Scuola

Lazio, dopo le polemiche ritirate le linee guida per le scuole su “benessere di bambini e adolescenti con varianza di genere”

Proteste di genitori dell'area cattolica sostenuti dal sottosegretario del Carroccio Sasso. Ma Rusconi (Associazione presidi regionale): "Ci atteniamo alla documentazione scientifica. Noi formiamo i ragazzi perché siano cittadini responsabili, competenti e solidarli"

E’ scontro tra l’ufficio scolastico regionale del Lazio e le associazioni cattoliche dei genitori sostenute dal sotto segretario all’Istruzione della Lega, Rossano Sasso. A creare un corto circuito tra gli uffici del dirigente Rocco Pinneri e quelli di viale Trastevere è stata la trasmissione agli istituti di dieci pagine elaborate dall’azienda ospedaliera “San Camillo” dal titolo “Linee guida strategie di intervento e promozione del benessere dei bambini e degli adolescenti con varianza di genere”. Un invio prontamente annullato dal dirigente dell’Usr Rocco Pinneri che a meno di 24 ore dalla diffusione della nota ha scritto una nuova circolare ai presidi precisando che “il documento è ritirato e il corso di formazione è sospeso”.

A convincere il numero uno dell’Usr a fare marcia indietro è stata la scoperta fatta dal “San Camillo”: l’istituto “Metafora”, autore del documento, ha utilizzato, – ha spiegato l’azienda ospedaliera in un comunicato – senza alcuna autorizzazione il logo dell’Azienda abusando di un rapporto di convenzione in corso, nella sua collaborazione con l’ufficio scolastico. Pinneri di conseguenza è intervenuto spiegando ai presidi che “la fiducia nel pedigree del documento non può che essere incrinata dal fatto di aver appreso che l’estensore avrebbe una affiliazione scientifica diversa da quella che era stata rappresentata” .

Le linee guida sono state elaborate con le associazioni “Genderlens e Agedo” in previsione di un corso di formazione a settembre dal titolo “Le diverse sfumature dell’identità di genere e dell’orientamento sessuale”.

A nulla è valsa la svolta di marcia di Pinneri. Tempo di ricevere la circolare firmata da Michela Corsi dell’Usr e dal fronte cattolico e leghista si sono levate le proteste evocando il ddl Zan in discussione in queste ore in Parlamento. A difendere Pinneri è stata l’altra sponda del fronte delle mamme e dei papà tra cui Angela Nava, coordinatrice nazionale di “Genitori democratici”.

Il documento che i dirigenti scolatici hanno letto contiene indicazioni non vincolanti per le scuole ma che cambierebbero in maniera sostanziale l’atteggiamento degli istituti nei confronti degli studenti con “varianza di genere”. Tra le buone pratiche indicate c’è la formazione al personale scolastico e agli studenti: “Questo lavoro – cita il documento- deve contribuire a smantellare i miti, gli stereotipi e i pregiudizi sulle persone 
transgender e offrire informazioni pratiche che promuovano l’apprendimento.”.

Altra questione, quella legata alla documentazione: “La maggior parte dei documenti ufficiali, come i moduli di ammissione o di richiesta – citano le linee guida – richiedono di spuntare la casella maschio o femmina per indicare il sesso/genere. Le scuole devono aggiornare questi documenti e garantire che gli studenti con varianza di genere siano in grado d’identificarsi in modo coerente con la loro identità di genere, 
piuttosto che essere costretti a scegliere una casella che non li descrive”.

Ma non solo. Il testo inviato dall’Usr ai presidi parla anche di “attivazione della “CarreraAlias” ovvero una modifica della carriera reale 
dello studente o della studentessa mediante l’assegnazione di un’identità provvisoria, transitoria e non consolidabile. “La “Carrera Alias” – si spiega – permette allo studente di garantire la privacy circa la sua storia e la sua 
identità transgender”.

