Cultura

‘La combattente’ di Stefania Nardini: la storia di una donna che non si arrende mai

Il giornalismo investigativo e la ricerca delle verità, le lotte e il sogno di un mondo migliore contro i potenti e i prepotenti, la voglia di vivere e di sorridere alla vita. Ecco i tratti distintivi di Angelita, la protagonista del nuovo romanzo di Stefania Nardini, La combattente, Edizioni e/o, la storia di una donna che – semplicemente – non si arrende mai.

Non si arrendeva quando, giovane cronista, doveva descrivere la follia dei manicomi-lager prima della legge Basaglia; non si arrende, anni dopo, quando nel suo casale (la “grande casa”) è rimasta sola: Fabrizio, il compagno di una vita, è morto di cancro, e il figlio Marco sta crescendo lontano, ed è giusto che sia così. Nella “grande casa”, tra ulivi, libri, una gatta e solitudine, Angelita si sente persa. Per sopravvivere è arrivata al punto di vendere i gioielli. “La terra era già fango e me ne stavo là, circondata dagli ulivi, ad affogare il mio dolore nel cielo tempestoso. Le prime gocce sulle palpebre mi colpivano. Mi punivano. Stavo espiando la colpa di essere sopravvissuta.”

Ma ecco che nella vicenda privata s’intreccia un pezzo di storia: in cantina, ben nascosti, Angelita trova per caso dei segreti del passato di Fabrizio. Segreti che riportano alla lotta armata degli anni Settanta/Ottanta. Angelita vuole sapere. Purtroppo Fabrizio è morto, non può risponderle. Del resto su quegli anni ci sono tante domande e poche risposte. La memoria storica della sinistra li ha archiviati, appunto, in tante cantine – simbolo di un periodo da dimenticare. Angelita rifiuta questa logica, e si mette a scavare e a rincorrere un pezzo del passato di Fabrizio che è, anche, un pezzo di storia.

Un romanzo complesso, dai mille colori: il nero della solitudine, il grigio macchiato di sangue e di mistero degli anni di piombo, il sole e il colore del mare. Ed è un romanzo che profuma di Francia. La scrittura della Nardini, secca, asciutta, rimanda a quella di Jean Claude Izzo (un richiamo costante nella narrativa dell’autrice) mentre Marsiglia diventa il luogo della palingenesi, della vita nuova: “Accarezzavo sempre più l’idea di andarmene. Di andare a Marsiglia. Una fuga? No, piuttosto il desiderio di respirare, di mettere una distanza tra me e la grande casa.”

Stefania Nardini vive tra Roma e Marsiglia. Come giornalista ha lavorato per Il Messaggero e per Il Mattino firmando pezzi sulla camorra. Insieme al marito, il noto e indimenticato giornalista Ciro Paglia (scomparso nel 2013) ha vissuto per anni in un grande casale, a Bettona, in Umbria. Ha pubblicato: Roma nascosta (con Fabio Martini, Newton Compton 1984); Matrioska (Tullio Pironti Editore 2001); Gli scheletri di via Duomo (Tullio Pironti Editore 2008); Alcazar, ultimo spettacolo (Edizioni e/o 2013), Jean Claude Izzo, storia di un marsigliese (Edizioni e/o 2015).