Cronaca

Vaccino antinfluenzale, come si stanno organizzando le Regioni: quante dosi sono state comprate, quante ne servono e chi ha la precedenza

Dopo l'allarme della fondazione Gimbe sulla carenza di scorte, a livello regionale garantiscono che le stime non tengono conto di ulteriori procedure attivate. Il coordinatore della commissione Salute della conferenza Stato-Regioni: “Nessuna Regione resterà indietro. Ne avremo in quantità più che sufficienti per i gruppi target a cui sono raccomandati. In caso di carenze sul territorio scatta la solidarietà interregionale”. Resta il nodo farmacie. Dal Piemonte alla Toscana e all'Umbria: come si stanno organizzando i territori

Le Regioni si difendono dall’attacco della fondazione Gimbe, che in un’analisi sulle scorte di vaccino antinfluenzale ha denunciato insufficienze in sette Regioni e nelle province autonome di Trento e Bolzano. Le stime però non tengono conto, come anticipato dalla stessa fondazione, di una serie di procedure attivate per aumentare le disponibilità (in seguito alle gare di acquisto). Ma anche di altre esigenze: evitare i residui e basarsi su una previsione realistica di partecipazione della popolazione alla campagna vaccinale. “Nessuna Regione resterà indietro, non c’è da allarmarsi, i vaccini stanno arrivando e ne avremo in quantità più che sufficienti per i gruppi target a cui sono raccomandati – assicura Luigi Icardi, assessore alla Sanità del Piemonte e coordinatore della commissione Salute della Conferenza Stato-Regioni -. Le Regioni si sono attivate già da questa primavera per le gare e gli acquisti. In caso di carenze sul territorio scatta la solidarietà interregionale. A noi, per dire, sono arrivate richieste di dosi da parte dell’Abruzzo e della Sardegna che forniremo senza difficoltà”.

Vaccinarsi contro l’influenza quest’anno sarà fondamentale. Il ministero della Salute, data la concomitanza con la pandemia di Covid, nella circolare del 4 giugno ha esteso la raccomandazione della vaccinazione antinfluenzale per la stagione 2020/2021 a partire dai 60 anni di età (non più dai 65 anni come prima) e ai bambini tra i 6 mesi e i 6 anni. Nell’ottica di facilitare la diagnosi di positività a Sars-Cov2 e ridurre il sovraccarico del sistema sanitario. “Nel 2019 – continua Icardi – abbiamo somministrato 712mila vaccini coprendo il 53 per cento degli ultra sessantacinquenni, e abbiamo avanzato 1500 dosi. Per quest’anno ne abbiamo acquistate 1,1 milioni, abbastanza per raggiungere l’obiettivo di copertura del 75 per cento dei soggetti più fragili”. Lorenza Ferrara, dirigente del servizio di riferimento regionale per il controllo e la sorveglianza delle malattie infettive, precisa però che “in Piemonte non ci sono stati i tempi tecnici per organizzare una rete di pediatri in grado di somministrare il vaccino anche ai bambini sani. Per farlo devono infatti munirsi di un frigorifero per conservare le fiale. Tra l’altro nella comunità scientifica ci sono dubbi sull’utilità di vaccinare i bambini sani. Da sempre è prioritario immunizzare quelli a rischio, con diabete, cancro o malattie polmonari, o i conviventi di pazienti gravi”. Il Molise, ci spiega la direttrice sanitaria dell’Asrem (azienda sanitaria regionale del Molise) Maria Virginia Scafarto, “ha fatto un accordo con la Campania per avere altre 20mila dosi”. Le amministrazioni, dicevamo, hanno anche un’altra necessità: non accumulare confezioni inutilizzate nei magazzini, e quindi non sprecare denaro pubblico. “Ogni anno avanziamo dei vaccini, gli ordini devono essere realistici rispetto alle esigenze dei nostri medici e alle previsioni di aderenza da parte della popolazione” chiarisce il direttore generale della Salute in Regione, Lolita Gallo. La Valle d’Aosta non ha indetto nessuna gara. “Abbiamo anche noi un accordo col Piemonte, a cui abbiamo chiesto 30mila dosi – dichiara l’assessore alla Salute Mauro Baccega. Nel 2019 abbiamo fatto 18mila vaccini, immunizzando il 45 per cento della popolazione fragile. Alzare di trenta punti la copertura è una scommessa ardua, sia in termini di convincimento dei cittadini sia per la tenuta dei servizi vaccinali. Stiamo coi piedi per terra”.

