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Il Cile sceglie di cambiare la Costituzione iper-liberista varata da Pinochet. Il sì alle modifiche stravince con il 78% dei voti

La vittoria del sì era attesa ma non con queste proporzioni. Ora andrà eletta l'assemblea costituente con criteri di parità di genere e di inclusione delle popolazioni indigene. La carta, varata dal dittatore Augusto Pinochet salito al potere con il colpo di Stato del 1973, accoglieva i principi iper liberisti della scuola di Chicago e ha prodotto un'esplosione delle diseguaglianze

Il Cile rinasce: ben 7,5 milioni di cittadini ieri al referendum hanno detto sì alla possibilità di modificare la loro Costituzione che fu redatta durante la dittatura di Augusto Pinochet, e di farlo fare ad un’assemblea di 155 membri interamente eletta dal popolo. Dopo la vittoria del No, che nel plebiscito del 1988 permise di porre fine al regime dittatoriale in forma pacifica, ieri è stato un Sì (Apruebo in spagnolo) a segnare un altro capitolo importante per la storia del paese. Il Sì ha raccolto oltre il 78 per cento dei voti. Una vittoria che era nell’aria e tutti si aspettavano, ma non così schiacciante. La svolta arriva ad un anno esatto dall’inizio delle proteste sociali, partite il 18 ottobre del 2019 quando alcune studentesse saltarono i tornelli della metropolitana contro l’aumento del prezzo del biglietto.

La vittoria è stata celebrata ieri con feste e balli ovunque e soprattutto nella capitale Santiago, nella plaza Baquedano, ribattezzata plaza Dignidad dopo le proteste dell’anno scorso. Un collettivo di artisti ha proiettato la scritta gigante ‘Renace’ (rinasce appunto) sulla torre Telefónica, che domina la piazza. Il governo di destra, guidato da Sebastian Piñera, pur aspettandosi una vittoria del sì, è rimasto spiazzato dalla sua dimensione. Anche se dieci ministri erano a favore di una nuova costituzione, le figure chiave del governo si erano infatti espresse a favore del no, tra questi i ministri degli Interni e il portavoce del premier. Il presidente ha scelto di fare un discorso sobrio, sottolineando che “questo è un trionfo di tutti i cileni che amano la democrazia e la pace e che deve riempirci di speranza. Hanno trionfato i cittadini e la democrazia. E’ l’inizio di un cammino che dobbiamo percorrere tutti per una nuova Costituzione per il Cile, che dovrà essere una cornice di unità e stabilità per il futuro”.

Le prossime tappe – Ora, dopo la vittoria, già si guarda a ciò che verrà dopo. Il prossimo 11 aprile 2021, in occasione delle elezioni amministrative, i cileni dovranno eleggere i membri dell’Assemblea costituente sulla base di un criterio di parità di genere e con una rappresentanza di delegati delle popolazioni indigene. L’Assemblea costituente avvierà i suoi lavori nel maggio 2021 e il risultato del suo lavoro sarà sottoposto da un referendum di ratifica popolare previsto per il secondo semestre del 2022. In caso di approvazione la nuova Costituzione entrerà in vigore immediatamente, sostituendo automaticamente la precedente. Per la prima volta dunque le donne potranno partecipare alla redazione della Costituzione, e questo anche grazie alla lotta del movimento femminista cresciuta nel corso degli ultimi due anni. Dalle proteste contro gli abusi e le molestie sessuali in scuole e università, alle studentesse che saltarono i tornelli della metro e infine con il gruppo de Las Tesis, e la loro performance “El violador eres tu”, diventata virale in tutto il mondo che ha fatto gridare e ballare le donne di tutto il mondo contro la violenza maschilista e di Stato.

Il paese “esperimento” della scuola di Chicago – La questione ora sarà cambiare una costituzione basata su un modello che negli ultimi 30 anni ha permesso al Cile di diventare la cosiddetta “Svizzera del Sudamerica”, a costo però di un livello di disuguaglianze sociale tra i più alti del mondo. La Costituzione cilena accoglie infatti in pieno gli insegnamenti iper liberisti della scuola di Chicago guidata dall’economista Milton Friedman che si recò personalmente al cospetto di Augusto Pinochet per dispensare i suoi suggerimenti. Alle teorie di Friedman si sono ispirati anche Margaret Thatcher e Ronald Reagan. Ma se altrove questa impostazione “estrema” è stata attutita dalle opposizioni e da strutture di welfare preesistenti, in Cile, con il favore di una dittatura, questi principi sono stati spinti all’estremo privatizzando anche educazione, previdenza, sanità. Si è molto discusso negli anni se una delle costituzioni più impregnata di principi liberisti al mondo, che sostituiva l’approccio socialista di Salvador Allende, presidente assassinato l’11 settembre del 1973 durante il colpo di Stato sostenuto dagli Usa, si sia rivelato un fattore favorevole alla crescita economica del paese. Le analisi più recenti tendono a considerare sostanzialmente fallito l’esperimento iper liberista cileno.

Le resistenze dell’estrema destra – “L’accordo politico è di scrivere la Costituzione su un foglio bianco, di partire da zero, ma ogni nuovo articolo dovrà essere approvato dai due terzi dei costituenti. Il che non renderà semplice arrivare ad un accordo sulle questioni più divisive”, spiega al fattoquotidiano.it Martín Loo Gutierrez, professore di Diritto amministrativo dell’Università Cattolica di Valparaiso. “Per questo è più che probabile che quella che verrà redatta sarà una Costituzione minimalista, con larghe intese sui capisaldi più generali, ma senza toccare gli aspetti più conflittuali, che poi sono quelli che riguardano il modello economico dello Stato, che ora si vorrebbe più improntato allo stato sociale di tipo europeo”, continua. Ora la lotta dei partiti, estromessi formalmente dall’Assemblea costituente, si sposta appunto sulla scelta di chi dovrà scrivere il nuovo testo costituzionale. “Teoricamente qualsiasi cittadino potrà candidarsi, ma è difficile che un indipendente, senza l’appoggio di un partito – prosegue Loo Gutierrez – possa farcela.

Ecco perché il partito di estrema destra Udi (Unione democratica indipendente), si impegnerà al massimo per far entrare i suoi e non far stravolgere il modello di costituzione attuale”. Un modello che è stato poi attuato e non modificato dai partiti di centro-sinistra che hanno governato per 30 anni il Paese, e che dovranno cercare di ricompattarsi sotto un programma comune, visto che al voto di ieri sono arrivati in ordine sparso. La leader del partito di sinistra Frente Amplio, Beatriz Sanchez, ha fatto un appello all’unità e a costruire una maggioranza per dare al Cile il cambiamento forte che necessita il paese, “con istruzione di qualità, sanità pubblica, un nuovo sistema di pensioni, alloggi popolari e il diritto ad una vita felice”. Il voto di ieri dà comunque un’iniezione di fiducia e entusiasmo più che mai necessari dopo un anno difficilissimo per il paese, tra proteste e scontri sociali e la crisi innescata dalla pandemia, con un lockdown di oltre 4 mesi.