Società

Vaccino Covid, nulla rispetto a quello in tempi di naja

di Claudio Fantuzzi

Ho letto degli effetti collaterali comunicati riguardanti la sperimentazione del vaccino anti Covid: giramenti di testa, dolori al braccio in cui è stata fatta l’iniezione con rigidità del petto, rigonfiamento delle ghiandole linfatiche, ‘pesantezza’ nella deambulazione dovuta a intorpidimento articolare diffuso: il tutto per due-tre giorni. Né più né meno di quanto io ricordi circa quello della naja, se non che allora si vedevano svenire aitanti ‘marmittoni’ ogni tre di noi, più per l’impressione che per altro – dicevano il tenente medico e l’erculeo infermiere, quest’ultimo più attento che lo svenuto non si fosse fatto male che nel tranquillizzare noi altri, che comunque di lì a poco avremmo forse seguito la stessa sorte.

Era una vaccinazione da elefante di una vita fa, ma di aitante gioventù e quindi sopportata quasi fosse una battuta. ‘Copriva’ tutto quella siringona – ci anticipavano ridendo i caporali già passati, chissà, magari svenuti anche loro prima del ‘baffo’ (si chiamava così la ‘v’ sulla manica del giubbino che segnava l’avvenuto passaggio al primo ‘comando’).

Di fatto così era: “a largo spettro”: ricordo infatti solo un caso di meningite, non fatale per fortuna, al reggimento, e il perdurante acre odore delle seguenti continue disinfestazioni delle camerate (era inverno, ci avevano fornito ulteriori coperte ché alcune finestre dovevano rimanere aperte o quasi anche la notte: parlo di più di 50 anni fa, quando nelle caserme la ‘sala celtica’ era stata finalmente adibita a bar con nutrite scorte di brandy Vecchia Romagna al posto di quelle consistenti di permanganato di potassio; i preservativi erano stati perfezionati, si vede, e certe prassi dei tempi di guerra e qualche anno seguente così entrate a far parte della ‘storia’ militare).

Ora vedo in tv tutto un altro film in quella circostanza: siringhe monouso, aghi quasi invisibili, cura dell’operatore nel ‘pungere’, collaborazione compiaciuta da parte del ‘punturato’ (siamo in tv…), e maschere e mise dai colori azzurri a vestire l’algido intorno, quasi fosse un gioco. O un film appunto. E nessuno che sviene. Una meraviglia se ripenso a quelle ‘inondazioni’ di tintura di iodio in quella caserma dei miei anni giovanili.

Non è invece un film purtroppo, a parte la scenografia da serie tv, ma un’operazione di speranzosa fiducia in questo vaccino ‘moderno’ per cercare di mettere almeno una pezza a una situazione prevista da tempo ma non presa in considerazione da certa scellerata politica (che andrebbe severamente punita, e non solo nel nostro paese).

A me toccherà fra qualche mese, perché non sono fra i più fragili, anche se nel gruppo per età fra i più passibili di ‘exitus’: aspetterò, se sarò ancora su questa terra, se non altro avendo acquisito qualche – eventuale? – confortante evidenza sull’effettiva utilità di questo vaccino moderno (ah, devo specificare che da quella vaccinazione da elefante sono uscito brillantemente per i successivi 54 anni). Quindi se necessario farò anche questa, ‘film’ o meno. Chissà mai che mi permetta qualche bel tramonto per qualche anno ancora, ché poi, francamente, preoccuparsi quando le primavere e i tramonti sono già tanti non è di alcuna utilità…

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