Cronaca

Piemonte, nel Covid hospital di Orbassano non c’è più posto: 70 brandine montate in chiesa

L'ordine è stato trasmesso nella notte dalla Asl di Torino: è necessario allestire nuovi posti letto in tutte le aree disponibili. La chiesetta del San Luigi dovrà accogliere i malati a bassissima intensità che non possono essere dimessi

Mettere brandine ovunque sia possibile. L’ordine è arrivato nella notte dal Dipartimento interaziendale malattie ed emergenze infettive dell’Asl di Torino, che ha competenza su tutta la Regione Piemonte: bisogna passare al livello massimo di allerta e allestire posti letto in ogni spazio disponibile. Per questo all’Ospedale San Luigi di Orbassano, uno dei principali ospedali della cintura di Torino inserito tra i sedici Covid hospital del Piemonte, il personale, insieme ai militari dell’esercito e agli addetti di una ditta esterna, oggi ha montato settanta brandine nella chiesa e poi nella sala conferenze. E già arrivano telefonate dagli altri ospedali per sapere se hanno posto per accogliere nuovi pazienti. Nella chiesetta del San Luigi saranno ricoverati i malati a bassissima intensità, ma che non possono essere dimessi. Prima venivano trasferiti in altre strutture pubbliche del territorio, come ad esempio l’ospedale di Venaria, ma da giorni quelle strutture sono ormai piene.

Nella chiesetta del San Luigi saranno ricoverati i malati a bassissima intensità, ma che non possono essere dimessi. Prima venivano trasferiti in altre strutture pubbliche del territorio, come ad esempio l’ospedale di Venaria, ma da giorni quelle strutture sono ormai piene. Ieri l’azienda ospedaliera aveva informato inoltre di aver sospeso “tutte le attività ordinarie di ricovero e ambulatoriali non urgenti con esclusione di quelle relative alle patologie oncologiche, percorsi interni e prestazioni salvavita”. Sabato una colonna mobile dell’esercito ha montato all’esterno una tensostruttura riscaldata come area pretriage e sala d’attesa, misura adottata dalla Regione per potenziare i posti Covid di bassa e media intensità e in generale ridurre la pressione sui presidi ospedalieri e i pronto soccorso. Venerdì scorso l’Anaoo Assomed, sindacato dei medici e dirigenti sanitari, e poi domenica l’Ordine dei medici di Torino avevano chiesto il lockdown per evitare il collasso degli ospedali. Mercoledì il governo ha deciso di includere il Piemonte tra le zone rosse, una decisione molto contestata dal presidente Alberto Cirio.

Eppure il Piemonte continua a essere tra le regioni messe peggio. La situazione all’interno della struttura di Orbassano, un ospedale di media grandezza, sembra essere tornata al livello della scorsa primavera: “Abbiamo un solo reparto di terapia intensiva e ne avevamo allestiti anche altri due, uno per i malati Covid e l’altra per quelli non Covid. Ora tutte le tre sale sono aperte e occupate e in quella non Covid arrivano i primi casi”, spiega Gabriele Gallone, dirigente della struttura semplice dell’ospedale e componente dell’esecutivo nazionale dell’Anaoo Assomed. Così, se qualcuno dei 35 pazienti che stanno utilizzando i caschi per la respirazione dovesse peggiorare, non sarebbe facile trovare un posto: “Se continuano ad aumentare i ricoveri c’è il rischio che quanto successo a Bergamo, dove i medici dovevano scegliere se salvare quali pazienti salvare, possa succedere anche qui”, prosegue il medico. Tra i lavoratori, nella prima ondata erano stati registrati cento contagi: “Nelle ultime tre settimane sono stati 85. Alcuni dipendenti sono a casa coi sintomi, ma non hanno ancora potuto fare il tampone”.