Diritti

Sindacati militari: i quarant’anni della riforma della Polizia di Stato

Quest’anno il calendario del Siulp (Sindacato Italiano Unitario dei Lavoratori della Polizia) è naturalmente dedicato ai quarant’anni della riforma della Polizia di Stato. Nel 1981 il Parlamento approvò finalmente – dopo un decennio di lotte e rivendicazioni dei “poliziotti democratici”– la legge 121 sulla sindacalizzazione dello stantio Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza.

Nella nota di presentazione, Felice Romano, segretario generale del sindacato, traccia una ricognizione dei meriti del movimento per la riforma della Pubblica Sicurezza e del Siulp nel passaggio storico da una polizia come strumento di repressione “al servizio dei pochi contro i tanti” a una polizia “nuova”, moderna, democratica, smilitarizzata, snella e più efficiente. Quella metamorfosi civile avvenne “proprio mentre il Paese era sotto assedio di un terrorismo eversivo e di una criminalità organizzata sempre più feroce e invasiva”. In quel momento così delicato “il legislatore seppe comprendere che era il momento di aprire le istituzioni ai cittadini, e non quello di chiuderle e difenderle solo con la forza e l’uso delle armi”.

Il 1° luglio del 1979, 1500 poliziotti avevano fondato il Sindacato Unitario Lavoratori Polizia, che sarà il principale artefice del rinnovamento della Polizia di Stato. La grande intuizione dei nuovi sindacalisti in divisa, poi accolta dal legislatore, fu la necessità di smilitarizzare la funzione di polizia. E si trattò, come sostiene Felice Romano, di una “scommessa vinta” che ha avvicinato il nostro Paese ai modelli delle democrazie europee più avanzate e ha confutato definitivamente “l’equazione che sosteneva che l’efficienza era solo nella militarità”.

È cambiata l’idea di “ordine pubblico”: i poliziotti non sono pagati per manganellare o per sparare addosso ai lavoratori, ma per tutelare il diritto costituzionale dei cittadini di manifestare pacificamente; mirate scelte organizzative hanno senza dubbio prodotto nel tempo una significativa riduzione della violenza nelle piazze.

Nella nuova polizia si è poi trasformato il ruolo della donna: siamo passati dall’assoluta marginalità alla piena integrazione: “oggi – sottolinea il segretario del Siulp – tante donne sono ai vertici della nostra Amministrazione e per la prima volta anche nel ruolo di Vice Capo della Polizia”. Romano riconosce peraltro la lungimiranza di molti dirigenti di allora e in ultima analisi degli stessi vertici, che contribuirono al cambiamento: “Non va sottaciuto – scrive il segretario generale – il ruolo e la capacità dell’Amministrazione della Pubblica Sicurezza che, vincendo resistenze più o meno forti al suo interno, a seconda dei momenti storici, ha saputo cogliere i momenti giusti per rinnovarsi”.

Così nel 2021 anche il calendario ufficiale della Polizia di Stato celebra il riconoscimento del diritto di associarsi in sindacati come “una grande conquista per tutto il personale della Polizia”. Nella nota di presentazione, anche Franco Gabrielli ricorda “quella straordinaria intuizione del legislatore”: “La smilitarizzazione del Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza, l’apertura al mondo sindacale, la parità di genere garantendo alle donne eguali modalità di accesso e medesime opportunità di carriera dei colleghi uomini”.

Dunque, se è vero che tutto è perfettibile e che possono esserci margini di miglioramento su più fronti, è altrettanto vero che la polizia del nostro Paese ha fatto, a partire dal 1981, enormi passi in avanti. Potremmo dire che è completamente irriconoscibile, se pensiamo alla polizia di Scelba o di Vicari. Il poliziotto più tutelato, più motivato, più preparato lavora meglio e costituisce una garanzia per il cittadino e per la democrazia.

La polizia non è più un “corpo separato” dalla società, né si può ancora parlare, come ha scritto Michele Di Giorgio, di “poliziotti sfruttati”. L’immagine pasoliniana degli agenti poveri, “vestiti come pagliacci”, che odiano perché odiati è, per fortuna, molto lontana dalla realtà attuale.