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Crisi, M5s chiude a Renzi anche se mancassero i numeri: “Governo tecnico? Non con noi”. E ai responsabili: “Ora o mai più”

Fonti del Movimento, al termine del vertice pomeridiano, hanno fatto sapere che i 5 stelle sono compatti intorno a Conte. Ma non intendono, in nessun caso, tornare al tavolo con i renziani. Quindi se non si troveranno i "costruttori" per stabilizzare la maggioranza, l'unica strada sarà il ritorno al voto

In ore confuse di trattative e discussioni, i vertici M5s si aggrappano a quella che vogliono sia una certezza: non torneranno mai più al tavolo con Matteo Renzi e Italia viva. E’ un paletto fondamentale perché arriva nel sabato più difficile, quando l’ottimismo sui numeri per tenere in piedi la maggioranza sembra essersi infranto contro il no dell’Udc e le resistenze dei “responsabili” che al momento neanche si sono palesati. Spiegano fonti vicine ai vertici 5 stelle a ilfattoquotidiano.it, il Movimento è “compatto intorno a Conte”, questa è la linea, ma se dovessero non esserci i numeri per sostenerlo in Parlamento, è “fuori discussione” che vadano a trattare con Italia viva. E non solo: i 5 stelle si sfilano già dall’ipotesi di sostenere un eventuale governo tecnico (il sogno di Matteo Renzi). “Se gli altri partiti puntano a questo”, è il ragionamento, “lo faranno senza i nostri voti e poi vediamo come finisce”. L’unica alternativa possibile a quel punto sarebbe “un governo istituzionale che porti al voto”, spiegano, “magari già a giugno”. Un modo come un altro insomma, per chiarire che per i responsabili “il momento di farsi avanti è ora o mai più “. Una linea allarmista che, almeno in parte, il Pd condivide: “Ognuno in Parlamento si assumerà le sue responsabilità”, hanno scritto infatti in una nota diffusa in serata.

Tra le fila dei 5 stelle l’impressione è che la partita sia ancora da giocare, ma pure che lo scenario peggiore non sia per forza negativo per il Movimento. Liberarsi dell’ex premier, nemico giurato per anni, è già un buon motivo per ricompattare un gruppo sfibrato da scontri interni e tensioni sulla leadership. In questi giorni hanno volutamente scelto il silenzio per evitare di indebolire il presidente del Consiglio, ma dietro le quinte i vertici sono al lavoro. I contatti sono innanzitutto con gli ex M5s che, è stato precisato nell’assemblea congiunta di venerdì sera, sono persone che “hanno commesso errori”, ma che, a parte chi ha già aderito ad altri progetti, “non hanno mai veramente disconosciuto la linea del Movimento”. Insomma, per dirla semplice, mai come ora la porta per loro rimane aperta. E questo vale anche per i singoli del centrodestra, “a patto che non siano impresentabili e non abbiano particolari criticità”. Ma al momento quella strada sembra bloccata: è vero che la senatrice Paola Binetti (Udc) continua in maniera ufficiosa a far sapere che sarebbe disponibile, ma le chiusure del partito rendono difficile andare avanti nella trattativa. Il sospetto della maggioranza è che il centrodestra abbia già fatto promesse per il futuro e soprattutto abbia offerto un ruolo legittimato in prossimi eventuali esecutivi.

Ma i movimenti in Parlamento sono molto più complicati e vanno in tutte (o quasi) le direzioni. I 5 stelle sono stati anche contattati dai parlamentari di Italia viva. Non c’è solo l’ex premier a ribadire che l’unico perimetro di dialogo è nell’ambito della vecchia alleanza e quindi con lui. Ma anche i suoi, confermano fonti M5s, si stanno muovendo per chiedere di tornare a sedersi al tavolo. E’ questa evoluzione della partita che preoccupa il Movimento: se si torna al punto zero, magari con il benestare del Pd (anche se al momento lo escludono tutti), i 5 stelle non possono permettersi di accettarlo. Insomma, hanno già una volta ingoiato il boccone amaro di Renzi e dei renziani, una seconda e a queste condizioni sarebbe davvero dura da digerire e per molti corrisponderebbe alla loro fine. Proprio questo hanno detto nel vertice del pomeriggio tra il capo politico Vito Crimi, il capodelegazione Alfonso Bonafede e i direttivi dei gruppi parlamentari. “E’ impossibile”, hanno fatto sapere, “qualunque riavvicinamento con Renzi, che ha voluto lo strappo nonostante i nostri parlamentari avessero lavorato bene su tanti progetti” con deputati e senatori di Iv, è stata la conclusione della riunione. Quindi è “emersa netta la volontà di non voltarsi più indietro: il Movimento continua a lavorare pensando solo al bene del Paese”.

Il futuro del M5s insomma dovrà giocarsi intorno a quel paletto, tenendo conto dello spirito di sopravvivenza che anima gran parte degli eletti M5s (tra chi è al secondo mandato e chi rischia di non essere neanche ricandidato). Gli occhi sono puntati sul neogruppo al Senato Maie-Italia23 e su chi potrebbe aderire a quella “casa politica” che nella migliore delle ipotesi per Conte potrebbe garantire la maggioranza “certa e definita” che chiede il Colle. Ma al momento le adesioni attese non si stanno concretizzando. Maurizio Buccarella, ex M5s e tra i primi ad aderire, spiega a ilfattoquotidiano.it: “Siamo sicuri che ci sarà la maggioranza relativa, è presto per quella assoluta. Noi vogliamo dare un’opportunità a chi crede nella stabilità. L’auspicio sarebbe quello di riuscire a creare un vero e proprio gruppo parlamentare”. Ma quello che manca è un leader? “Forse è anche meglio, così non c’è nessuno con atteggiamenti ingombranti”, chiude.

Al momento però l’offerta non sembra bastare. Per questo non sono escluse altre strade. Tanto che, secondo alcuni, il presidente del Consiglio potrebbe decidere di dimettersi dopo le comunicazioni alla Camera e quindi non andare al voto in Parlamento. In questo modo, presumibilmente il Colle affiderebbe l’incarico a Conte di cercare un’altra maggioranza e il voto di fiducia sarebbe direttamente sul nuovo governo Conte ter. Un modo per “prendere tempo” e strutturare meglio l’apporto del gruppo di responsabili. Al momento è solo un’ipotesi, una delle tante in uno scenario che cambia di ora in ora. Ma proprio questo è il discorso che viene fatto a chi è tentato dal presentarsi come “costruttore”: bisogna fare in fretta perché l’occasione non sarà valida sempre. E, è l’avvertimento che circola nei corridoi, “a furia di dire che ‘tanto non si va a elezioni’ e a non volersi esporre”, si rischia che “il filo si rompa davvero”.