Politica

Udc, il Consiglio nazionale rigetta le dimissioni di Lorenzo Cesa da segretario. Due giorni fa la chiusura indagini sulla ‘ndrangheta

Il leader aveva presentato le dimissioni dopo aver ricevuto un avviso di garanzia per associazione per delinquere aggravata dal metodo mafioso nell'ambito dell'inchiesta "Basso profilo" della Dda di Catanzaro, in cui è coinvolto anche l’ex segretario regionale del partito in Calabria e attuale assessore Talarico. "I consiglieri nazionali - si legge in una nota -, nel pieno rispetto del lavoro dell’autorità giudiziaria, hanno chiesto a Cesa di proseguire nel suo operato di segretario politico"

Lorenzo Cesa resta, almeno per ora, segretario nazionale dell’Udc. Lo ha deciso il Consiglio nazionale del partito, rigettando all’unanimità le dimissioni che il leader dello Scudo crociato aveva presentato dopo aver ricevuto un avviso di garanzia per associazione per delinquere aggravata dal metodo mafioso nell’ambito dell’inchiesta “Basso profilo” della Dda di Catanzaro. “I consiglieri nazionali – si legge in una nota -, nel pieno rispetto del lavoro dell’autorità giudiziaria, hanno chiesto a Cesa di proseguire nel suo operato di segretario politico ritenendo ciò un atto di amore e generosità verso la comunità dello Scudo crociato. Il Consiglio nazionale, inoltre, ha dato mandato al segretario nazionale – considerato come un elemento di unità e garanzia per tutti gli iscritti – di traghettare il partito, come deciso nel novembre del 2020, verso il Congresso nazionale“.

La decisione del Consiglio arriva a pochi giorni dall’avviso di chiusura indagini che la Dda ha inviato a 83 persone, tra cui Cesa e l’ex segretario regionale del partito in Calabria e attuale assessore regionale al Bilancio Francesco Talarico, accusati entrambi di associazione per delinquere aggravata dal metodo mafioso. L’inchiesta, che aveva portato ai domiciliari per Talarico (oggi costretto all’obbligo di dimora a Lamezia Terme, da dove continua a partecipare alle attività della giunta regionale di centrodestra), riguarda i presunti intrecci tra le cosche del crotonese e politici, imprenditori, pubblici amministratori. Tra gli indagati figurano anche l’ex presidente di Confindustria Giovani di Crotone Glenda Giglio e Rocco Guglielmo, notaio di Catanzaro. Nel filone politico affaristico sono coinvolti Tommaso e Saverio Brutto (padre e figlio; il primo ex consigliere comunale di Catanzaro), Ercole e Luciano D’Alessandro (anche loro padre e figlio; il primo ex militare della Guardia di finanza), Antonio Gallo (ritenuto imprenditore di riferimento dei clan del Crotonese), l’imprenditore Antonio Pirrello, l’avvocato Claudio Larussa. Per tutti l’accusa è di associazione per delinquere aggravata dal metodo mafioso.

Cesa, all’epoca dei fatti eurodeputato, per l’accusa, “d’intesa con Talarico” si sarebbe impegnato “ad appoggiare il gruppo per soddisfare le mire dei sodali nel campo degli appalti, proponendosi di fornire indicazioni su soggetti incardinati in enti pubblici, in società in house e anche in Albania“, dove Gallo avrebbe voluto trasferire e ampliare il proprio business. Talarico, da parte sua, come candidato alle elezioni politiche del 2018, secondo gli inquirenti ha offerto il suo appoggio, “in cambio di un consistente pacchetto di voti, per introdurre Gallo e Pirrello in ambienti politico-istituzionali nazionali”: sarebbe stato lui a presentare gli imprenditori e i Brutto a Cesa. A Talarico viene contestato anche il reato di scambio elettorale politico-mafioso sempre in relazione alla candidatura alle politiche del 2018. In quella occasione, per l’accusa, ha incontrato con alcuni referenti reggini di Gallo, “dichiaratamente vicino all’ex senatore Antonio Caridi”, “in particolare Natale Errigo (anch’egli indagato, ndr) – imparentato con esponenti della cosca De Stefano-Tegano di Archi”.