Scuola

Scuola, non speso il 42% dei fondi per l’organico Covid: 800 milioni restituiti. “Procedure e budget incerti, così gli istituti non hanno fatto le assunzioni”

Dalla Val d’Aosta alla Sicilia, non c’è Regione che non abbia scuole "in avanzo". Per i dirigenti scolastici locali, il paradosso si deve a una "sovrastima" da parte di Roma: i fondi erano calcolati tenendo conto di un raddoppio delle classi in gran parte non attuato per mancanza di spazio. E a quel punto - spiega la Cisl - i presidi "sono stati guardinghi" nell'utilizzarli in altro modo, "temendo di incorrere nel danno erariale"

Le scuole hanno “restituito” allo Stato ottocento milioni di euro. È questo, infatti, l’ammontare dei contributi statali che i presidi non hanno utilizzato durante il secondo anno di pandemia. Stiamo parlando di 795.761.873,39 euro che gli istituti hanno “sprecato”, anche se tecnicamente si parla di “economie”. Il decreto legislativo 34/2020 – che istituiva il cosiddetto “organico Covid” per l’anno scolastico 2020/21 – aveva infatti stanziato 1.892.600.000,00 euro, ma ne sono stati spesi solo 1.096.838.126,61, ovvero il 57,93%. Il dato ottenuto da ilfattoquotidiano.it arriva direttamente dal ministero dell’Istruzione. Dalla Val d’Aosta alla Sicilia, non c’è Regione che non abbia scuole “in avanzo”. Un esempio per tutti: agli istituti pugliesi sono stati assegnati 167.991.667,67 euro, ne sono stati investiti 98.188.956,15, il 58,54%, con un’economia (il termine tecnico per definire i fondi non utilizzati) del 41,55%.

A puntare il dito contro il ministero di viale Trastevere è Lena Gissi, segretaria nazionale della Cisl, che non nasconde la critica per un’errata programmazione dei finanziamenti: “Lo scorso anno le risorse Covid sono state distribuite con calcoli errati e con circolari che invitavano i dirigenti scolatici alla massima cautela. Da qui l’utilizzo parziale dei soldi che ha prodotto la restituzione di milioni di euro”. Ancora più duri con il ministero, Franceco Sinopoli e Anna Maria Santoro della Flc Cgil: “La partita dell’organico Covid è stata gestita male dal primo momento. Si è scelto di non istituire posti aggiuntivi sull’organico di fatto, ma di assegnare un budget agli uffici scolastici regionali per far loro gestire in autonomia le supplenze temporanee, peraltro sbagliando i conti. Cosi facendo le scuole, senza una certezza delle procedure e del budget loro assegnato (le assegnazioni sono state riviste svariate volte), hanno avuto difficoltà enormi a trovare i supplenti peraltro pagati con enormi ritardi. Si faccia tesoro dell’esperienza e si provveda a ridare una provvista di posti in più alle scuole con criteri semplici e trasparenti”.

Dove finiranno questi soldi? E le motivazioni date sui soldi non spesi sono diverse e i vari uffici si rimpallano le responsabilità. Per la dirigente dell’ufficio scolastico regionale della Lombardia, Augusta Celada, il “risparmio” si deve a una sovrastima delle necessità da parte di Roma, mentre secondo il presidente dell’Associazione nazionale presidi, Antonello Giannelli, si tratta di risorse non usate perché non è stato possibile “sdoppiare” tante classi quante erano previste (a causa della mancanza di spazi) e pertanto non sono serviti insegnanti in più. Fatto sta che non si sa ancora che fine faranno questi soldi. A detta degli uffici del ministero dell’Istruzione si potranno riutilizzare per le stesse scuole, ma finora restano in cassa al Tesoro. In alcuni casi, addirittura, sono stati travasati per “appianare la situazione debitoria” di un istituto diverso da quello a cui erano stati destinati.

L’erogazione “di manica larga” – Da viale Trastevere ammettono, comunque, che la previsione del fabbisogno è stata “di manica larga”, in quanto fatta ad agosto 2020 sulla base delle possibili esigenze delle scuole e in ragione delle misure di sicurezza del Piano per la ripartenza. A cambiare le carte in tavola, a detta dello staff del ministro Patrizio Bianchi, sono state le chiusure delle scuole per la seconda ondata e il ritorno della didattica a distanza, che hanno portato a una contrazione delle richieste. Chi conosce bene la questione sono i direttori degli Uffici scolastici regionali. Augusta Celada, la dirigente lombarda, spiega che “l’organico Covid serviva per dividere le classi. Quando c’è stata la chiusura delle superiori e il passaggio alla didattica a distanza non sussistevano più estremi giuridici per fare dei contratti. Forse a Roma hanno sovrastimato questo intervento”. E aggiunge un altro tema: “Da noi non riusciamo nemmeno a trovare i supplenti per l’attività ordinaria, figuriamoci per il contingente Covid”.

Il capo dei presidi: “Riusarli per il recupero edilizio” – Una ricostruzione simile arriva dalla dirigente dell’Usr Veneto, Carmela Palumbo: “Nella nostra Regione sono stati usati i due terzi del budget messo a disposizione. A settembre molti istituti hanno stipulato contratti, poi, con il periodo di didattica da remoto, tra novembre e febbraio, l’incentivo a usare personale Covid è venuto meno anche perché l’organico era ormai assestato”. I dirigenti scolastici, spiega, spesso hanno fatto anche una scelta di prudenza: “In assenza di garanzie sulla stabilità del contingente Covid, hanno preferito non rischiare di sdoppiare la classe per poi doverla riunire l’anno successivo”. Lettura confermata dal capo dei presidi Antonello Giannelli, che lancia una propria idea: “Non ci sono stati gli sdoppiamenti di classe ipotizzati. Servivano aule in più. Ora, se questi fondi sono riutilizzabili come avanzo di amministrazione, dovrebbero essere investiti sul recupero del patrimonio edilizio”.

Cisl: “Eccessiva prudenza per timore del danno erariale” – A sollevare per prima la questione è stata la Cisl Scuola, che ha sondato i dati di varie regioni: “I motivi per cui non sono stati spesi questi soldi – spiega Attilio Varengo della segreteria nazionale del sindacato – sono più di una. I presidi non hanno avuto da subito chiarezza sul budget assegnato e ci sono stati problemi con l’assegnazione del contingente Covid. A quel punto sono stati guardinghi, temendo di ricorrere in una sanzione per danni all’erario. Non solo, in alcuni casi hanno tenuto dei finanziamenti da parte (che poi non sono stati usati) per pagare le eventuali supplenze del personale Covid”. Lo conferma un preside sardo, che preferisce restare anonimo: “Molti di noi hanno dei residui su questo capitolo dovuti alla mancanza di personale che risponde alle chiamate Covid, alla mancata chiarezza sul budget e in alcuni casi a una somma residua che non permette più di fare un contratto “lungo”. Anch’io ho chiesto al mio ufficio scolastico territoriale di usare ciò che ho ancora a disposizione per prolungare il contratto di un assistente tecnico informatico al 30 giugno, ma non ho avuto risposta”.