Economia

La ‘transizione green’ della Bce: “A partire dal 2022 negli stress test delle banche terremo conto anche dei rischi climatici”

L'istituto dell’Ue pubblica il testo della Guida sui rischi climatici e ambientali per le banche e introduce nuovi parametri che influenzeranno la valutazione sui requisiti di capitale. I settori che mostrano maggiore probabilità di subire l’impatto di cambiamenti climatici sono agricoltura, silvicoltura, pesca, salute pubblica, energia e attività estrattive, infrastrutture e trasporti, turismo, ma anche quelli che rientrati in settori legati alle basse emissioni di carbonio

A pochi giorni dalle dichiarazioni di Francois Villeroy de Galhau, membro del board della Banca centrale europea e governatore della Banca di Francia, sulla necessità che la Bce “debba prendere in considerazione i problemi legati al cambiamento climatico” nel suo approccio alla politica monetaria, l’istituto pubblica il testo definitivo della Guida sui rischi climatici e ambientali per le banche. “In linea con la crescente importanza dei cambiamenti climatici per l’economia e con i maggiori dati disponibili che ne dimostrano l’impatto finanziario sulle banche – si legge in una nota ufficiale – la Bce terrà conto dei rischi climatici nel prossimo stress test del 2022″, ossia il test che fa parte della valutazione tesa ad assicurare che le banche abbiano capitale sufficiente a resistere a eventuali shock finanziari. C’è molto lavoro da fare: nella stessa nota, infatti, si sottolinea che da un altro nuovo rapporto della Banca centrale europea emerge come le banche siano “significativamente indietro in tema di informativa sui rischi climatici e ambientali”. Nonostante alcuni miglioramenti riscontrati rispetto allo scorso anno, “devono compiere sforzi significativi per meglio sostenere la propria informativa al pubblico con dati quantitativi e qualitativi pertinenti”. D’altro canto anche la Bce è stata accusata, anche di recente, di ‘predicare bene e razzolare male’ in tema di rischi ambientali e di sostegno a progetti (e soggetti) che alimentano tali rischi.

La Bce e la crisi climatica – La guida, modificata in seguito a una consultazione pubblica iniziata dopo la pubblicazione della bozza e andata avanti fino a settembre, viene pubblicata a un mese dalla diffusione di uno studio di New Economics Foundation (NEF), Greenpeace e alcune università britanniche sulla politica della Bce definita “neutrale rispetto al mercato” ma che, rivela l’analisi, dirotta “gli acquisti di obbligazioni societarie della banca, a favore di aziende ad alta intensità di carbonio”. Più della metà dei 241,6 miliardi di euro di obbligazioni societarie detenute dalla Bce alla fine di luglio 2020, infatti, sono state emesse da imprese ad alta intensità di carbonio “che contribuiscono in modo significativo alle emissioni dell’Ue”. La Banca Centrale Europea detiene, infatti, obbligazioni di molti dei peggiori emettitori dell’Ue, tra cui Eni, Total, Shell, Omv. Lo studio, tra l’altro, nasceva proprio dai commenti della presidente della Bce, Christine Lagarde, che giorni prima aveva messo in discussione la neutralità del mercato alla luce della crisi climatica ed è stato pubblicato alla vigilia di un incontro della stessa Bce con i rappresentanti della società civile per discutere la revisione delle politiche della banca, comprese le linee guida monetarie. La stessa Lagarde lo ha definito “molto utile” per gli spunti di discussione. In questo contesto, il documento appena pubblicato dalla Bce vuole essere uno strumento che spiega agli istituti di credito della zona euro come comunicare e gestire i rischi climatici e ambientali, dato che cambiamenti climatici e degrado ambientale “danno origine a mutamenti strutturali che influiscono sull’attività economica e, di conseguenza, sul sistema finanziario”.

