Attualità

Roberta Bruzzone: “Fabrizio Corona e le minacce di suicidio? Gli credo. Deve essere curato, no al carcere”

La psicologa forense e criminologa investigativa a FqMagazine traccia un quadro sulla vicenda dell'ex re dei paparazzi, piantonato e sorvegliato nel reparto psichiatria dell'ospedale Niguarda, mentre fa lo sciopero della fame. “Sono pronto a morire per i miei diritti”, ha detto Corona a Massimo Giletti

Fabrizio Corona continua ad essere piantonato e sorvegliato 24 ore su 24 nel reparto psichiatria dell’ospedale Niguarda, e inoltre sta facendo lo sciopero della fame. L’ex re dei paparazzi, il 12 marzo scorso, aveva reagito in maniera violenta davanti agli agenti, pronti a portarlo al carcere di Opera, dopo che il tribunale di sorveglianza di Milano ha deciso di revocargli la misura degli arresti domiciliari. Lo stesso Tribunale che poi gli ha comunicato che dovrà tornare in carcere, revocandogli di fatto il differimento della pena ai domiciliari, ottenuto nel dicembre 2019. Insomma Corona dovrà scontare nuovamente, questa volta in carcere, 9 mesi già scontati in affidamento. L’ex re dei paparazzi ha fatto pervenire messaggi forti e per certi versi inquietanti a Massimo Giletti. Alcune parole sono state lette ieri in diretta a “Non è l’Arena”. “Sono pronto a morire per i miei diritti”, ha tuonato Corona. Abbiamo contattato Roberta Bruzzone, psicologa forense e criminologa investigativa.

Che idea si è fatta quando ha visto gli atti di autolesionismo di Corona sui social? Lui dice che “nulla era premeditato”…
Io parto da una circostanza, ossia la diagnosi – che è stata resa nota – di un soggetto borderline molto grave con bipolarismo narcisistico. Al di là di tutto conosciamo il soggetto Corona che davanti alla notizia del ritorno in carcere ha reagito in maniera estrema sul piano comportamentale. Gli credo quando dice che gli atti di autolesionismo non fossero premeditati.

Perché?
Il suo, alla fine, è stato un gesto controproducente (anche perché si è beccato un’altra denuncia per la sua reazione) per trasferire ed esternare a tutti la sua disperazione. In quel momento, dalle immagini che abbiamo visto, si sono combinate tra loro tutta una serie di aspetti patologici gravi con la rabbia e l’emozione. Un mix terribile che purtroppo non è curabile in senso stretto. Si può solo contenere attraverso gli psicofarmaci ma con l’andare degli anni la sua vita cambierà sia per il fisico che la percezione di sé stesso. Non sarà mai più in una condizione di ‘normalità’. È impensabile. Trattare un caso complicato come questo è assai difficile.

Quindi il carcere non è la soluzione?
Assolutamente no. Il carcere non è adatto, ci vuole una struttura adeguata con una terapia farmacologica mirata per contenere l’aspetto disfunzionale della sua personalità.

I domiciliari sono stati un errore?
Sì. Non sono stati sufficienti. A mio parere il Tribunale di Sorveglianza ha centrato la diagnosi, si vede che c’è stato un ottimo lavoro dietro, ma sono stati sottovalutati alcuni aspetti importanti. Corona doveva essere condotto da subito in una struttura psichiatrica contenitiva per un periodo congruo.

“Sono uno psicopatico in un ospedale psichiatrico”, dice di sé Corona. Lei cosa pensa?
Non è psicopatico ma un soggetto coerente con la sua patologia. Impensabile che si potesse curare a casa senza essere seguito e con un percorso farmacologico e psicoterapeutico ad hoc. Un soggetto del genere borderline bisogna cercare di proteggerlo da una serie di impulsi, ai quali Corona non rinuncerà mai perché ha bisogno di stimoli, spinto dal suo narcisismo.

“Sono pronto a morire oggi per i miei diritti”. C’è da credergli?
Non sottovaluterei le sue parole. Io gli credo. Il suo narcisismo, misto alla bipolarità, può pareggiare i conti, secondo la sua visione, con la morte.