Politica

Crisi di governo, D’Alema: “Non si manda via l’uomo più popolare del Paese per fare un favore a quello più impopolare”

L'ex presidente del Consiglio è consapevole dei sondaggi sul gradimento di Conte e Renzi ed è convinto che alla fine l'esecutivo non cadrà. "Conviene a tutti, vedrete che presto si tornerà a parlare d'altro". Ma avverte: "Non faccio più politica. Se Renzi pensasse che c'entro qualcosa nelle discussioni di queste ore la situazione non potrebbe che peggiorare"

Bastano poche parole a Massimo D’Alema per sintetizzare quello che a suo parere è il senso della crisi di governo cercata da Matteo Renzi e non ancora risolta. “Non credo che possa passare per la mente di nessuno l’idea di mandare via da Palazzo Chigi l’uomo più popolare del Paese per fare un favore a quello più impopolare“, dice in un colloquio con Repubblica. Il più popolare è chiaramente il premier Giuseppe Conte, come confermano gli ultimi sondaggi. Mentre il più impopolare è il leader di Italia viva, che se si andasse a votare oggi prenderebbe meno del 3%, restando di fatto fuori dal Parlamento. È per questo che secondo D’Alema, oggi non più in politica e alla guida della Fondazione Italianieuropei, alla fine il governo non cadrà. Gli altri partiti di maggioranza non accetterebbero mai un cambio della guardia a Palazzo Chigi, così come Renzi non può permettersi di tornare alle urne. “Conviene a tutti, vedrete che presto si tornerà a parlare d’altro“.

L’ex presidente del Consiglio è uno che la sa lunga in fatto di crisi istituzionali. Più volte accusato di aver congiurato con Rifondazione comunista per far cadere il primo governo Prodi nel 1998, arrivò a Palazzo Chigi proprio in sostituzione del professore bolognese grazie all’appoggio di diversi parlamentari centristi. E anche se da anni non fa più politica (“Sono un semplice iscritto di Articolo uno”, dice a Repubblica), il suo nome è stato tirato in ballo quando Prodi fu impallinato nella corsa al Quirinale nel 2013 e pure durante la scissione di pezzi del Pd durante la gestione Renzi del partito. Nel suo colloquio con il giornale di largo Fochetti, D’Alema tenta quindi di smarcarsi da ogni coinvolgimento nella crisi attuale. “Le uniche cose per le quali sono attivo – spiega – sono il grande convegno con cui il 21 gennaio celebreremo i cento anni del Partito comunista italiano e la preparazione di un seminario a Mosca sulla de escalation della tensione nei rapporti tra Russia e Ue. Una cosa grossa, mi attendono alla commissione Esteri della Duma”.

L’ex segretario del Pds insiste sulla sua attuale irrilevanza politica, specie quando lo si accosta alla figura di Conte in qualità di presunto consigliere. “Per carità, se Renzi pensasse che c’entro qualcosa nelle discussioni di queste ore la situazione non potrebbe che peggiorare“, chiarisce, ricordando le ruggini che nel corso del tempo si sono accumulate con il leader di Iv. “Io ormai faccio il professore e il consulente, lo sanno tutti, per il mio lavoro andrò presto in Africa”. Insomma, le distanze con la politica italiana sembrano siderali. Eppure D’Alema è un attento osservatore. Di fronte all’ipotesi che a Chigi – non come presidente ma magari come sottosegretario – alla fine possa arrivare uno storico esponente dem, cioè Goffredo Bettini, non commenta. Specifica però che “Bettini è uno serio e responsabile. Per fortuna a cercare una soluzione ci sono uomini come lui e come Roberto Speranza, il difensore della salute degli italiani”.