Società

Lo smartworking ha cambiato in meglio i rapporti padre-figlio. Ma ora non fermiamoci qui

di Jakub Stanislaw Golebiewski

Nella nostra cara Italia – malgestita da politicanti che si sputtanano per una dose di vaccino sui social – è in corso una lenta ma inesorabile evoluzione che ha investito in particolare uno dei due ruoli genitoriali che operano con responsabilità all’interno delle famiglie, quello dei padri. E sì, poter fare il papà in questo paese è una sfida continua, ma da genitori separati diventa anche un’interminabile via crucis. Con la pandemia, però, qualcosa è cambiato, abbiamo visto modificare quei rapporti di genitorialità arcaica ponendo semplicemente i genitori-lavoratori in situazioni sorprendentemente inedite e innovative, aspetti non ancora chiari all’attuale mondo politico, ma sui quali l’ex premier Giuseppe Conte aveva idee molto chiare e lungimiranti prevedendo misure per sostenere la genitorialità, la funzione sociale ed educativa delle famiglie, contrastare il problema della denatalità e per favorire la conciliazione della vita familiare con il lavoro, in particolare per le donne.

Il genitore separato è un ruolo familiare a tutti gli effetti e, se fosse per me, lo avrei già inserito nel paniere Istat, non solo perché negli ultimi anni i genitori sono cambiati notevolmente nell’ambito della gestione del lavoro di cura dei figli, ma la richiesta di papà più presenti, più efficaci e soprattutto più efficienti in periodo di pandemia è salita alle stelle, soprattutto dopo la chiusura delle scuole. Fa sorridere, ma il paradosso è che “Dad”, acronimo di Didattica a distanza, in inglese significa proprio papà e magari a molte mamme brucia che non si chiami “Mum”. Battute a parte, con la pandemia i papà separati e non hanno trascorso gioco forza più tempo con i loro figli, portando benefici concreti nel rapporto genitore-figlio e soprattutto nella work-life balance, fondamentale per il benessere dei lavoratori e per la loro produttività.

Non ci credete? In occasione della recente Festa del papà del 19 marzo, l’indagine dal titolo “Smart working e paternità: come i papà stanno affrontando il lavoro da casa”, svolta dalla società di head hunting R-Everse, ha approfondito l’importante tema, ancora poco dibattuto, indagando la portata dei cambiamenti introdotti dalla pandemia nelle vite dei padri. È emerso che il Covid-19 non ha portato solo le tragiche situazioni di cui tutti noi abbiamo ampia consapevolezza, ma anche aspetti positivi. Il 71% dei papà intervistati ha evidenziato comunque un cambiamento nel rapporto con i propri figli, considerato positivo per il 63% di loro: un dato di grande conforto sia per le famiglie che per le aziende e i datori di lavoro. A influire su questo importante dato è stata sicuramente la Dad, modalità inedita di insegnamento per moltissimi ma che è risultata determinante per questi nuovi equilibri: infatti sulla totalità dei papà intervistati, il 50% ha dichiarato di aver aiutato i figli nella Dad, il 38% se n’è occupato in parte, alternandosi con la mamma, mentre l’11% se n’è occupato interamente in prima persona. L’altra metà degli intervistati ha spiegato che non se n’è proprio occupato oppure si è affidata ad altre persone.

Quindi, ci accontentiamo? No, assolutamente, essere papà in questi periodi è una sfida ancora più ambiziosa e non può essere vinta se non con una forte alleanza con le mamme, soprattutto quando si vive una separazione, perché ogni coppia di genitori deve avere sempre un progetto educativo condiviso e di tempi adeguati per poter essere messo in pratica. E proprio per questa ragione, in attesa di un allineamento con il resto d’Europa sui congedi di paternità – ad esempio in Spagna hanno 16 settimane a fronte dei soli 10 giorni previsti in Italia – bisogna capire cosa si potrebbe migliorare subito nel concreto, anche dal punto di vista del Legislatore, coinvolgendo a una maggiore sinergia decisionale sia il comparto del pubblico impiego che quello privato.

La ricerca di R-Everse ha indagato anche su quali potrebbero essere gli ambiti suscettibili di miglioramento e le risposte hanno riguardato per il 29% gli orari di lavoro, per il 26% una legislazione più attenta alla paternità e per il 18% la possibilità di usufruire dello smart working più frequentemente. Tra coloro che hanno risposto “altro”, si trovano suggerimenti relativi proprio all’attenzione delle istituzioni sul tema della paternità e sulla formazione degli insegnanti, affinché si possano destreggiare con maggiore organizzazione e meno improvvisazione in questo nuovo modo di fare scuola. Tutti argomenti fondamentali, di cui i nostri politici dovrebbero tenere conto, soprattutto in un’ottica prettamente collaborativa per il benessere sociale e il futuro di un paese che non vuole più essere di musichette, ma che vuole andare incontro ai giovani, forzatamente alienati dalla quotidianità del contesto sociale e scolastico cui erano abituati.