Politica

Il caso Grillo a ‘Non è l’Arena’ diventa il trionfo della strumentalizzazione politica

Premetto che non ho nessuna avversione pregiudiziale nei confronti di Non è l’Arena e che, al di là dello stile del conduttore un po’ eccessivo per i miei gusti, ho apprezzato l’attenzione alla criminalità organizzata o le denunce nei confronti dell’Oms riguardo alla serie infinita di errori e contraddizioni, nonché alla compiacenza riservata oggettivamente e colpevolmente alla Cina. Ma quando si vira sulla giustizia, la conduzione del caso Palamara e delle scarcerazioni facili dei boss lo insegnano, occorre un surplus di valutazione critica.

Se poi il caso giudiziario porta il cognome Grillo e l’introduzione, nonché l’impostazione “dell’approfondimento”, viene lasciato a Vittori Sgarbi allora si riparte dalla madre di tutte le accuse, tanto più terribile in quanto censurata pervicacemente secondo l’accusatore e per questo oggi tanto più vibrante: e cioè che il Conte 2 voluto a tutti i costi da Beppe Grillo, nonostante la mina vagante Renzi, abbia visto la luce nelle intenzioni del garante del Movimento 5 Stelle in primo luogo per “coprire lo stupro di suo figlio“. Per il semplice motivo che se non hai il potere di condizionare i magistrati con un tuo ministro e se non governi con un partito amico dei giudici (il Pd) e sei comunque famoso e potente finisci per “essere perseguitato”.

E sempre secondo Sgarbi la prova provata di ciò sarebbe il povero B. che, testuale, deve tuttora ricoverarsi per sottrarsi all’accanimento giudiziario dei magistrati del Ruby-ter. Un processo per corruzione in atti giudiziari che, vale la pena ricordarlo perché sparito dai radar mediatici impegnati a captare Grillo junior, è stato rimandato ben sette volte per legittimo impedimento dell’imputato.

E come se non bastasse, sempre da Giletti, Sgarbi ha aggiunto “Sono in rapporti molto stretti con i grillini della prima ora a cui Beppe Grillo ha confessato che il suo unico problema era tutelare il figlio”. Naturalmente tutto può essere, ma a meno che si tratti di nemici giurati del M5s, si fatica ad immaginare interlocutori attendibili di Sgarbi tuttora in intimità con Beppe Grillo.

Purtroppo Massimo Giletti non ha ritenuto di obiettare alcunché né sulla “teoria” di Sgarbi riguardo la nascita del Conte 2, né tantomeno sulla triste circostanza che B. sia costretto a ricoverarsi per sottrarsi al noto accanimento giudiziario, ma si è limitato ad una difesa d’ufficio dei colleghi rei di aver censurato lo Sgarbi-pensiero, ed in particolare Lilli Gruber, commentando che: “Se non vuol parlare di tante cose ha la libertà di farlo, poi chi la guarda giudicherà”. Una elementare regola aurea che, credo, dovrebbe valere per tutti. Ma personalmente non sono particolarmente interessata ai rapporti che intercorrono tra signori e signore dei talk quanto a valutare come i fatti vengono presentati ed “approfonditi”.

La ricostruzione oraria degli eventi della fatidica notte fatta da Giletti ricalca quella della Stampa e ricostruisce complessivamente i fatti secondo il racconto della vittima, tuttora presunta, anche se è ormai scontato per tutti omettere l’aggettivo; poi ci sono gli audio: quello di uno dei ragazzi presenti che valuta il messaggio di Grillo padre come decisamente controproducente per loro; quello di uno dei ragazzi coinvolti che racconta come dal video agli atti “si vede che la ragazza sta benissimo e ha bevuto la vodka volontariamente per sfida, poi si è pentita… ci sono messaggi suoi dove dice ho sbagliato un’altra volta…”; e c’è anche la dichiarazione di un’amica di Ciro Grillo secondo la quale dal video si ricava piena sintonia e complicità tra tutti, in quanto la ragazza che ha sporto querela rideva e scherzava con i presunti violentatori. E all’obiezione ormai scontata ma non per questo, a mio parere, meno parziale e cioè che la ragazza fosse sotto l’effetto dell’alcool e dunque non consapevole dei suoi atti, l’intervistata ha risposto puntualmente che questa era la situazione di tutti e ha aggiunto senza giri di parole “ma quale stupro? Stava al gioco. Poi si è pentita ed ha denunciato…”

Solo che poi, insieme alle dichiarazioni dei protagonisti e alle testimonianze a favore dell’accusa e della difesa, il conduttore non ha resistito ad attaccare direttamente Grillo e ha finito per inserire paragoni altamente impropri – se non decisamente vergognosi – con “il caso Genovese”. Infatti mi sembra che sia impossibile giustificare l’accostamento tra Beppe Grillo e Daniele Leali, il cerimoniere delle serate faraoniche con coca e sesso violento di Terrazza Sentimento, nonché trait d’union tra le ragazze e Alberto Genovese, solo perché entrambi hanno avanzato qualche dubbio sulla credibilità delle querelanti.

Quando poi si passa al caso nel caso e cioè al ruolo della senatrice, avvocato di Matteo Salvini nonché della presunta violentata, Giulia Bongiorno, che pretendeva le dimissioni del sottosegretario alla Giustizia solo perché aveva avanzato qualche interrogativo riguardo alle dichiarazioni di Salvini sull’inchiesta Grillo jr., Giletti se la prende con il M5s che non ha mai voluto affrontare il conflitto di interessi né con il Conte 1, né con il Conte 2. E pensare che è noto a tutti quanto la Lega prima ed il Pd dopo fossero ansiosi di regolare finalmente come si deve il conflitto di interessi.

Se non fosse intervenuto Peter Gomez per dire che in mancanza di una legge che obblighi in tal senso, lui nei panni di Giulia Bongiorno avrebbe passato la difesa della denunciante ad altra persona per evitare retro-pensieri su speculazioni o strumentalizzazioni politiche, tutti e tutte le presenti a Non è l’Arena avrebbero ancora una volta tessuto all’unisono le lodi della somma avvocatessa e nulla quaestio.