Diverse Regioni stanno integrando le forniture anche attraverso trattative private con le ditte produttrici oppure ricorrendo al “quinto d’obbligo” previsto nel bando di gara, che consente di ordinare alle aziende il 20 per cento in più delle scorte. Come ha fatto l’Abruzzo, per esempio. Claudio D’Amario, ex direttore della Prevenzione del ministero della Salute, oggi a capo del dipartimento Sanità abruzzese, mette in chiaro subito la situazione: “Abbiamo la certezza di 340mila dosi ottenute anche ricorrendo alle trattative pivate con l’azienda per garantire il fabbisogno. Abbiamo chiesto circa 30mila dosi aggiuntive al Piemonte e ci riserviamo di negoziare con Lazio e Puglia per la redistribuzione attraverso i canali delle farmacie”. Eventuali rallentamenti nelle forniture di vaccini antinfluenzali sono da attribuire all’enorme richiesta di questo periodo. “Le ditte produttrici sono in affanno e comunque la campagna di vaccinazioni sta partendo adesso, avere le dosi a settembre non serve a nulla, la carica anticorpale nella popolazione deve concentrarsi nei mesi più freddi altrimenti l’effetto si vanifica” sottolinea ancora Icardi.

Prioritario per tutte le Regioni è assicurare ai medici di medicina generale le somministrazioni per gli anziani e le persone ad alto rischio di complicanze correlate all’influenza. Contemporaneamente va protetto il personale sanitario, che deve avere la sicurezza di ricevere il vaccino presso gli ambulatori di prevenzione delle Asl. Forze dell’ordine e insegnanti sono altre due categorie che hanno la precedenza per i servizi regionali. In Lombardia l’assessore al Welfare Giulio Gallera ha riferito che la campagna antinfluenzale partirà dalla seconda metà di ottobre con i pazienti fragili e le donne in gravidanza. A novembre toccherà agli over 65, seguiti dagli operatori sanitari e i bambini fino al sesto anno (per ogni prestazione vaccinale verranno riconosciuti 6 euro al pediatra), infine gli over 60 sani. A supporto dei servizi sanitari, nel rispetto del distanziamento fisico, sono stati messi a disposizione dai Comuni ulteriori spazi, come centri civici, palestre, oratori. Nella sola area metropolitana di Milano hanno già aderito 97 amministrazioni rendendo disponibili 161 aree aggiuntive. La Lombardia si è accaparrata 2,4 milioni di dosi vaccinali e grazie all’opzione del 20 per cento in più arriverà a quasi 2,9 milioni contro 1,3 milioni di un anno fa.

