Politica

Stati Generali M5s: dieci parole chiave per capire cosa accade

Si sono concluse le votazioni per decidere chi parteciperà al dibattito pubblico degli Stati generali, in programma domenica 15 novembre: l’elenco dei 30 oratori più votati è qui sotto. I big ci sono tutti: da Alessandro Di Battista, a Luigi Di Maio fino a Lucia Azzolina, unica defezione Chiara Appendino che si è autosospesa per le sue personali questioni giudiziarie in corso. Ecco “in rigoroso ordine alfabetico” dieci parole chiave per cercare di capire cosa accade nel Movimento 5 Stelle fondato da Grillo e Casaleggio.

2023: è il traguardo, è l’orizzonte temporale di tutti gli eventi, passati, presenti e futuri. E’ la data di scadenza di questa legislatura con il più alto numero di parlamentari 5 Stelle e anche di fuoriusciti. In 93 hanno cambiato casacca e, di questi, 50 sono grillini (l’ultimo fuoriuscito è Marilotti che approda al gruppo delle Autonomie proprio in queste ore). Vi invito a verificare questo numero, perché nel frattempo potrebbe essere andato via qualcun altro. Non sto scherzando: nella scorsa legislatura un parlamentare grillino su 4 cambiò gruppo, in questa il rapporto è di un fuoriuscito su 7 parlamentari.

Ora grazie all’effetto del referendum il prossimo Parlamento sarà più “ristretto”, ci sarà meno posto un po’ per tutti. Porcellum e Rosatellum, due pessime leggi elettorali, hanno paradossalmente aiutato i grillini a entrare in massa in Parlamento, ma pensate che sarebbe accaduto lo stesso con il Mattarellum o una qualsiasi altra legge maggioritaria? Credo di no, infatti è sul tavolo una nuova legge proporzionale, forse con le preferenze. Ritorno al 1991, di questo passo tornerà di moda il pentapartito.

Casaleggio: da un’idea di Gianroberto Casaleggio e Beppe Grillo è nato il Movimento 5 Stelle. Hanno dato la prima forma a una cosa che non è un proprio un partito, ma ha vinto due elezioni politiche di fila e ha il cuore in una piccola società di consulenza web.

Ma oggi cos’è il M5S? Il suo significato si è diluito in questi 11 anni, altri direbbero annacquato, e dentro c’è di tutto, dalla riforma della Giustizia Bonafede fino al Reddito di cittadinanza; ma anche il ciuffo di Buffagni al Tg1.

Casalino: è il portavoce del premier Conte, siede a Palazzo Chigi e grazie alla sua rete di comunicatori sparsi nei vari ministeri si è reso sempre più autonomo da Casaleggio e dal M5S. Sopravvalutato dai quotidiani e siti di destra, secondo cui è un genio del male, potrebbe solo rivelarsi un eterno ragazzotto che gioca a fare House of Cards. Ce lo diranno solo gli storici.

Dibba: per molti (ma nemmeno poi più così tanti) è un Ronaldo che sta in panchina, pronto a scendere in campo. Prenderà la parola domenica per dire “Fedeltà a Beppe e al M5S e alla regola del doppio mandato”, non fonderà un nuovo partito, ma che ruolo voglia giocare nel futuro M5S non è ancora chiaro.

Integralismo: integralisti vs. scissionisti, è l’eterna lotta fratricida che si consuma tutti i giorni nei piccoli Comuni e nelle Regioni. tra coloro che si dicono “fedeli alla linea” e gli aperturisti, i dialoganti, i se, i ma, etc.

Paragone: come Gianluigi. Nella sua parabola è nascosta una delle falle del modello Rousseau, con 300 voti su 1638 aventi diritto, vince le parlamentarie 2018 senza aver mai fatto un banchetto, nessun meet-up, scelto sulla fiducia e inserito in lista di fatto dal vertice M5S, risultato: fuori dopo solo un anno dall’elezione e con la minaccia di fondare un nuovo partito, magari con l’amico “Di Battista”. Parla come un craxiano: “C’è uno spazio da prendersi”, dice a giugno 2020 in un’intervista a Repubblica.

Patuanelli: parlamentare al doppio mandato e ministro dello Sviluppo economico, se resta in questo M5S di Grillo e Casaleggio non sarà ricandidato. E’ l’immagine dei governisti: stanco, dimagrito, ha perso almeno 20 chili dal giorno dell’incarico. Tanto lavoro, risultati vedremo. E’ il Gualtieri grillino, collega ministro dirimpettaio del Pd con cui spesso si accompagna.

Rousseau: è la piattaforma creata da Casaleggio per promuovere la “Democrazia della rete”, offre tante funzioni per la democrazia diretta ma la cosa più preziosa sono i quasi 187mila iscritti certificati. Nessun partito italiano può vantare un’organizzazione digitale di questo tipo, anche se solo in 26.365 hanno partecipato alle votazioni per questi Stati Generali. Paradosso dei paradossi: la piattaforma non è una diretta emanazione del M5S ma dell’Associazione Rousseau presieduta da Davide Casaleggio.

Scissione: è già accaduta. Da Pizzarotti in poi c’è sempre stata sin dal principio una lunga scia di scissionisti, ma è anche vero che si è consumata sempre in ambito locale e mai nazionale. Ma il Movimento 5 Stelle è solo lui, Beppe Grillo (nome che appariva fino al 2015 nel simbolo elettorale), colui che può tenere in piedi ancora tutto o distruggere tutto, nelle sue mani e nelle sue parole c’è il futuro del Movimento.

Nessuno in questi anni si è avvicinato alla sua leadership, né Di Maio né Di Battista; tranne uno, Giuseppe Conte, a cui dirà nell’agosto 2019: “Benvenuto tra gli elevati”. Sia il premier che il fondatore Grillo dovrebbero partecipare in qualche “forma” agli Stati Generali di domenica 15 novembre.

Vincere: come tornare a vincere? Il M5S ha scaldato i cuori di milioni di persone che non si recavano più alle urne, Beppe Grillo e i suoi riusciranno a convincerli ancora? Per alcuni la risposta è facile: “con Conte”, l’attuale premier che i sondaggi danno ancora molto in alto nel gradimento degli italiani, sarebbe il leader perfetto. Perfetto soprattutto per coloro che terminato il doppio mandato non avranno più un posto nel futuro M5S, ma in un partitino di Conte forse sì.