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Vaccino Covid, il dilemma della terza dose. Fauci: “Non penso sia necessaria”. L’Oms: “Gran parte del mondo in attesa della prima”

"Se la solidarietà non funziona, c'è solo una parola per spiegare il prolungarsi dell’agonia di questo mondo ancora in ostaggio del virus: è avidità", ha detto Tedros Adhanom Ghebreyesus

La terza dose del vaccino anti Covid sta diventando un dibattito non solo scientifico. La necessità o l’opportunità di procedere al booster è al momento controverso. All’annunciata richiesta di autorizzazione da parte di Pfizer-Biontech alle autorità regolatorie Fda, Cdc in Usa e Commissione europea per il momento hanno replicato che al momento non è il caso di considerarla. Intanto diversi studi ipotizzano una lunga durata dell’immunità sia naturale sia indotta.

Sul punto si è espresso anche Anthony Fauci, direttore dell’Istituto nazionale per la ricerca sulle malattie infettive degli Stati Uniti (Niaid) e consigliere della Casa Bianca. “In base ai dati disponibili. al momento Fda e Cdc non pensano che sia necessaria una terza dose” ha dichiarato alla Cnn Anthony Fauci, dl’immunologo dopo un incontro tra gli esperti istituzionali statunitensi e l’azienda Pfizer. “Questo non vuol dire che le cose non possano cambiare. Prima o poi – ha aggiunto – potremmo aver bisogno di un ‘booster’ per tutti o per alcuni gruppi selezionati, come gli anziani o le persone con patologie preesistenti”.

Soddisfatta l’azienda del meeting, che è durato circa un’ora: “Abbiamo avuto un incontro produttivo sui nostri progetti di ricerca – rileva la Pfizer in un comunicato – e sui risultati preliminari dei nostri test clinici sul ‘booster’. Sia Pfizer che il governo Usa condividono la necessità di rimanere un passo avanti al virus, e siamo stati d’accordo anche sul fatto che i dati scientifici guideranno i prossimi passi nel rigoroso processo regolatorio che abbiamo sempre seguito”. Il dibattito sulla terza dose si è intensificato la scorsa settimana, quando la Pfizer ha affermato di avere dati provenienti da Israele che mostrano che l’efficacia del vaccino diminuisce nel tempo e che sarebbe necessario un ulteriore richiamo tra sei mesi e un anno dopo le prime due somministrazioni. Fda e Cdc hanno risposto a questa affermazione con un comunicato congiunto in cui affermavano che al momento non c’è nessuna evidenza di questa necessità.

La questione non è solo scientifica ma etica. Il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della Sanità Tedros Adhanom Ghebreyesus punta il dito contro i Paesi ricchi che già pensano all’iniezione di una terza dose la cui necessità- dice – è tutt’altro che scientificamente provata, mentre gran parte del mondo è ancora in attesa del suo primo vaccino. “Se la solidarietà non funziona, c’è solo una parola per spiegare il prolungarsi dell’agonia di questo mondo ancora in ostaggio del virus: è avidità“, ha detto Ghebreyesus a margine della conferenza stampa periodica dell’Oms a Ginevra. Le consegne dei vaccini – ha detto amareggiato – sono ‘inique e irregolari”. “Alcuni Paesi stanno ordinando milioni di dosi di richiamo mentre altri non sono stati in grado di immunizzare i loro operatori sanitari e le parti più vulnerabili della loro popolazione”, ha denunciato. Il direttore dell’Oms e i suoi vice hanno criticato a lungo i Paesi e le aziende che già firmano questi contratti per le terze dosi come il gruppo Pfizer/BioNTech, che ha raccomandato una terza dose del suo vaccino per renderlo più efficace a fronte del dilagare della variante Delta che sta causando nuove ondate pandemiche in Asia e in Africa e aumentando il numero di casi in Europa e negli Stati Uniti.

“Ad oggi non abbiamo evidenza di quanto duri la risposta immunitaria alla vaccinazione contro il Sars-Cov-2. Di qui l’incertezza rispetto alla somministrazione di una terza dose. Quello che è importante, però, è farci trovare preparati”, perché “la preparedness deve essere stella polare che deve orientare le politiche del Paese per far sì che non si verifichino più le condizioni che abbiamo visto nella primavera 2020 dice Franco Locatelli, coordinatore del Comitato Tecnico scientifico (Cts) e presidente del Consiglio Superiore della Sanità (Css) durante l’evento digitale “Life Sciences Pharma & Biotech Summit”, organizzato dal Sole 24 Ore.
“Farsi trovare pronti – ha aggiunto Locatelli – significa rendere disponibili nel Paese anche eventuali dosi che potrebbero servire per la terza somministrazione”. Da questo punto di vista, ha ricordato “l’Italia si è assicurata per il 2022-23 qualcosa come 100.000 milioni di dosi di vaccino a mRna e questo la dice lunga sulla capacità di poter gestire la necessità di una terza dose o anche di eventuali richiami annuali“. Ma per Locatelli, “serve anche creare una struttura di ricerca e sviluppo di vaccini che potrebbe avere una valenza geopolitica perché i vaccini sviluppati nel nostro Paese potrebbero aiutare affrontare globalmente l’emergenza pandemica internazionale”.
Inoltre, “dotare un Paese di strutture in grado di sviluppare vaccini è assolutamente fondamentale e imprescindibile, tanto più considerando la storia di assoluto rilievo della ricerca italiana nel settore della vaccinologia“.