Cronaca

La lettera a Conte del medico di famiglia contagiato dice tutto. Le scuse sono finite

Basta!

Caro presidente Conte, sono un medico di famiglia e, come tanti altri contagiati, sono ricoverato in terapia semintensiva con una polmonite bilaterale. Io non so se rivedrò mia moglie e i miei figli… Da questo letto, mi sento di dirle che lei dovrebbe rimuovere chi non è stato all’altezza della situazione“. È questo l’appello di Domenico Minasola, 59 anni, un medico di base di Padova, al premier Giuseppe Conte, pubblicato ieri da Repubblica. “Sono uno dei tanti medici vittima del servizio… Rispetto le istituzioni, ma sono indignato dal comportamento dei suoi comitati e dei commissari che si sono fatti trovare impreparati in questa seconda ondata di pandemia“.

I suoi collaboratori non hanno capito che gli studi dei medici di famiglia sono diventati ambulatori Covid. E come tali andavano protetti con procedure e indicazioni di sicurezza che non sono mai arrivate. Avrebbero dovuto vestirci con tute e scafandro e non solo con mascherine e camici. Ci voleva organizzazione da parte del ministero della Salute e del comitato tecnico scientifico, che doveva darci disposizioni precise di protezione individuale e non solo imporre nuove misure verso i nostri assistiti“.

Francamente, non ho molto da aggiungere su quest’altra Caporetto della sanità pubblica. Le scuse sono finite. Le parole anche. Queste cose le scrissi ampiamente già in febbraio su ilfattoquotidiano.it, e ai primi di marzo sul Sole 24 Ore: “L’andamento degli ultimi giorni impone un graduale cambio della strategia di contenimento: dall’isolamento degli infetti alla protezione dei sani… in primo luogo di medici e infermieri… ecc”. Ora una brava donna, mia stretta congiunta, che fu affascinata da Monti, poi appoggiò Letta, poi Renzi, poi Gentiloni, ed ora è infatuata di Conte, mi chiede cosa penso del governo. Cosa dovrei rispondere? Che Salvini e Meloni sarebbero peggio? O come Travaglio: “Chi avrebbe mai potuto immaginare…”? Cos’altro deve succedere a questo povero Paese, l’ottavo Paese industrializzato del mondo, prima che la gente chieda, pretenda, un altro livello qualitativo dalla politica?