Cronaca

La Cassazione gli sequestra lo stabilimento balneare: “Viola la Bolkestein”: Lui denuncia tutti i 17mila colleghi: “Lo fanno pure loro”

Nel marzo del 2019 la Suprema corte ha sequestrato i Bagni Liggia di Genova perché la normativa italiana che proroga le concessioni è contraria alla direttiva europea e dunque non può valere. Un principio che è teoricamente applicabile anche a tutte le altre 17.954 concessioni demaniali marittime italiane: e infatti Claudio Galli, gestore dei Bagni Liggia, ha presentato una denuncia contro tutti i colleghi

I 17.594 titolari di concessioni demaniali marittime italiane hanno da tempo aperto sdraio e ombrelloni per assicurarsi una stagione migliore della precedente. Lo hanno potuto fare grazie ad una proroga delle concessioni scadute, confermata dal Decreto Rilancio del 2020, che è costata all’Italia l’arrivo di una nuova lettera di messa in mora della Commissione Europea per il mancato rispetto della Direttiva Bolkestein, che obbliga a bandire gare per concedere beni pubblici come le spiagge nazionali.

Un caso giudiziario iniziato tre anni fa potrebbe però cambiare la situazione, benché per ora abbia generato effetti solo su uno stabilimento. Si tratta dei Bagni Liggia di Genova, sequestrati perché la normativa italiana che proroga le concessioni è contraria alla direttiva europea e dunque non può valere. A sancirlo è stata la Corte di Cassazione nel marzo 2019 e pochi giorni fa il titolare dei Bagni Liggia, Claudio Galli, si è visto confermare l’effetto di questa sentenza dal Tribunale di Genova: il tratto di mare dove voleva riaprire gli ombrelloni non può essere dissequestrato. E siccome è l’unico ad aver subito questo trattamento nonostante il principio della sentenza sia teoricamente applicabile alle 17.954 concessioni demaniali marittime italiane, Galli ha presentato una denuncia contro tutti i colleghi. “Mi sono detto: che peccato ho commesso io rispetto agli altri? – spiega a ilfattoquotidiano.it – Allora avendo un master in informatica mi sono scaricato i dati georeferenziati di 17.594 concessioni balneari italiane, li ho messi su mappa divisi per Procura e ho presentato un esposto di oltre 400 pagine: adesso sequestrate tutti. L’ho depositato nel giugno del 2020, siamo arrivati all’udienza di opposizione all’archiviazione fissata il 12 luglio 2021, due stagioni perse”.

Nel frattempo però la storia dei Bagni Liggia ha gettato nel caos i comuni costieri italiani alle prese col rilascio delle concessioni, con i Tribunali amministrativi regionali intasati da una valanga di ricorsi – 110 solo a Genova – presentati da imprese balneari e amministrazioni locali. L’oggetto dei ricorsi è semplice: in Italia conta più una legge dello Stato o una Direttiva Europea come la Bolkenstein – seppur elusa dal nostro paese, già multato per questo – come dice la Corte di Cassazione? A dare la risposta finale ci penserà il Consiglio di Stato, convocato in adunanza plenaria sul caso dal presidente Filippo Patroni Griffi il 13 ottobre 2021: la sentenza è prevista per dicembre. Fino ad allora tutto è congelato. I Tar hanno messo in stand by i ricorsi, il Governo continua a ignorare di dover presentare una riforma del sistema conforme alla Direttiva Bolkenstein e tutti i concessionari hanno la stagione assicurata in proroga, tranne uno: Claudio Galli e i suoi Bagni Liggia.

E pensare che tutto è partito da un muro pericolante che dal 1930 separa in due la lingua di arenile davanti all’Ospedale Gaslini di Genova. Galli, proprietario dei Bagni con concessione demaniale sul tratto di spiaggia in cui sta il muro, chiede di abbatterlo per motivi di sicurezza. Ottenuta l’autorizzazione dal comune nel maggio 2018, se lo vede però sequestrato dalla Capitaneria di Porto su iniziativa del concessionario vicino che se ne ritiene titolare. La querelle da vicinato assume a questo punto portata nazionale, proprio mentre le mareggiate lasciano del muro solo un piccolo lembo. Galli chiede infatti il dissequestro di quanto rimasto del muretto, la procura di Genova invece ottiene il sequestro di tutta l’area. Secondo il pm Walter Cotugno, infatti, la concessione dei Bagni Liggia, come tutte le concessioni demaniali marittime italiane, è carta straccia in quanto “prorogata da una legge non valida perché in contrasto con la normativa Europea”.

La tesi ha convinto la Corte di Cassazione che nel marzo 2019 emette la sentenza storica: le proroghe automatiche delle concessioni demaniali sono contrarie alla direttiva Bolkestein e quindi sono da ritenere nulle nonostante il Parlamento Italiano le abbia legittimate con leggi dello Stato. L’ultima volta proprio tre mesi prima della sentenza, quando Camera e Senato avevano approvato la legge di bilancio 2019, che si era inventata la proroga delle concessioni vigenti mascherata semanticamente nell’indicazione della loro “durata estesa di quindici anni”, ovvero fino al 2033. Per la sentenza di Cassazione quell’articolo della legge di Bilancio 2019 non vale. La norma è sbagliata, parla di concessioni in vigore, ma siccome sono nulle quelle dopo il 2009 non esiste alcuna concessione valida. A due anni di distanza però questa sentenza sembra valere solo per Claudio Galli e i Bagni Liggia. E’ stata ignorata non solo dai Tar ma pure dallo stesso Consiglio di Stato: nell’aprile scorso, sollecitato dal Comune di Lecce, ha dato ragione alle imprese balneari locali che chiedevano il riconoscimento della proroga al 2033.