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Green pass, il Parlamento Ue dà il primo via libera: “I test siano gratuiti”. Nodo privacy in Italia: i medici di base si rifiutano di firmarlo

Gi eurodeputati hanno approvato con 540 sì, 119 contrari e 31 astenuti la posizione negoziale da portare avanti nelle trattative con il Consiglio. La principale richiesta è che ci sia la possibilità di fare gratuitamente i tamponi previsti dal certificato per evitare discriminazioni con chi invece si è vaccinato (il siero è gratis). Nel nostro Paese il certificato verde è già in vigore, ma di fatto non esiste. Pesano i rilievi del Garante della privacy

C’è ancora strada da fare prima di arrivare all’approvazione definitiva dell’annunciato Green pass europeo che, a partire dall’estate, permetterà di muoversi liberamente nell’Unione in caso di avvenuta vaccinazione, guarigione entro 6 mesi dal Covid o tampone effettuato nelle 48 ore precedenti alla partenza. Il primo via libera è arrivato in queste ore alla plenaria del Parlamento Ue a Bruxelles, dove gli eurodeputati hanno approvato con 540 sì, 119 contrari e 31 astenuti la loro posizione negoziale da portare avanti nelle trattative con il Consiglio. La richiesta dei parlamentari è che il certificato sia accompagnato dalla “possibilità di effettuare test universali, accessibili, opportuni e gratuiti“. Questo per evitare che chi non ha ancora potuto vaccinarsi o non è guarito recentemente dal Covid-19 e dunque deve ricorrere al tampone per provare la propria negatività, sia costretto a pagare cifre cospicue, con un’evidente discriminazione rispetto a chi ha già ricevuto il vaccino (che è gratis).

Gli eurodeputati spingono anche affinché i titolari del certificato non siano soggetti a restrizioni di viaggio aggiuntive, come quarantene, autoisolamento e test. Si tratta di un punto considerato cruciale, dato che il pass è concepito per ripristinare la libertà di circolazione in Europa e rischia di diventare inutile se poi ciascuno Stato potrà imporre quarantene a proprio piacimento. È probabile, però, che questo aspetto incontrerà l’opposizione del Consiglio, dal momento che si tratta di prerogative che spettano ai singoli Stati, come ha già sottolineato la Commissione nelle scorse ore. Il documento sarà certificato con firma elettronica, per evitare frodi e falsificazioni; i dati personali non potranno essere conservati nel Paese di destinazione, né ci sarà un database centralizzato Ue. I negoziati tra Parlamento e Consiglio partiranno nelle prossime settimane, con l’obiettivo di chiuderli in tempo utile per avere il Pass operativo entro l’estate, verosimilmente per luglio, posto che sia pronta per allora l’infrastruttura tecnologica.

Visto che l’alta stagione turistica al Sud inizia a maggio-giugno, diversi Paesi si sono portati avanti con certificati nazionali. Come l’Italia, dove però pesano i rilievi del Garante della privacy al decreto Covid che ha introdotto il certificato verde a partire dal 26 aprile scorso. L’autorità ha inviato un “avvertimento” all’esecutivo, contestando sia la cornice normativa in cui è stato previsto il certificato, sia l’effettiva gestione dei dati necessari per produrre il documento. Non viene specificato, inoltre, chi è il titolare del trattamento dei dati, in violazione del principio di trasparenza, rendendo così difficile se non impossibile l’esercizio dei diritti degli interessati. È da qui che derivano le resistenze dei medici di base, al momento decisi a non rilasciare alcun certificato verde. L’indicazione è partita dalla Federazione dei medici di medicina generale.

“Il Garante della privacy ha fatto dei rilievi precisi al decreto giudicando illegittimo un certificato di questo genere – spiega Renzo Le Pera, vicesegretario nazionale della Fimmg, a Repubblica -. E, d’altra parte, non vedo perché dovremmo essere noi a prenderci responsabilità che non ci competono. Io posso rilasciare un certificato di avvenuta vaccinazione se io somministro il vaccino, ma se lo fa una struttura pubblica è lì che viene rilasciata la documentazione che attesta data, dose e tipo di vaccino”. Stessa cosa per chi ha già avuto il Covid, tocca alle strutture sanitarie rilasciare il paziente la certificazione, non ai medici di famiglia. A tutto questo si aggiungono i ritardi di alcune Regioni nel rilasciare online tutta la documentazione relativa alla somministrazione di entrambe le dosi del vaccino, così come le differenze territoriali nel reperire i test rapidi. In attesa che vengano risolti tutti i nodi su chi deve rilasciare cosa, quindi, di fatto è come se il green pass italiano non esistesse. Per muoversi tra regioni di colore diverso resta utilizzabile la solita autocertificazione, accompagnata però dalla documentazione che attesti l’avvenuta vaccinazione, l’effettuazione di un tampone o la guarigione dalla malattia.