La Provincia di Trento per ampliare la copertura ha allestito dei punti di “drive through” dove le persone effettuano la vaccinazione restando seduti nella propria auto, e offre l’iniezione gratuitamente anche ai lavoratori della grande distribuzione e degli esercizi di generi alimentari, oltre che agli addetti al trasporto pubblico e insegnanti. “Riusciremo a garantirci all’incirca 220mila dosi – afferma l’assessore alla Salute Pier Paolo Benetollo -. La gara ne bandiva 130mila. Noi abbiamo usato l’opzione del più 20 per cento e un’altra prevista dal bando che ci consente di comprarne 50mila supplementari. Nel 2019 erano 90mila, copriremo tutto il fabbisogno”. Anche l’Emilia Romagna ha aumentato gli ordini della percentuale facoltativa per un totale di 1,44 milioni di dosi. La stessa quantità che si porterà a casa la Toscana. Stimando un’adesione del 75-80 per cento da parte dei gruppi più a rischio, la Regione guidata dal neoletto Giani, ha calcolato dosi in eccesso che potrebbe destinare gratuitamente ad altre categorie di cittadini. “Non possiamo non fare i conti con il rischio di dosi residue, il vaccino dura una stagione, poi cambiano i ceppi virali e si deve buttare – ci dicono dagli uffici tecnici -. Ci sono già arrivate la metà delle scorte, il resto arriverà di volta in volta, perché all’azienda a fronte dell’aumento delle richieste va dato il tempo di organizzare la produzione”. Passiamo all’Umbria. L’assessore alla Salute Luca Coletto puntualizza che “la Regione ha acquistato in totale 262mila dosi di vaccini, di cui 173mila per i soggetti che hanno superato i 65 anni di età, 83mila per tutti i soggetti a rischio per patologie o condizioni varie, anche legate a specifiche attività lavorative, di età compresa tra i 3 e 64 anni. Mentre altre 6mila dosi sono destinate ai bambini di età compresa tra 6 mesi e 3 anni”. “L’obiettivo del 75 per cento di vaccinazione della popolazione a rischio – conclude Coletto – è dunque alla nostra portata, considerando che i soggetti potenzialmente coinvolti sono circa 256mila, tra over sessantacinquenni, bambini sotto i 6 anni, operatori sanitari e altre categorie”.

In una nota l’assessore alla Sanità della Basilicata, Rocco Leone, controbatte al report della fondazione Gimbe con questi numeri: “Sono in arrivo 150 mila dosi” e “sono sufficienti per garantire il vaccino gratuito alle fasce d’età delle categorie più a rischio, cioè i bambini da 0 a 6 anni e gli adulti ultrasessantenni”. Dalla Provincia di Bolzano l’assessore Pierpaolo Bertoli replica che “oltre alle 65mila dosi di vaccino previste dal bando ne sono già state ordinate 8500 aggiuntive per gli over 65, in arrivo a fine ottobre, e ulteriori 12.500 applicando il 20 per cento opzionale”. Per un totale di 86mila dosi.

Resta il nodo con le farmacie, che attraverso il loro circuito separato possono acquistare direttamente o tramite grossista i vaccini per venderli al pubblico. Dando la possibilità anche a chi non rientra nei gruppi target (a cui la somministrazione è raccomandata e offerta gratuitamente) di vaccinarsi contro l’influenza. Avendo le industrie assecondato innanzitutto la richiesta di quote da parte del settore pubblico, oggi le farmacie potrebbero non averne abbastanza. A metà settembre in Conferenza Stato-Regioni è stata sancita l’intesa per distribuire una quota minima fissata all’1,5 per cento alle farmacie territoriali, che corrisponde più o meno a 250mila dosi. Un numero che potrebbe essere ancora troppo basso, dal momento che ogni anno circa 800mila cittadini che non rientrano nelle categorie per cui è la vaccinazione è raccomandata si rivolgono al farmacista per comprare di tasca propria il vaccino. Il ministero della Salute invita le Regioni a liberare un quantitativo più alto, variabile dal 3 al 10 per cento. Considerando, osserva il ministero, che gli anni scorsi a fronte di 11 milioni di dosi di vaccino acquistate, quelle realmente somministrate sono state poco più di 10 milioni, con un avanzo di quote tra il 5 e il 10 per cento. Uno scarto ipotizzabile anche quest’anno. In caso di necessità non si esclude l’acquisto centralizzato ad opera del commissario Arcuri. Nel frattempo l’Emilia Romagna ha deciso di destinare alle farmacie il 3 per cento delle sue forniture, mentre il Lazio il 4 per cento come stabilito nell’ordinanza firmata l’1 ottobre dal presidente Nicola Zingaretti in cui tra l’altro, in via pioneristica, si consente ai farmacisti di organizzare dei punti di inoculazione del vaccino sul territorio (circa 400 quelli già pronti).