 per sostenere le attività della guardia costiera, per un totale di 32,6 milioni di euro spesi dal 2017, anno dell’accordo tra Italia e Libia. Secondo Paolo Pezzati policy advisor di Oxfam Italia si va avanti nella stessa direzione, in un Paese dove l’industria del contrabbando e della tratta “è stata in parte trasformata in una ‘industria della detenzione’ con soprusi e violenze ormai note a tutti, anche grazie a questo considerevole flusso di denaro”. Per Amnesty International nei primi sei mesi di quest’anno, più di settemila persone recuperate in mare sono state rimandate con la forza nei centri libici, dove i migranti “affrontano torture e altri maltrattamenti, condizioni di detenzione crudeli e disumane, estorsioni e lavori forzati”.

Dati alla mano, quasi 15mila migranti illegali sono stati intercettati dalla Guardia costiera di Tripoli e riportati sulle coste libiche dall’inizio dell’anno al 26 giugno 2021: un numero record che da un lato mostra la crescente efficienza delle forze navali libiche addestrate soprattutto dall’Italia ma anche, da alcuni mesi, dalla Marina turca e dall’altro conferma come il numero di clandestini giunti via mare in Italia quest’anno, circa 21mila, sarebbe oggi di almeno 36mila senza l’intervento delle motovedette di Tripoli. L’aumento del sostegno italiano alla Guardia costiera libica passerà quindi dai 10milioni del 2020 ai 10,5 del 2021, la cifra più alta stanziata finora. La collaborazione si basa sul memorandum d’intesa che, dal 2017, vede Roma sostenere con motovedette, denaro, addestramento e supporto tecnico la Guardia costiera di Tripoli. Una cinquantina le persone impiegate complessivamente per la missione.

L’Italia, si legge nella relazione, partecipa con 40 unità (nel 2020 erano 39) di personale della Guardia di Finanza e nove dell’Arma dei Carabinieri (lo scorso anno erano otto). Nello specifico, ai finanzieri italiani viene assegnato il compito di effettuare “supporto tecnico” alle navi libiche e quello di addestramento del personale “anche mediante la costituzione di una mini Scuola nautica in Libia”.

Il governo italiano ha annunciato tra l’altro anche dei corridoi umanitari per 500 persone chiedendo ai libici di chiudere i centri di detenzione, alcuni dei quali non ufficiali. Sui corridoi Roma è isolata in Europa e Tripoli fa orecchie da mercante. Del resto, l’Italia con la Libia ha avuto da sempre un solido rapporto, soprattutto dal lato economico, più forte sicuramente rispetto a quello migratorio. I diversi operatori economici italiani operanti in Libia a cominciare dall’Eni per finire a Leonardo e Fincantieri sanno come fare business.

Il premier libico, Abdellhamid Deibah, ha chiesto l’aiuto italiano per ricostruire ospedali, scuole e le infrastrutture petrolifere. La Libia vuole tornare ad estrarre tre-quattro milioni di barili giornalieri. Il premier Draghi ha subito accolto la richiesta. Per il resto bisognerà attendere il voto di dicembre.