Giustizia & Impunità

Caso Becciu, la Cassazione annulla la misura cautelare per Cecilia Marogna: “Non c’era ragione per arrestarla”

La manager è finita in carcere il 13 ottobre ed è poi tornata libera il 30 ottobre con obbligo di firma. L’arresto, su mandato di cattura delle autorità vaticane, era stato convalidato dalla Corte d’appello di Milano che aveva disposto la misura in prigione. Ma la Suprema Corte ha annullato senza rinvio la decisione

La Cassazione ha disposto l’annullamento senza rinvio e con perdita di efficacia della misura cautelare che era stata disposta per Cecilia Marogna, la manager arrestata il 13 ottobre e poi tornata libera il 30 ottobre con obbligo di firma, nell’indagine vaticana sull’ex cardinale Angelo Becciu. L’arresto, su mandato di cattura delle autorità vaticane, era stato convalidato dalla Corte d’appello di Milano che aveva disposto la misura in carcere. I legali Massimo Dinoia e Fabio Federico hanno fatto ricorso in Cassazione contro la misura, revocata a fine ottobre. “È un esito straordinariamente positivo, è stato accolto ciò che noi sostenevamo dall’inizio, non c’era alcun presupposto per arrestarla”, ha commentato l’avvocato Federico. L’arresto è stato dichiarato illegittimo dalla Suprema Corte e la decisione potrebbe decadere anche l’obbligo di firma con divieto di espatrio.

La donna, denominata la “dama del cardinale”, era stata arrestata a Milano il 13 ottobre per appropriazione indebita aggravata e peculato per distrazione di beni su mandato dell’autorità giudiziaria della Città del Vaticano. La 39enne, originaria di Cagliari e titolare di una società di missioni umanitarie con sede in Slovenia, è diventata nota per aver ricevuto 500mila euro dalla Segreteria di Stato, per volontà dell’allora sostituto Angelo Becciu, al quale il Papa ha recentemente tolto i diritti connessi al cardinalato. Ufficialmente il denaro elargito da Becciu a Marogna aveva lo scopo di sostenere missioni umanitarie in Africa e in Asia. Secondo l’accusa i soldi sono stati usati per rinnovare il guardaroba e l’arredamento. Per la difesa, il denaro è invece in parte stato il suo compenso e in parte sarebbe stato usato per gli spostamenti durante le sue missioni.

Nel frattempo, è stata fissata per il 18 gennaio l’udienza davanti alla Corte d’appello chiamata a decidere se estradare o meno Marogna. Nell’ordinanza con cui l’avevano scarcerata veniva spiegato che la sua consegna dall’Italia al Vaticano non è scontata, anche perché i legali hanno sollevato una questione centrale. I difensori hanno sostenuto che Marogna non poteva essere arrestata “dato che l’accordo tra Italia e Vaticano”, basato sui Patti Lateranensi, “consente l’estradizione dal Vaticano all’Italia”, ma non viceversa. I promotori di giustizia del Vaticano in un atto del 19 ottobre hanno chiarito che, sebbene “non sussistano accordi bilaterali specifici” tra Italia e Santa Sede, entrambi gli stati “hanno aderito alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione”.