I rischi fisici di transizione – Nella guida si definiscono, nell’ambito dei rischi climatici e ambientali, i due fattori principali rappresentati dal rischio fisico e da quello di transizione. Il primo indica l’impatto finanziario dei cambiamenti climatici, compresi eventi metereologici estremi più frequenti e mutamenti graduali del clima, nonché del degrado ambientale (inquinamento atmosferico, dell’acqua e del suolo, stress idrico, perdita di biodiversità e deforestazione). Questo tipo di rischio può determinare direttamente, ad esempio, danni materiali o un calo della produttività, oppure indirettamente l’interruzione delle catene produttive. Il rischio di transizione, invece, indica la perdita finanziaria in cui può incorrere un ente, direttamente o indirettamente, a seguito del processo di adeguamento verso un’economia a basse emissioni di carbonio e più sostenibile sotto il profilo ambientale. La Bce indica i settori che mostrano maggiore probabilità di subire l’impatto fisico dei cambiamenti climatici, come agricoltura, silvicoltura, pesca, salute pubblica, energia e attività estrattive, infrastrutture e trasporti, turismo, ma anche quelli “che potrebbero risentire della transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio” tra i quali “rientrano energia, trasporti, manifattura, costruzioni e agricoltura”. Le metodologie per la stima dell’entità dei rischi climatici che interessano il sistema finanziario sono in rapida evoluzione. “Sebbene la maggior parte degli studi si sia concentrata su rischi climatici, come la riduzione del valore delle attività nei settori a elevata intensità di carbonio – scrive la Bce – è stato dimostrato che anche altri fattori ambientali relativi alla perdita di servizi ecosistemici, quali lo stress idrico, la perdita di biodiversità e la scarsità di risorse costituiscono determinanti del rischio finanziario”.

Le aspettative della Bce – La guida ha applicazione immediata, ma non ha carattere vincolante per gli enti, si legge nello stesso documento, e “va intesa come base per il dialogo di vigilanza”. La Bce discuterà poi con gli enti le proprie aspettative focalizzando l’attenzione su eventuali divergenze nelle prassi di ciascuno. Ed è proprio sulle aspettative di vigilanza che, dopo aver passato in rassegna le definizioni dei rischi, si focalizza il documento. Tredici quelle descritte relative ai modelli imprenditoriali e alle strategie aziendali, quelle che riguardano la governance e la propensione al rischio, quelle di gestione dei rischi (si va dal rischio di credito, ai rischi operativi e di liquidità, passando per gli scenari di mercato e le cosiddette ‘prove di stress’) e, infine (ma non meno importante) le aspettative di vigilanza sull’informativa. Detta in altre parole: la trasparenza. Tema su cui, finora, si è fatto troppo poco. L’articolo 73 e l’articolo 74, in particolare “richiedono agli enti di attuare dispositivi, processi e meccanismi di governance interna che assicurino una gestione efficace e prudente. A questo riguardo – si sottolinea – è importante che gli enti individuino, valutino e monitorino l’impatto corrente e prospettico dei fattori climatici e ambientali per il contesto in cui operano e che assicurino la sostenibilità e la resilienza del proprio modello imprenditoriale anche in futuro”. Ma vanno previsti gli impatti “nel breve, medio e lungo periodo – spiega la guida – utilizzando ad esempio analisi di scenario”.

I prossimi passi – La Bce seguirà ora lo stato di attuazione della guida mediante due azioni concrete. All’inizio del 2021 sarà chiesto alle banche di condurre un’autovalutazione alla luce delle aspettative di vigilanza definite nella guida e di redigere su questa base un piano di azione. La Bce svolgerà successivamente un’analisi comparativa delle autovalutazioni e dei piani di azione, che saranno oggetto di confronto critico nell’ambito del dialogo di vigilanza. Nel 2022 sarà effettuato un riesame di vigilanza completo delle prassi delle banche, al quale la Bce darà seguito con interventi concreti, dove riterrà necessario. Lo scopo è quello di tenere conto dei rischi climatici nel prossimo stress test del 2022.