Legato a quest’ultimo punto c’è la questione dell’uso del nome: “Usare quello scelto è un segnale molto importante di rispetto e, 
inoltre, permette allo studente di sentirsi riconosciuto nella propria identità di genere”. Ultima indicazione: “Molti adolescenti transgender riferiscono – dicono gli esperti – di non utilizzare i bagni/spogliatoi nelle scuole per il forte imbarazzo causato dal dover andare in un bagno/spogliatoi diviso per genere, questo in primo luogo può creare problemi di salute e in secondo luogo un forte malessere psicologico. Per tale motivo è opportuno che ogni scuola individui un bagno/spogliatoio non connotato per genere quale può essere, per esempio, il bagno dei professori adatto al minore con varianza di genere”.

Proposte concrete legate ad un’analisi che le linee guida fanno sul numero di bambini e adolescenti che presentano varianza di genere: un dato in aumento negli ultimi anni. La scelta dell’ufficio scolastico, tuttavia, non è piaciuta a Sasso e alle associazioni di genitori cattolici. Il sottosegretario ha invocato un intervento del ministro Patrizio Bianchi. Un appello finora caduto nel vuoto: “Ho personalmente informato – ha spiegato il leghista – i massimi vertici del ministero dell’Istruzione sulla condotta dell’Usr del Lazio, tra l’altro sottolineando come si sia agito in esplicita violazione di una circolare del 2015 dello stesso ministero: in quel documento si ribadisce come le ideologie gender non rientrino tra le conoscenze sui diritti e i doveri dei cittadini da trasmettere agli studenti e siano da considerare pratiche estranee al mondo educativo”. Bianchi non sembra intenzionato a raccogliere l’invito di Sasso, soprattutto in questa fase delicata in cui la maggioranza di Governo dovrà riuscire a trovare un compromesso sul Ddl Zan.

Ad alzare la voce è anche l’associazione “Articolo 26” che fa parte del Fonag, il Forum nazionale delle associazioni dei genitori della scuola: “Come si può – spiega al Fatto Quotidiano.it Chiara Iannelli, mamma di cinque figli che frequentano la scuola pubblica e docente – insegnare che va superato il binarismo sessuale a partire dalla scuola dell’infanzia? Come si fa a non coinvolgere i genitori in questa partita? Si insegna l’inclusione educando al rispetto. Ora è chiaro cosa accadrà se sarà approvato il Ddl Zan”. In realtà il disegno di legge Zan prevede esplicitamente il coinvolgimento di genitori e docenti nelle azioni di prevenzione e sensibilizzazione da mettere in campo nelle scole.

L’associazione in queste ore sta scrivendo a tutti gli uffici scolastici d’Italia invitandoli a non diffondere materiale di quel tipo: “Il documento – sostengono i membri di “Articolo 26” – propone soluzioni relazionali e organizzative invasive e dannose” e “impone di fatto a livello formativo e culturale la teoria gender”. Proprio però il riferimento alla presunta teoria gender, che secondo cattolici e conservatori vorrebbe distruggere la famiglia tradizionale, non trova riscontro nel documento diffuso.

Chi ha cercato una mediazione è stato il presidente dell’Associazione nazionale presidi del Lazio, Mario Rusconi: “Noi non siamo né favorevoli né contrari ma ci atteniamo alla documentazione scientifica”. Rusconi auspica quindi che “i temi vengano trattati rispettando i diversi modi di pensare dell’opinione pubblica e che si basino comunque su considerazioni scientifiche lontane da quelle ideologiche. La scuola – ribadisce Rusconi – forma gli studenti ad essere i cittadini responsabili, competenti e solidali che progettano il domani del nostro Paese”

A dare man forte a Rusconi e a Pinneri ci ha pensato Angela Nava di coordinamento genitori democratici: “Un’interpretazione faziosa attribuisce a queste linee guida il subdolo obiettivo di indurre nei giovani la diffusione di questo fenomeno. Non parlare della disabilità, dell’immigrazione, dell’adozione elimina forse il fatto che esistano? Lasciare al solo ambito famigliare, l’affrontare queste tematiche, le elimina? Viviamo in un clima politico avvelenato che inquina la riflessione e vuole imporre anche alla scuola, una riduzione del suo compito”.