Numeri & News

Ricerca e Sviluppo, spesa in calo nel 2020. Colpa del Covid ma le aziende italiane sono da sempre in ritardo

Il dato previsionale dell'Istat sul 2020 interrompe un biennio di crescita. Le imprese accusano l'effetto della pandemia ma la spesa italiana rimane cronicamente inferiore a quella dei concorrenti europei. Anche così si spiega la bassa produttività del paese

Scende nel 2020 la spesa delle aziende private italiane in ricerca e sviluppo (R&S). Le somme destinate a questa voce dovrebbero risultare a fine anni inferiori del 4,7% rispetto al 2019. La spesa di soggetti pubblici dovrebbe invece aumentare del 3%. Sono le previsioni contenute nel report dell’Istat “Ricerca e sviluppo in Italia”, per gli anni 2018-2020. Alla base della frenata c’è naturalmente la situazione che si è prodotta con la pandemia. A preoccupare non è infatti tanto il prevedibile calo del 2020, quanto il fatto che la spesa sia stabilmente inferiore rispetto a quella dei principali concorrenti europei. Una tendenza dovuta anche alle dimensioni mediamente piccole delle imprese privati italiane ma che finisce per generare un basso valore aggiunto delle produzioni. E quindi, anche la necessità di calmierare le retribuzioni per fare leva su un costo del lavoro relativamente basso.

Sempre secondo l’Istat nel 2018 la spesa complessiva in R&S è stata pari a circa 25,2 miliardi di euro, ossia l’1,43% del nostro Prodotto interno lordo. Il 63% di questa somma (16 mld) è riconducibile ad aziende private, il resto a soggetti pubblici o stranieri. Il dato complessivo si confronta con una media europea di circa il 2% e con valori vicini o superiori al 3% di Stati Uniti e Giappone. La spesa tedesca è, a sua volta, di poco superiore al 3%, il doppio di quella italiana,la Francia si ferma al 2,2%, la Svezia sale fino al 3,3%. Due euro su tre della spesa italiana si concentrano in sole cinque regioni: Lombardia, Veneto, Piemonte, Emilia Romagna e Lazio. Nessuna azienda italiana compare tra le prime 10 imprese europee per ricerca e sviluppo. E la gran parte della spesa si concentra in una manciata di aziende (Telecom, Leonardo, Eni, Enel, Fincantieri), per lo più a partecipazione pubblica.